Siamo negli anni ’50 del secolo scorso. Era da poco finita la tragedia della seconda guerra mondiale, con grandi sconvolgimenti sociali e civili, che caratterizzarono quegli anni, che cambiarono la vita a tanti uomini e donne. Se l’Italia si stava risollevando con sacrifici e tante difficoltà facilmente intuibili, quella che era la civiltà contadina, rurale e agreste, dopo secoli e secoli, si stava piano piano disintegrando, e in pochi anni, fra la seconda metà degli anni ’50 e la seconda metà degli anni ’60 del 900, le campagne del Mugello e ovviamente in tanti altri territori, le famiglie contadine lasciarono i campi, le loro ataviche case, il lavoro mezzadrile e tutto quello che girava intorno; un abbandono totale, lasciandosi alle spalle una vita umana che veniva intensamente vissuta nell’arco delle stagioni, dei giorni, dei mesi, degli anni.
Il libro del caro amico Alfredo Altieri, che arricchisce ulteriormente la produzione letteraria dello scrittore mugellano (Altieri è nativo di Ronta di Mugello), ci riporta in quel periodo con racconti, storie, episodi, aneddoti e quant’altro, insomma tutto quello che girava intorno alla giornaliera vita rurale. Ecco i proverbi mugellani inerenti a tutti i mesi dell’anno, gustosi e simpaticissimi, la religiosità, lo stare insieme, il lavoro nei campi, la mietitura, la vendemmia, i frutti dei campi, dell’orto, il pollaio, la porcilaia, i rapporti con il fattore, il sotto fattore, il guardacaccia, le pressioni padronali, le usanze, i canti, i loro doveri (tanti) e i loro diritti (pochi). Il libro conclude (con un apparato fotografico), questa bella e significativa anamnèsi, una parentesi sulle figure e mestieri legati alla campagna, mestieri (bottaio, cestaio, materassaio, mugnaio, carbonaio, carradore, cenciaio, norcino, barullo, etc, etc), oramai sepolti nel tempo e nello spazio, ma che avrebbero ancora tanto da insegnare.
In una sintesi finale si legge: “ Un atto di amore verso la propria terra, un tentativo di far pace proprio con quella terra che il Mugello di quel tempo ha abbandonato perdendo parte della propria identità, con il ricordo ancora vivo e indelebile l’autore ci dona un contributo importante alla riaffermazione delle origini e della vocazione di un territorio”. Siamo perfettamente d’accordo.
Galleria fotografica
(Alfredo Altieri, “La grande vallata” – pagg: 209)
Aldo Giovannini
Marco Squarcini
Se è come dice Aldo - e non c'è motivo di dubitarne - bisogna provvedersi subito di questa meraviglia!!!!!