Ha provato a fare il pugile da giovane, ma non era proprio portato. Da quel quadrato però qualcosa gli è scattato. Una passione che, Massimiliano Bartolozzi, coltiva ancora oggi. Da quando si è trasferito nel Mugello, nel 2010, ha avuto un solo obiettivo: dare visibilità a quella storica società che è la Boxe Mugello. Addetto stampa, addetto al ring, annunciatore, fino a diventare dirigente. Un “tuttofare” con un amore viscerale per il pugilato, come un babbo con il proprio figlio. E proprio questo figlio gli ha dato anche la possibilità di far l’annunciatore per il titolo italiano. Insomma, una bella soddisfazione per chi ama la boxe come lui.
Lo stesso Massimiliano ci ha raccontato delle principali difficoltà nel gestire una società importante come questa, con uno sguardo ai prossimi obiettivi, che tanto prossimi non sono.
Cosa ti ha spinto ad entrare nella Boxe Mugello?
“Io vengo da una famiglia di pugili. Quando avevo 16 anni provai a fare pugilato, ma non ero portato. Mi cominciai comunque ad appassionare a questo mondo. Passai poi ad altre arti marziali e quando mi sono trasferito nel Mugello nel 2010 volevo iniziare a fare qualcosa. Alla fine, mi trovai qui alla Boxe Mugello a fare l’amatore perché io sono entrato qua dentro per fare ginnastica. Poi vidi che, come società, la Boxe Mugello non compariva quasi mai sui giornali, sui siti internet e allora a Gabriele dissi che, siccome avevo avuto qualche esperienza come addetto stampa, avrei potuto scrivergli qualcosa. Da lì addetto stampa, addetto al ring, annunciatore, dirigente e alla fine quasi tutto quello che riguarda la burocrazia, rapporti con la Federazione e quant’altro“.
Quale è stato il momento più soddisfacente in questa società?
“Te ne dico due: uno che riguarda i dilettanti e l’altro che riguarda i professionisti. Per i primi, quando vincemmo il titolo italiano juniores con Gabriele Falaschi, che è stato il nostro primo campione italiano. Per i professionisti invece, il 5 febbraio 2022, quando proprio qui a Borgo San Lorenzo, esordirono sia Leonardo Sarti sia Michele De Filippo nei professionisti. Oltre alla soddisfazione da un punto di vista societario, c’è anche quella da un punto di vista personale perché dopo 10 anni che facevo l’annunciatore in tutte le serate mi ritrovai a far quello del titolo italiano“.
La più grande delusione invece?
“Le delusioni le vivo sempre con una certa pacatezza. Se proprio vogliamo dire una delusione, anche se fu più un’arrabbiatura, ti dico quella del dicembre 2020 ai campionati italiani giovanili dove c’era il nostro Ermir Haruni che aveva vinto un incontro gonfiando di cazzotti l’avversario e 5 giudici gli assegnarono la sconfitta. In quel caso rischiai anche la radiazione perché arrivai ad offendere via messaggio e per telefono il presidente federale“.
Quali sono le principali difficoltà nel gestire una società importante e storica come questa?
“Aver a che fare con tantissimi ragazzi. È la massima soddisfazione ma è un po’ come essere genitori. Da un lato è la cosa più bella, dall’altra è la cosa più difficile perché ti ritrovi, aldilà dell’aspetto sportivo, a confrontarti proprio da un punto vista umano con tutte quelle difficoltà di un ragazzo da giovane. Io cerco sempre di immedesimarmi, però è ancora più difficile perché li capisco e soffro per loro. Questa è la principale, tutte le altre sono sempre in secondo piano. È proprio lo stargli vicino e cercare di essere empatici, soprattutto con quelli più giovani“.
Quale consiglio daresti a un ragazzo che vuole intraprendere la carriera nel pugilato?
“Più che consiglio direi un avvertimento. Il pugilato è uno sport duro però richiede ancora più durezza nei confronti propri. Perché alla fine è più una disciplina interiore che esteriore. Qualunque ragazzo si avvicini deve sapere che in realtà sarà una guerra più con se stesso che con gli altri“.
Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
“Confermarsi ai livelli nei quali siamo arrivati da un punto di vista organizzativo. Ci siamo dedicati molto ai professionisti in questo periodo, dobbiamo ritornare in modo massiccio anche sui più giovani perché sono la vera ricchezza di qualsiasi palestra di pugilato“.