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Moto pronte alla primavera? Storia dei Passi mugellani

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Moto pronte alla primavera? Storia dei Passi mugellani Moto pronte alla primavera? Storia dei Passi mugellani © n.c.
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Se Dio vorrà, tra pochi giorni rifiorirà la primavera e noi, meno infreddoliti, fiduciosi nelle giornate che si allungano e nel ritorno della bella stagione, ridesteremo dal letargo dei garages le nostre moto; e felici, dopo aver spolverato con cura il mezzo, fatti i relativi controlli alle gomme, alle candele e all’olio, dopo esserci allacciati con trepidazione il casco appositamente lucidato per la prima uscita stagionale,  finalmente - non senza aver detto qualche parolaccia per la mancata accensione alla prima del roboante mezzo - ci rimetteremo in sella alle due ruote per le curve delle nostre amene campagne!

Il Mugello, come si sa, è una delle mete preferite per molti centauri, non solo perché vicino Scarperia è presente da tempo il famoso autodromo, ma anche perché la rete stradale del territorio è adatta e divertente per una bella girata. Se oltre al fondo aggiungiamo - tra una “sgassata” e l’altra - la bellezza dei paesaggi, il gioco è fatto.

Tra le assi viarie di maggior importanza per il territorio mugellano, c’è senza alcun dubbio la Via Bolognese. Questa Via, chiamata dai tecnici Strada Regionale 65 della Futa, parte come tutti sanno da Firenze per scollinare in Mugello dove, dopo aver attraversato alcuni importanti paesi, si inerpica con curve e salite verso il Passo della Futa a 903 m s.l.m.  ed il passo della Raticosa a 968 m s.l.m.; per poi entrare in Emilia, toccare altri paesi degni di nota come Monghidoro e Loiano e giungere finalmente a Bologna, dove prenderà il nome di Via Toscana.

Fin qui nulla di strano - i centauri che la percorrono spesso la conoscono bene - ma penso non sia fuori luogo delineare un poco la storia di questa strada che, al contrario di quanto si creda, non è tra le più antiche della Toscana.

L’odierna Via Bolognese nasce con degli importanti lavori tra il 1749 ed il 1752. Infatti la Toscana, in quell’epoca sotto la dinastia Lorenese, iniziava ad essere interessata da ambiziose opere di ammodernamento sia strutturale che politico, economico, viario, etc., che consentissero a questa realtà granducale di essere al passo con i tempi. Per questo si decise di formare un apparato stradale capace di poter essere rotabile, cioè atto al trasporto di merci e persone con l’ausilio di carri, barrocci e carrozze.

Certamente i lavori interessarono direttrici già da tempo utilizzate in epoca antichissima. I progetti di “adeguamento” della strada che avrebbe dovuto rendere più veloci gli spostamenti tra il Granducato e Bologna, furono affidati all’ing. Anastasio Anastagi (tecnico ad oggi purtroppo del tutto dimenticato da chi di dovere) il quale, pur seguendo l’antico tracciato medievale, disegnò e costruì dal nulla molti pezzi di carreggiata.

Con la costruzione della strada Regia della Futa, non solo si triplicarono  gli scambi commerciali tra Toscana e Nord Italia, ma cominciarono a prosperare tutte le piccole realtà urbane che man mano si vedevano attraversare dalla “Carrozzabile”. Così i paesi si ingrandirono, furono costruiti nuovi alberghi, osterie, ricoveri e centri ricettivi per i viandanti, furono abbellite chiese, vennero organizzate e messe in opera le famose Dogane, come quella settecentesca della Futa e poi l’ottocentesca delle Filigare; monumenti ormai fini a se stessi ma testimoni di una storia fatta di passaggi, speranze e fatiche.

Certo, nel XVIII sec. percorrere il tragitto da Firenze a Bologna o viceversa non era così agevole e  la letteratura è piena di resoconti di questi viaggi: ci volevano giorni, questa via di comunicazione era per lo più sconnessa, difficile d’inverno e oltretutto in alcuni tratti pericolosa a causa dei temuti briganti o malfattori.

Ci sono due curiosità da segnalare in riferimento alla via Bolognese, che spesso sfuggono a chi la percorre odiernamente. Chi ha occasione di valicare il Passo della Futa, si accorgerà che nelle vicinanze al famoso monumento del cimitero militare Germanico dell’architetto Oesterlen, inaugurato nel 1969, proprio sulla strada è presente un lungo muro, con affisse alcune lapidi riguardanti la corsa delle Mille Miglia.

Fino agli anni trenta-quaranta del novecento, il Passo della Futa era circondato solamente da prati e tutta l’abetaia che ora lo interessa non c’era, venne piantata dopo. Questo Passo era famoso (come il passo del Muraglione) per essere quasi sempre interessato da un fortissimo vento proveniente dal Nord, che in inverno provocava pericolosi accumuli di ghiaccio e neve. Per questo, in epoca lorenese, si decise di innalzare una muraglia che proteggesse il viandante dalla furia degli elementi …

Invece, nei pressi del Passo della Raticosa, nella strada provinciale 58 Piancaldolese, appare il così detto Sasso di San Zanobi, roccia di una qualche importanza geologica, interessata da una suggestiva leggenda. Si dice che verso il IV secolo Sant’ Ambrogio Vescovo di Milano e San Zanobi Vescovo di Firenze si incontrarono vicino l’abitato di Pietramala ed insieme vollero provare a convertire parte della popolazione di quegli sperduti paesi.

Il Diavolo adirato (o come si direbbe oggi indignato) da tanto ardire, fece una scommessa con il santo fiorentino: chi fosse riuscito a trasportare il macigno più grosso dal fiume alla sommità del poggio, avrebbe potuto predicare nel territorio. Il maligno, con enorme fatica cercò di correre con una pietra molto grossa sulle spalle, ma venne ben presto superato dal Vescovo toscano che con semplicità, essendosi affidato a Dio, raccolse e portò una roccia enorme ponendola dove si trova attualmente. Il diavolo, vedendosi sconfitto, lanciò allora con rabbia il suo inutile fardello che si disintegrò con fuochi, strepiti e fiamme.

 

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