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"Confine Ucraina-Russia. Laggiù seppellii i soldati". Il racconto di Pier Vittorio Buffa

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Questa settimana OK!Mugello presenta, per la rubrica 'Parliamone, di domenica' , la riflessione di Pier Vittorio Buffa (importante firma del giornalismo italiano e già collaboratore de L'Espresso) sulla guerra in Ucraina e tutte le guerre. Una riflessione che prende avvio da un suo viaggio in Donbass del 2004; sulle orme del padre che, giovane soldato, era stato inviato al fronte per partecipare alla campagna di Russia del 1943. E nel 2004 a Buffa un anziano ucraino racconta di aver dovuto seppellire in quegli anni 'tanti italiani, forse cento' in una fossa comune. Una guerra insensata come tutte le guerre, come quella di adesso. 'Dolore puro', come scrive Buffa nella sua riflessione:

Questa foto l’ho scattata nel 2004 in Ucraina, nel Donbass settentrionale, a pochi chilometri dal confine con la Russia. È un uomo che sta cercando di trattenere le lacrime: ha appena raccontato quello che fece nel gennaio del 1943, a dodici anni. Aveva aiutato a seppellire in una fossa comune “tanti italiani, forse cento”. E aveva indicato un punto laggiù, “ecco, là “, disse. Poi aveva cominciato a strizzare gli occhi e non aveva più parlato.

Gli italiani erano gli invasori della sua terra, erano i soldati dell’armata mandata da Mussolini a conquistare la Russia: non tornarono a casa quasi in centomila uccisi dai proiettili, dal freddo, dalla prigionia. Vinti, come aveva scritto Victor Hugo dei francesi di Napoleone anche loro ricacciati indietro dai russi, dalla loro stessa conquista, “vaincu par sa conquête”.

Io ero lì, in un caldo luglio, però, non in un gelido inverno, per un viaggio che avrei voluto fare con mio padre, sopravvissuto alla ritirata. Ma non avevo fatto in tempo, così ero andato da solo. Volevo vedere da vicino, dare forma e dimensione a luoghi di cui conoscevo solo il nome, cercare qualcuno che ricordasse quell’inverno maledetto.

Il giorno prima che scattassi questa foto una donna aveva descritto la paura dei soldati italiani che tornavano indietro, la loro fame: ne parlava come una mamma che parla dei suoi figli, non come la vittima di un’invasione. Proprio come la donna ucraina che, a un soldato russo fatto prigioniero durante questa guerra del 2022, ha dato una tazza di te e anche il cellulare per rassicurare la famiglia.

Dopo aver fotografato l’uomo che aveva sepolto gli italiani andai lungo la strada dove, in Ucraina, si era trovato a combattere mio padre, tra Harmashivka e Bondarivka, nell’oblast di Lugansk, uno dei due oblast del Donbass. In fondo a quella strada, sulla destra, un carro armato T 34 fa la guardia a un cimitero dove sono sepolti 524 soldati sovietici: russi, georgiani e ucraini, tanti ucraini

Ecco dopo ottant’anni, sulla stessa terra, stanno accadendo le stesse cose, tra gli stessi alberi e in mezzo agli stessi sassi. Ancora un’invasione, ancora guerra, fuoco, morte. E un bambino che in questi giorni ha visto la propria casa distrutta da un missile o soldati morti ai lati della strada piangerà quando qualcuno, come ho fatto io con l’uomo della foto, gli chiederà di raccontare.

Perché la guerra, sembra assurdo doverlo ripetere, è dolore puro che si imprime nella carne di chi la vive in profondità e per sempre. Proprio per sempre.

Pier Vittorio Buffa
Giornalista e scrittore, docente all’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino, ha lavorato al settimanale l’Espresso e nei quotidiani locali del Gruppo. Ha diretto il Centro ed è stato a lungo condirettore dell’Agl, l’agenzia centrale del network, per poi dirigere la redazione che ha curato lo sviluppo digitale delle testate. Per il Gruppo Espresso ha ideato e curato, in collaborazione con l’Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano, il sito La Grande Guerra, i diari raccontano e i quattro volumi Cronache dal fronte. È consulente editoriale della piattaforma Gli italiani all’estero, i diari raccontano progettata da Nicola Maranesi e realizzata in collaborazione con il ministero degli Esteri. Ha scritto Al di là di quelle mura (Rizzoli, 1984), Mara Renato e io (Mondadori, 1988), Ufficialmente dispersi (Marsilio, 1995; Transeuropa, 2010), Io ho visto (Nutrimenti, 2013) e Non volevo morire così (Nutrimenti 2017).

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