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La missione (quasi) impossibile di Matteo

Dopo lo scambio modello "spy story" nella terra di nessuno fra Austria e Italia, nuova missione al limite dell'impossibile in Finlandia per il Nucleo Operativo di Protezione Civile Logistica dei Trapianti

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Nadia, Matteo e Marzia all'alba verso Fiumicino Nadia, Matteo e Marzia all'alba verso Fiumicino © Marzia Fanfani
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E' vero che sono abituati a (quasi) tutto avendo salvato in 25 anni di attività oltre 12.000 vite, ma in epoca di emergenza Coronavirus non passa settimana che gli uomini e le donne del Nucleo Operativo di Protezione Civile Logistica dei Trapianti, che ricordiamo essere volontari, non siano costretti a fare gli straordinari e a superare ostacoli incredibili.

Ma siamo ben formati, anche se l'emozione e l'adrenalina è sempre alta e si rinnova ad ogni missione. Chi vi scrive mette talvolta da parte la tastiera di redattore di Ok!Firenze e indossa i panni del volontario di questo gruppo di Protezione Civile specializzato nel trasporto di cellule staminali e midollo osseo da trapianto.
Personalmente era molto che non "scendevo" in campo. Era di tre anni fa la mia ultima missione una "tirata" tutta d'un fiato Colonia-San Sebastian in poco più di 72 ore che ricordo come ieri.
Puoi smettere per un po' quest'attività ma quando riprendi fra le tue mani quel contenitore frigorifero e come se lo avessi appoggiato solo ieri.
Così in piena emergenza Coronavirus, quando le missioni internazionali (quelle per me più difficili da gestire in famiglia) si sono rarefatte per la chiusura dei confini e quelle nazionali sono aumentate a dismisura per gli stessi motivi non ho esitato un solo istante a rispondere all'appello della mia associazione e dire presente!
In un mese ho incamerato più chilometri di un camionista, saltato molti pasti, dormito poche ore e portato a termine cinque missioni considerando che in più di un'occasione ho preso in consegna più "doni" facendo sosta in ospedali di città diverse per la consegna oppure "staffettando" con colleghi in qualche casello autostradale.

E così dopo essermi trovata mio malgrado con la collega Marzia a battezzare una nuova tipologia di missione con una staffetta nella "terra di nessuno" che separa le ripristinate frontiera fra Austria e Italia ho accompagnato Matteo nel suo viaggio verso Roma Fiumicino dove lui, dopo aver ritirato il pomeriggio precedente le sue cellule salvavita a Verona avrebbe proseguito per Helsinki mentre io e Marzia avremmo dovuto incontrare un collega tedesco per prendere in consegna le staminali destinate a un bambino che ci attendeva al pediatrico di Bologna.

Siamo partiti da Firenze all'alba e Matteo aveva gli occhi abbottonati dopo poche ore di sonno passate a controllare la temperatura delle cellule (devono rimanere fra i 2 e gli 8 gradi e ogni mezz'ora la temperatura va controllata) che aveva prelevato a Verona.
In un mondo normale con quelle cellule sarebbe volato verso la Finlandia dalla stessa Verona o dalla vicina Venezia ma in tempo di Coronavirus dove volano solo il 5% degli aerei l'unica chance era gioco forza l'indomani mattina da Fiumicino.

Strada facendo verso Roma abbiamo scherzato su quel viaggio in terra nordica, sul fatto che arrivato avrebbe avuto solo poche ore per dormire in quell'albergo fissato "appena fuori l'aeroporto" e che forse era meglio rimanere in aeroporto. Mai avremmo pensato che questo sarebbe successo davvero!

Mentre io e Marzia correvamo sulle autostrade deserte d'Italia destinazione Sant'Orsola, Matteo volava verso Francoforte su una aereo con 5 passeggeri, senza colazione e solo con una bottiglietta d'acqua.
Sceso a Francofrte ha atteso 7 ore il volo successivo senza poter mangiare niente perché tutto era chiuso e poi, anche nell'aereo per la Finlandia si sentiva l'eco del silenzio.
Arrivato a Helsinki quando già era sera ecco la sorpresa.
Nonostante la sua missione sanitaria d'urgenza, nonostante il suo frigo contenesse le cellule salvavita per un finlandese, i solerti poliziotti di frontiera gli hanno fatto chiaramente capire che "dall'aeroporto non sarebbe mai uscito".
Ha cercato di spiegare, si è fatto raggiungere dalla dottoressa finlandese che l'aspettava di là dal gate, ma niente da fare. La gentile dottoressa ha preso in consegna le cellule, lo ha salutato e lo ha lasciato lì.
In piena notte in compagnia di due poliziotti di frontiera che lo hanno rispedito dentro il gate avendo però la gentilezza di uscire a prendergli un panino.
Matteo sfinito ha cercato ancora di far capire che il suo albergo era lì, appena oltre la vetrata, a soli venti metri dall'aeroporto e che in tasca aveva già il biglietto del primo volo in partenza della mattina ma niente da fare.

Come Tom Hanks nel film Terminal è rimasto lì in compagnia solo del suo frigo vuoto, di quella copertina e quella bottiglietta d'acqua date dalla Protezione Civile al freddo dell'aeroporto chiuso e vuoto di una notte finlandese accucciato su una fila di sedie.

E' rientrato in Italia, a casa, dopo 70 ore senza sonno, con un panino e una bottiglietta d'acqua nello stomaco, talmente affamato che, tornando a casa quando in autostrada si è fermato all'autogrill ha confessato di non aver mai apprezzato così tanto quei panini...

Un uomo lasciato solo e abbandonato in un aeroporto in Finlandia come ringraziamento per aver portato la salvezza a un loro connazionale. Due donne costrette a scambiarsi le cellule salvavita nella terra di nessuno sotto lo sguardo cupo dei poliziotti di frontiera fra Austria e Italia per salvare un austriaco residente in Italia.

Dov'è l'Europa? Viva l'Europa

























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