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Eolico in Mugello, ancora un Sit - In per dire "Giù le mani dalle Montagne": ecco quando e dove si terrà

Molte le associazioni che saranno presenti per dire No all'installazione dell'Eolico in Mugello

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Eolico Mugello Eolico Mugello © n.c.
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Ci saranno anche le associazioni Apuane Libere, Comitato Tutela Crinale Mugellano, Comitato Val di Lima e Val Fegana, Custodi degli Alberi e del Suolo, Movimento Pratomagno Senza Asfalto alla manifestazione che si terrà Sabato prossimo, 28 settembre, a partire dalle 15:00, sotto la sede della Regione Toscana, in Piazza Duomo, 10, a Firenze, per dire 'No' all'installazione delle Pale eoliche nel Mugello. Queste le loro parole: 

La dinamica era stata prevista, era prevedibile, in molti luoghi già abbondantemente praticata. Conosciamo molto bene i metodi e i fini del capitalismo, con le sue connaturate infinite dosi di indifferenza, distruzione, violenza, guerra. La dimensione di questo impatto si vede plasticamente nelle Alpi Apuane, laddove l’industria estrattivistica spolpa da decenni le montagne per ricavare per lo più ormai polvere di carbonato di calcio, utilizzata addirittura per fare dentifrici.

Si vede benissimo guardando al progetto di installazione di 7 mega pale eoliche di 170 metri in Mugello, a ridosso del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, habitat di specie protette tra cui l’aquila reale, con la compromissione di sentieri nazionali ed internazionali e l’abbattimento di ettari di foreste.

È di una evidenza sconcertante nella Montagna Pistoiese, dove l’industria sciistica, in una terra senza neve, ottiene soldi pubblici per estendere e rinnovare gli impianti di risalita, tra Doganaccia e Corno alle Scale, con l’immensa sottrazione di acqua ed energia che ad ogni nuova “stagione” ne deriva.

Si intuisce nel calore sprigionato dall’asfalto che vorrebbero calare in Pratomagno, per un’estensione di 12 km, ad un’altitudine che supera i 1500 mt, a fianco e dentro un sito protetto Natura 2000, casa di rarissime specie animali e vegetali, per nuovi ristoranti, nuove strutture alberghiere, nuovo ed ulteriore turismo del consumo.

O nei sentieri antichi e nei boschi vetusti distrutti nella Valle del Serchio, in un’area contigua alla Riserva dell’Orrido di Botri, per aprire nuove vie al taglio boschivo ed allo sfruttamento intensivo della montagna.

Costi per decine di milioni di Euro, sottratti al nostro benessere. 35 milioni di Euro in Mugello, 16 milioni di Euro per l’impianto della Doganaccia, circa 2 milioni di Euro per l’asfaltatura del Pratomagno. Senza considerare le perdite incalcolabili e non recuperabili in termini di biodiversità ed equilibrio ecosistemico, giustificate da uno sbandierato ma irreale “progresso”.

Valga per tutti il caso delle cave: 1.000 impiegati oggi dai 16.000 degli anni ‘50, da 150 a 10.000 Euro a tonnellata all’industria del marmo, solo 5 Euro a tonnellata al Comune di Carrara per le concessioni.

La politica e l’imprenditoria, anche con la spinta dell’Unione Europea, corrono a braccetto sempre più velocemente verso la distruzione di tutto ciò che conta, di tutto ciò che è vita e dà la vita. Per quali interessi? I nostri? Non è credibile, non è logico, semplicemente non è vero. Le risorse, guarda caso, mancano sempre per sanità, scuola, trasporto pubblico, diritto alla casa, servizi alla persona.

L’ideologia dominante, veicolata da ogni tipo di fame di potere e di denaro, cerca di colonizzare ogni pensiero, dei prossimi potenziali sfruttatori e degli sfruttati.

Ma è vuota e svuotante, non ha prospettiva, punta dritta all’annientamento in nome di nuove tecnologie costruite sulla pelle di popoli sfruttati, nuove energie necessarie a mantenere, se non aumentare, gli attuali consumi, nuove armi per difendere e conquistare nuovi mercati, nuovi prodotti che finiranno in mare o in qualche nuova terra che dovrebbe dare la vita e finisce per dare la morte.

Da tempo nelle Apuane, nella Montagna Lucchese, nella Montagna Pistoiese, nell’Appennino Mugellano, alle pendici del Pratomagno viviamo da abitanti di riserve votate naturalmente alla vita, da difendere ad ogni costo dal suo contrario, nella ricerca sempre più complicata di un equilibrio tra la salvaguardia di ciò che rimane della Natura e la necessità di sopravvivere tra le maglie del nostro tempo, con la dose di isolamento e repressione che ne deriva.

Anche per questo, da sempre, dalle nostre province, dalle nostre campagne, dalle nostre montagne, affrontiamo lunghi viaggi per portare la nostra voce a fianco dei popoli colonizzati e sterminati per ragioni di profitto e di dominio, dei lavoratori in sciopero e in occupazione che si oppongono alla speculazione e al ricatto del monopolio della creazione di lavoro, di coloro che lottano contro il patriarcato per l’autodeterminazione dei corpi e dei desideri, di chiunque protesti contro l’ennesimo disastro ambientale per la costruzione di nuovi palazzi di lusso o basi militari.

Che la prossima frontiera dello sfruttamento intensivo e dell’industrializzazione, spremuti ed esauriti i contesti già urbanizzati ed allagati dall’ennesima alluvione non prevenuta, sarebbe stata la natura e i luoghi ancora selvatici era del tutto scontato. Luoghi ancora da poter addomesticare al neoliberismo.

Ci siamo opposti nei nostri territori con tutte le forze, abbiamo costituito comitati, organizzato assemblee e manifestazioni con centinaia di persone, promosso raccolte firme, sottoposto accessi agli atti e osservazioni tecniche, costretto gli esecutori dei progetti a procedure amministrative più stringenti, ottenuto pareri contrari da parte di Sovrintendenze ed enti di tutela del territorio. Nulla è valso a far rimeditare i propositi.

È mancato qualsiasi reale ascolto, ogni occasione è stata buona per svilire o limitare la forza della nostra protesta. Sono del resto mancati reali processi di partecipazione del territorio, che comunque, lo sappiamo, non sarebbero stati colti nelle loro complessità e non sarebbero stati risolutivi, qualunque l’esito. Quanti referendum abbiamo vinto, poi traditi dall’irrefrenabile necessità di privatizzazione, primo tra tutti quello dell’acqua pubblica.

Ogni luogo da cui veniamo, e per cui chiediamo di scendere in piazza, è un’oasi nel deserto delle ambizioni politiche ed imprenditoriali di accumulo ad ogni costo. È il passato e non può che essere il futuro. È casa di altri esseri viventi, acqua, luce, aria, suoni e colori sempre più rari, a rischio di estinzione quale nuova merce di scambio, nel cieco e insensato affidamento sulla capacità di riparare il danno creato. Per questo, per altro, per tutto chiediamo di partecipare alla manifestazione di sabato 28 settembre. Giù le mani dalle montagne toscane! Non una vita di meno è il principio che ci guida.

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