Oggi, 27 gennaio è il giorno in cui fu liberato il campo di concentramento di Auschwitz e dal 2005, questo giorno è divenuto una ricorrenza internazionale in commemorazione delle vittime dell’Olocausto. Il Giorno della Memoria. La giornata che vuole ricordare tutte le vittime dello sterminio nazista che colpì tutte le categorie ritenute indesiderabili: ebrei, oppositori politici, gruppi etnici, gruppi religiosi, omosessuali, malati di mente, portatori di handicap. Quest’oggi sarà un susseguirsi di celebrazioni, riflessioni ed eventi dalla cima al tacco del nostro bel stivale. Annunci televisivi, spot, appelli perché sia accesa una candela sul davanzale di ogni finestra. Il culmine, come ogni anno, arriverà con “La Vita è bella” trasmesso in prima serata su una delle reti RAI, per il quale almeno un italiano su tre si commuoverà. Triste destino quello di un paese costretto a ricordare quello che non avrebbe mai dovuto dimenticare. E che invece da subito ha dimenticato, quasi ignorando i racconti dei superstiti perché complice della loro prima emarginazione all’interno dei propri confini nazionali. L’olocausto fu un momento eccezionale della storia. Adesso, muoiono solo otto milioni di persone all’anno per cause legate alla fame, alle guerre. Le guerre creano masse di rifugiati e migliaia di migranti affogano o si perdono cercando una vita migliore. Certo, non succede a noi. Noi siamo quelli che nell’aprile del 1945 divennero tutti partigiani ed antifascisti e che per un ragazzo del Gambia annegato nel Canal Grande di Venezia siamo pronti a twittare “Ma perché nessuno si è tuffato per salvarlo?”, il giorno dopo ovviamente. Sono sempre gli altri, come altri erano gli ebrei. E le loro storie continuano a uscire in penultima pagina, quando escono.