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1659. Il fratello 'degenere' del Pievano di San Piero a Sieve

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1659. Il fratello 'degenere' del Pievano di San Piero a Sieve 1659. Il fratello 'degenere' del Pievano di San Piero a Sieve © n.c.
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Nella primavera del 1659 fece molto scalpore nell’opinione pubblica mugellana e non solo, il ritrovamento del corpo senza vita di Piero Maria di Tommaso de Medici, discendente da Chiarissimo de Medici, consanguineo di Cosimo il Vecchio.

Piero di Tommaso, lontano parente dei Granduchi di Toscana, fu descritto dai cronisti, come un ragazzo violento, vagabondo, sempre nomade di città in città. All’epoca dei fatti, si scrisse che il giovane rampollo del ramo cadetto de Medici, forse per noia, si fosse fatto capo di una banda di briganti, che a tempo perso, essendo composta da delinquenti “patentati”, riempì il contado di ladrocini, ruberie, violenze e delitti.

Si disse, ma presumibilmente è una leggenda, che in Umbria e precisamente a Perugia, dove il gruppo di manigoldi per un poco soggiornò, furono commessi atti di una tale efferatezza, che la Signoria Perugina fu costretta ad informare per mezzo di ambasciatori speciali, addirittura il Granduca di Toscana, sperando che questi, essendo cugino anche se alla lontana del nobile furfante, mettesse finalmente freno alle bravate di Pier Maria de Medici.

 

Fatto sta che effettivamente Piero, all’inizio degli anni 50 del ‘600, tornò dall’Umbria in Toscana, solo e senza soldi. Giunto a Firenze, immediatamente cercò di farsi ricevere a Palazzo, onde forse cercare la comprensione del lontano parente Ferdinando II de Medici, ma dal Granduca non ebbe assolutamente compassione, al contrario fu subito messo al bando dalla Capitale. Piero di Tommaso fu mandato in esilio presso il fratello Giovanni Francesco, pio e rispettato Pievano di San Piero a Sieve.

L’anziano e mite prelato, quando ebbe la notizia dell’arrivo del congiunto degenere, si lamentò molto con la Corte fiorentina, e cercò in tutti i modi di tenere nascosto al popolo la vera identità dello scomodo ospite. Giovanni mosso da carità cristiana, o forse da ben più convincenti pressioni da Firenze, a malincuore ricevette nella sua canonica Piero, con la speranza che nessuno venisse a sapere della sua presenza in Mugello.

Per questo il Pievano nascose il fratello in una soffitta della casa e svelato il segreto solo alla perpetua, cercò di tenerlo celato agli occhi dei più. Un segreto, anche se custodito gelosamente tra le mura di una Pieve, prima o poi viene scoperto, soprattutto se si tratta di un piccolo paese. Piero stette per due mesi completamente nascosto durante il giorno, mentre nelle notti, all’insaputa di Giovanni, aiutato da qualche vecchio amico, da una finestra, scappava verso la bandita granducale di Cafaggiolo a caccia di frodo.

Purtroppo le scappatelle notturne, non si limitarono solamente alle cacciate, si registrarono numerose ubriacature, prepotenze e risse per donne. Addirittura si vociferò che il giovane Medici avesse ricostituito una banda, la quale depredò numerosi passanti e poveri contadini nelle strade del Mugello. Giovanni ormai disperato, cercò in tutti i modi di redimere il giovane scapestrato, lo obbligò a pentirsi e gli consigliò di entrare in convento, ma nonostante questo, le cose non cambiarono.

Ambienti vicini ai Medici, per salvare il prestigio della famiglia, misero in giro per il paese la voce che la neo cricca di briganti, fosse composta non da Piero di Tommaso, ma bensì da fuoriusciti romagnoli. Dopo l’affissione di una taglia sulla testa dei fantomatici fuorilegge romagnoli, più nessuno infatti considerò come plausibile, il fatto che il fratello del virtuoso e religiosissimo pievano di San Piero, potesse essere un tale delinquente.

La situazione rimase invariata per settimane, fin quando una notte di fine inverno, nelle campagne intorno a Tagliaferro, fu sentito il rumore di un qualcosa buttato nel torrente Carza. Dei contadini si affacciarono con delle torce dalle finestre, videro un corpo galleggiante, e scorsero nell’oscurità un uomo a cavallo scappare; presi dalla paura di essere stati visti, tra loro giurarono di non dire niente e di non avvicinarsi all’ucciso. Il giorno dopo il prete Giovanni de Medici dopo aver detto Messa, salì come al solito in solaio per salutare il fratello, ma si accorse suo malgrado dell’ingiustificata assenza di quest’ultimo.

Piero fu cercato per giorni in tutta la campagna circostante, fin quando, dopo violenti temporali che ingrossarono i fiumi, venne ritrovato nella Sieve nei pressi di Rabatta, un corpo ormai senza vita e enormemente gonfiato, dalla lunga permanenza in acqua.

Era il cadavere di Piero che presentava numerose ferite di arma da taglio. Don Giovanni, pur essendo fuori di se dal dolore, onde evitare facili pettegolezzi paesani, lo fece immediatamente seppellire, non a San Piero però, ma davanti alla Pieve di Borgo San Lorenzo. Le cronache, forse mitizzate dalle voci popolari, raccontano che la salma di Piero da quanto si ingrandì, dovette essere posta all’interno della sepoltura a suon di bastonate, forse ultima vana vendetta di chi tempo prima fu da lui derubato.

Anni dopo a Giovanni fu inviato da Corte un uomo, che disse che Il giovane De Medici, fu fatto uccidere per ordine del Granduca di Toscana, che, essendo esasperato dalle bravate e violenze del lontano cugino, decise suo malgrado di inviare in Mugello un sicario professionista, per eliminarlo una volta per tutte.
Pier Tommaso Messeri


 

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