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Notre-Dame risorge: simbolo dell'Occidente tra storia, speranza e nuove sfide globali

Una cerimonia con leader mondiali, tra cui Donald Trump, Emmanuel Macron e Volodymyr Zelensky, segna l’inizio di un nuovo capitolo carico di significati storici

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Notre Dame simbolo di pace Notre Dame simbolo di pace © Ai
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Tra il 15 e il 16 aprile 2019 i cittadini europei, e non solo, assistettero increduli alle fiamme che ghermirono il tetto di Notre-Dame, chiesa cattolica, nonché monumento storico, tra i più importanti e celebri al mondo. L’incendio scaturì da un cantiere adibito al restauro per la pulitura e il consolidamento della parte esterna della guglia, annerita dall’inquinamento, più una serie di sculture metalliche, ossidate. L’incendio ha provocato alcuni danni irrimediabili, come la distruzione del tetto e il collasso della guglia - flèche in francese - progettata nel XIX secolo dall’architetto Eugène Viollet-le-Duc. Durante il periodo dei restauri, durato più di cinque anni, la struttura è rimasta chiusa al pubblico, e ha ufficialmente riaperto il 7 dicembre scorso. 

All’inaugurazione erano presenti alcuni dei leader più importanti dell’Occidente: oltre all’immancabile Emmanuel Macron, presidente della Repubblica francese, gli italiani Giorgia Meloni e Sergio Mattarella, rispettivamente presidente del Consiglio dei ministri e presidente della Repubblica; Donald Trump, futuro presidente degli Stati Uniti d’America - subentrerà alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio -; Volodymyr Zelensky, presidente della martoriata Ucraina, in guerra con la Russia di Vladimir Putin da quasi tre anni. A completare il quadro, l’uomo più ricco del pianeta, Elon Musk, che Trump ha designato, insieme a Vivek Ramaswamy - altro imprenditore di successo - alla guida di un nuovo dipartimento per l’efficienza del governo, che ha l’obiettivo di tagliare le spese inutili governative, snellire la burocrazia e ristrutturare le agenzie federali. Ancora una volta Notre-Dame funge da centro unificante.

Nel 1804 venne infatti incoronato sotto le sue volte a crociera Napoleone Bonaparte, che istituì il Primo Impero francese, durato poco più di dieci anni e che comprendeva - contando anche gli stati clienti - la maggior parte dei paesi europei occidentali e centrali. L’incoronazione di Napoleone significava ufficialmente l’unità di tutti i paesi sotto la sua giurisdizione. Il sogno dell’imperatore - che fu anche re d’Italia - di un regno glorioso terminò presto, con il suo esilio sull’isola di Sant’Elena, dove morirà poco più che cinquantenne.

Come detto sopra, ciò che ci interessa qui non è la disfatta di uno degli imperatori più iconici mai esistiti, che cominciò con la campagna di Russia e finì con il suo decesso nella sperduta isola dell’oceano Atlantico, ma Notre-Dame, la chiesa gotica patrimonio dell’Unesco dove più di duecento anni papa Pio VII gli poggiò la corona sulla testa, e che oggi ha chiamato a raccolta alcune delle personalità più influenti della politica internazionale, da cui dipendono le sorti di milioni di cittadini e, visto il delicato periodo in cui viviamo, il futuro del mondo.

Prima della cerimonia di apertura, Macron, Trump e Zelensky hanno avuto un breve incontro di mezz’ora nel Palazzo dell’Eliseo, residenza ufficiale del Presidente della Repubblica Francese. I tre rappresentano le diverse facce dell’Occidente odierno. Macron è il presidente di uno dei paesi più produttivi e ricchi d’Europa, che ne incarna meglio di tutti gli altri i valori su cui poggiano le sue fondamenta - Liberté, Egalité, Fraternitè -; Trump è il presidente del paese simbolo dell’Occidente e del capitalismo, il più ricco e il più inviso dai nemici a Oriente, in guerra da sempre con tutti coloro che non rispettano la sua idea di società; e infine Zelensky, presidente di un paese conteso da una parte dalla Russia illiberale che vuole mutilarlo, integrandone la parte est, e dall’altra dall’Europa democratica che lotta per la sua sacrosanta integrità territoriale.

Qualche giorno fa dentro Notre-Dame regnava, tra le sue maestose navate, oltre allo spirito di Cristo - per chi ci crede - anche quello dell’Occidente, inteso non soltanto in senso geografico, ma ideologico, con i suoi innumerevoli punti di forza e le sue contraddizioni, queste ultime evidenti sia nelle disuguaglianze economiche e sociali che avvelena la vita dei suoi cittadini, che nelle parole dei suoi leader. Donald Trump ha riferito a Zelensky che la pace con la forza è possibile, riferendosi al conflitto che l’Ucraina sta combattendo contro la Russia. Allo scoppio della guerra, tre anni fa, alla Casa Bianca c’era Joe Biden, che ha sempre dichiarato il massimo sostegno all’Ucraina inviando ingenti aiuti militari. Trump, pur essendo dalla parte di Kiev, si è spesso detto contrario alla politica del suo predecessore, da lui considerata troppo onerosa per le casse dello stato, perciò la notizia del suo nuovo mandato non è stata accolta con piacere dalle forze europee che considerano prioritaria la difesa del paese granaio d’Europa.

Cosa voleva intendere Trump con quella frase?

Che gli Stati Uniti aumenteranno il sostegno a Kiev per mandare al tappeto la Russia, magari coinvolgendo i propri militari e entrando così direttamente in guerra?

Sarebbe una vera e propria contraddizione in termini, che con tutta probabilità andrebbe a scontentare l’elettorato repubblicano. Che il piano di Trump - leitmotiv della sua campagna elettorale - per far cessare ogni conflitto che coinvolge l’Occidente sia usare il massimo delle proprie risorse militari per neutralizzare il nemico?

Beh, se così fosse sarebbe alquanto pretenzioso, in quanto i nemici non sono proprio paeselli arretrati come poteva essere il Vietnam comunista degli anni Cinquanta, bensì due vere e proprie superpotenze; una - la Russia - nucleare, che si sviluppa su un territorio immenso - il più esteso al mondo -, e l’altra - l’Iran - che conta alleati in tutto il mondo arabo e detta regole e condizioni in Medio Oriente. Macron, dal canto suo, non ha mai escluso l’invio di truppe francesi in Ucraina per aiutare l’esercito di Zelensky. Ciò potrebbe portare a uno scontro diretto tra la NATO e la Russia, e di conseguenza allo scoppio della terza guerra mondiale.

Notre-Dame ha dato inizio a un nuovo capitolo, proprio come all’epoca di Napoleone. Capitolo che, come è sempre accaduto, è in mano a coloro che sono chiamati a governare, e che devono essere saggi, lungimiranti, prudenti, cercando la pace con gli accordi, e non con le bombe. La chiesa al centro del capolavoro letterario del grande autore francese Victor Hugo - Notre-Dame de Paris - è in stile gotico, ideato in Francia nel XII secolo dall’abate Sugerio di Saint-Denis - detto Suger - durante la ricostruzione dell’Abbazia reale di Saint-Denis nell’Ile-de-France, a lui affidata. La formula di Suger era la cosiddetta estetica della luce, che sviluppò partendo dai testi neoplatonici dell’epoca come il De coelesti hierarchia- Sulla gerarchia celeste - dello Pseudo-Dionigi l’Aeropagita. Il testo dice che Dio è luce, e che l’uomo può elevarsi verso la sua essenza tramite le luci fisiche, che rispecchiano quelle supreme. A tale scopo utilizzò oro e gemme, che resero l’abbazia luminosa.

Notre-Dame è simbolo di luce, quella luce che in Ucraina scarseggia poiché l’esercito nemico colpisce le infrastrutture energetiche, lasciando al buio la popolazione. E’ anche simbolo di purezza, essendo il luogo in cui si manifesta lo spirito divino, e qualunque sia l’idea che ciascuno di noi ha di dio, non si può non concepire come un essere puro e immacolato. L’obiettivo principale dei leader di oggi dev’essere la cessazione dei conflitti, per far sì che i civili tornino a vivere dignitosamente - fondamentale è il ripristino di tutte le utenze -, che finisca la conta dei soldati deceduti, e che il mondo torni a elevarsi verso il Bene.

Che Notre-Dame, con la sua bellezza e il suo messaggio originario, ci porti sulla buona strada.

 

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