
«Non ci fu una telefonata, ci furono una serie di telefonate perché non si pronunciasse nemmeno il nome del Forteto. Una cosa del genere non mi è mai più capitata». Dice di essersi ricordato, Bruno Vespa. Il clima di intimidazione, l’atmosfera tesa, il sospetto che qualcosa non andasse. Il tutto prima della messa in onda della storica puntata di Porta a Porta del 2002, per la quale dichiarò di aver subito pressioni e per cui è stato chiamato, questo pomeriggio, a presentarsi davanti la commissione d’inchiesta Bis. Secondo il giornalista Rai, non solo al mondo della politica appartenevano le voci contrarie alla denuncia del caso mugellano e «in maggioranza venivano dall’area della sinistra». Parlamentari? Vespa questo non lo ricorda. Qualche altro nome? Nemmeno quello, peccato. Perché? «Davvero, non ricordo. E inoltre si tratterebbe di rivelazioni facili da smentire, cioè non dimostrabili: anzi, si rischierebbe la querela». Davanti ai consiglieri il conduttore si è mostrato deciso: «Ritengo il Forteto sia da considerarsi un’associazione a delinquere, ed è molto grave il fatto che siano stati affidati bambini a dei condannati. Sono turbato dall’atteggiamento della magistratura». E ha aggiunto: «Sono felice di averla mandata in onda quella puntata. Oggi ho capito meglio quanto il Forteto sia un sistema di potere ben radicato». La notizia, però, è un’altra. Vespa, di cattiva memoria ma di buone intenzioni, ad ottobre vorrebbe dedicare una nuova puntata alla vicenda; non trattando nello specifico la storia, ma occupandosi di violenze e abusi su minori. Sarebbe un’occasione, certo: e forse questa è l’unica vera rivelazione della giornata. A margine della seduta, poi, si è scoperto che è stata respinta la richiesta di Jacopo Alberti (Lega) di trasferire tutto il materiale dell’indagine – dopo la stesura finale del 23 giungo – alle alte sfere dello Stato. Dunque né il Premier Renzi, né il Presidente Mattarella, come pure quelli di Camera e Senato, riceveranno il dossier sul Forteto. D’altra parte la Procura di Firenze, di Genova e il CSM (Consiglio superiore magistratura) potranno esprimersi sulla documentazione. E’ stata invece accolta l'istanza dei vertici della Cooperativa per un incontro in extremis sulla situazione. Avanzata solo ora, tuona Alberti, perché «il presidente (Palanti, Ndr) vede concretamente aleggiare la tetra prospettiva del commissariamento». «Per me – ci riferisce il leghista – nel nuovo Cda non c’è la discontinuità necessaria per rilanciare pienamente l’azienda»