La mafia di Casarano, in provincia di Lecce, esegue omicidi e attentati ma la giornalista pugliese Marilù Mastrogiovanni a processo deve dimostrare che la mafia esiste. Il caso sconcertante del sequestro della testata Il Tacco d’Italia, le imputazioni coatte, i decreti di citazione diretta a giudizio. La difesa affidata all’avv. Roberto Eustachio Sisto del foro di Bari
Dopo l’ennesimo omicidio di mafia a Casarano (Le) in un parco giochi in pieno centro, tutto il Salento ha reagito alla morsa della sacra corona unita con una grande marcia per la legalità organizzata dal sindaco Ottavio De Nuzzo.
La stesso che, insieme al suo predecessore e altri ex assessori, sta infliggendo un vero e proprio calvario giudiziario alla giornalista pugliese Marilù Mastrogiovanni, giornalista professionista, direttrice del giornale d’inchiesta www.iltaccoditalia.info.
La colpa di Mastrogiovanni? Aver fiutato sin dal 2004 la nascita e il consolidarsi di un nuovo clan della sacra corona unita, e averne scritto ben prima degli omicidi e delle successive ordinanze di misure cautelari indirizzate ai componenti del clan. Mastrogiovanni ne ha scritto, facendo nomi e cognomi, descrivendo la gerarchia dell’organizzazione, indicando le aziende in cui i proventi dello spaccio di droga venivano reinvestiti, scoprendo una fitta rete di fiancheggiatori insospettabili. Aver stigmatizzato la vicinanza tra il clan e un consigliere comunale di Casarano.
La giornalista, già presidente della giuria del premio mondiale dell’Unesco per la libertà di stampa “Guillermo Cano” e, a sua volta, vincitrice di numerosi premi per le sue inchieste e ideatrice del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo, dal 2005 ad oggi ha pubblicato fiumi di inchieste non solo sul Tacco d’Italia ma anche sui principali giornali nazionali e internazionali: le azioni criminali della SCU di cui scrive Mastrogiovanni riguardano i Comuni del Salento e le ramificazioni nel resto del Paese e della UE: dalla cementificazione delle coste allo sversamento dei veleni nella falda acquifera, dall’irrisolto omicidio di mafia di Peppino Basile allo spaccio di cocaina, dal traffico di rifiuti alle infiltrazioni mafiose nelle aziende locali e nei bandi pubblici.
Migliaia di pagine di inchieste, numerose querele e nessuna condanna. Mastrogiovanni è difesa dall’avvocato Roberto Eustachio Sisto, del foro di Bari.
Le inchieste giornalistiche su Casarano
Dopo l’omicidio del boss della Scu Augustino Potenza nell’ottobre 2016 a colpi di kalashnikov, la direttrice Mastrogiovanni pubblicò sul Tacco d’Italia un’ampia inchiesta nella quale ne ripercorreva le “gesta”, dimostrando il consenso sociale e politico di cui godeva. E ha poi continuato a denunciare.
Articoli non graditi dall’amministrazione comunale guidata dall’allora sindaco Gianni Stefàno (Fratelli d’Italia) che mise la giornalista nel mirino, affiggendo decine di manifesti per la città, prima invitando la cittadinanza a reagire contro chi infanga il buon nome della città (cioè la giornalista che scrive di mafia), poi affiggendo dei manifesti di sei metri per tre che la rappresentano seppellita in una fossa.
Tutta la comunità giornalistica locale, nazionale e internazionale si è mobilitata con una raccolta firme e accorati appelli affinché il sindaco rimuovesse i manifesti, sia perché l’episodio in sé rappresentava un concreto pericolo per la sicurezza della giornalista (tra i commenti sulla pagina Facebook ufficiale del sindaco, che aveva pubblicato il testo del manifesto come comunicato stampa, numerose offese e minacce dai sodali del boss, tra cui la vedova), sia perché quelle affissioni rappresentavano, secondo la categoria, un pericoloso punto di non ritorno, ossia l’interruzione della normale dialettica democratica tra stampa e politica, nella cornice garantista della legge sulla Stampa.
Sono state così attivate le prime misure di protezione da parte del Prefetto di Lecce Claudio Palomba che, nel corso del Consiglio comunale monotematico tenutosi all’indomani dell’affissione dei manifesti ha espresso solidarietà a Mastrogiovanni, esprimendo preoccupazione per il “welfare mafioso” diffuso nella comunità casaranese e salentina.
Sequestro del giornale, imputazioni coatte, decreti di citazione diretta a giudizio
Decine e decine di querele archiviate più una mezza dozzina di assoluzioni, tolgono tempo al lavoro d’inchiesta: “O scrivo memorie difensive o scrivo inchieste”, ha affermato Mastrogiovanni. Nel frattempo la giornalista ha deciso di trasferirsi a Bari per salvaguardare la serenità e la sicurezza della sua famiglia. Le misure di protezione si attivano quando è nel Salento.
Dal 2016 ad oggi Mastrogiovanni è nel mirino di una serie di azioni giudiziarie violente: il giornale “Il Tacco d’Italia” è stato sequestrato per 45 giorni; poi dissequestrato dal Tribunale del riesame. Nel processo che ne scaturì, conclusosi con sentenza di assoluzione, si sono costituiti parte civile la FNSI con Assostampa, la Consigliera nazionale e regionale di Parità, l’UDI (Unione donne italiane), Pangea-Reama, il centro antiviolenza Labriola di Bari, mentre l’Ordine nazionale e regionale dei giornalisti, Giulia Giornaliste, Reporter senza frontiere, Ossigeno per l’Informazione, Amnesty International, Articolo 21, e tanti altri si sono mobilitati a difesa della libertà di stampa. Il caso fu trattato dalla trasmissione tv “Le Iene” e Mastrogiovanni fu chiamata in audizione dinanzi alla Commissione regionale antimafia.
Il caso eclatante dei manifesti del sindaco che invitava a reagire contro la giornalista fu sollevato dal presidente della FNSI Beppe Giulietti, in conferenza stampa, dinanzi all’allora presidente della Commissione d’inchiesta sulle mafie Rosy Bindi e la stagione della trasmissione “Cose nostre” della RAI si aprì proprio con il documentario “Attacco al Tacco”, sulla storia giornalistica di Mastrogiovanni.
I giudici hanno fatto poi ricorso a imputazioni coatte (nonostante le richieste di archiviazione dei Pm) e decreti di citazione diretta a giudizio (saltando la fase dell’udienza preliminare, il Pm obbliga l’indagato a presentarsi direttamente dinanzi al giudice monocratico). In uno dei processi a suo carico dovrà dimostrare di essere stata sottoposta a misure di protezione, perché il fatto che le avesse è stato ritenuto diffamatorio dal querelante (l’ex sindaco di Casarano) e dai giudici, che l’hanno rinviata a giudizio.
La dichiarazione della FNSI e Assostampa
“Siamo molto preoccupati per la morsa giudiziaria di cui è vittima da anni la collega Marilù Mastrogiovanni, direttrice di www.iltaccoditalia.info, a causa del suo lavoro d’inchiesta sulla sacra corona unita, la mafia del Salento” – lo dichiarano in una nota congiunta la Federazione nazionale della stampa italiana e il sindacato dei giornalisti pugliesi Assostampa.
“Nei prossimi giorni, la collega dovrà affrontare ben tre processi, alcuni avviati a seguito di imputazione coatta, nonostante la richiesta di archiviazione del Pm. Nella giornata di venerdì 15 marzo sarà chiamata a presenziare in due procedimenti contro di lei, avviati a seguito di querela da parte di alcuni amministratori locali, tra cui l’attuale sindaco di Casarano. La sua colpa è di aver illuminato le zone grigie del malaffare e le influenze dei clan sui gangli vitali della vita democratica. Dopo l’omicidio di mafia avvenuto una settimana fa a Casarano, maturato negli ambienti dei clan di cui scrive Mastrogiovanni, la sua posizione appare ancora più critica. La collega negli ultimi anni è stata oggetto di minacce anche di morte, intimidazioni, querele temerarie e perfino il sequestro del giornale, fatto gravissimo per il quale si è costituita al suo fianco la FNSI. È stata costretta a trasferire la sua residenza. Nei suoi confronti sono state disposte misure di protezione. Ad oggi la maggior parte delle querele sono state archiviate e i processi risolti con sentenza di assoluzione. Il giornalismo d’inchiesta è un pilastro della democrazia, per questo la FNSI continuerà ad essere al fianco della collega nel suo compito primario di garantire il diritto dei cittadini di essere informati anche su fatti scomodi in un territorio sempre più a rischio, qualora la voce dei giornalisti dovesse essere messa a tacere.
Bari, 13 marzo 2024