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Omaggio mugellano a Monsignor Della Casa

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Omaggio mugellano a Monsignor Della Casa Omaggio mugellano a Monsignor Della Casa © n.c.
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Mucciano: ridente località tra l’abitato di Panicaglia e Borgo San Lorenzo. Ville altere ed imponenti, disseminate fra i declivi naturali, ne impreziosiscono il panorama. A livello paesaggistico, in questo angolo di Mugello non credo sia mutato molto da quel lontano 28 luglio 1503, quando in questi ameni luoghi vide la luce Giovanni della Casa. A titolo di cronaca, c’è da segnalare che al giorno d’oggi parte della storiografia è scettica sull’origine mugellana di questo personaggio; lo si crede nativo di Firenze, dove in Via Larga - odierna Via Cavour - suo padre possedeva una casa. Ma a noi piace ritenerlo ancora nativo delle pianure di questa porzione di territorio tra l’Appennino e la Sieve, anche perché lo stemma della sua famiglia: “ D’argento, all’albero di ulivo verde cresciuto su un monte di sei cime dello stesso colore”, ci dà una immagine dei nostri poggi. Non è mia intenzione annoiare il lettore con una disquisizione storica su Giovanni della Casa, ma il mio intento è quello di sottolineare “a grandissime linee” un altro tra i grandi che vissero nel Mugello di ieri e che purtroppo dai mugellani di oggi sono puntualmente dimenticati. Mi limiterò a segnalare che Giovanni della Casa discendeva con ogni probabilità da una famiglia oriunda da Pulicciano, i Ciai, che dal Quattrocento si costruirono un elegante Palagio nei pressi della pieve di San Giovanni Maggiore. Giovanni appena raggiunta l’età della ragione, venne mandato a studiare presso importanti maestri che trasmisero al precoce discepolo il loro sapere oltre ad una precisa metodologia  di lavoro. La serietà di questo fanciullo - pur avendo una vita aperta alla mondanità - fu encomiabile, tanto che ben presto decise, spinto dai consigli di influenti prelati, di farsi sacerdote. Divenne ben presto Arcivescovo a Benevento, fino a diventare Nunzio Apostolico a Venezia. In quella città, tra i canali così diversi dalla campagna toscana che lo vide bambino, si costituì un cenacolo culturale nel quale tra artisti ed intellettuali poté affinare i suoi studi e le sue velleità letterarie. Monsignor Della Casa si fece apprezzare nella Serenissima per la sua intelligenza, la sua cultura e la sua intransigenza contro la riforma protestante. Data la sua amicizia ed il suo aiuto offerto ad uno “scapestrato” di casa Medici, Lorenzino ( di cui in questa sede, per ovvi motivi di spazio, non posso narrare le gesta ), gli vennero mosse delle accuse, che il sacerdote mugellano interpretò come un pericolo, convincendolo a cambiare aria. Abbandonò così la laguna veneta e si trasferì in una piccola località del trevigiano. Nella nuova residenza, Giovanni della Casa scrisse un piccolo trattato, che di lì a poco sarebbe diventato un libro fondamentale, ricercato e conservato in ogni famiglia che si rispetti. Un libello di poche pagine, su cui si sono basate decine di generazioni di uomini e donne per raggiungere un apprezzabile livello di educazione. Il famoso Galateo, o meglio Galateo Ovvero de’ Costumi, così chiamato perché dedicato da Monsignor Della Casa a Galeazzo Florimonte, Vescovo di Sessa Aurunca. Questo trattato è un insieme di regole e consigli che il prelato dà a tutti quelli che cercano una vita serena e rispettosa del prossimo; nei suoi trenta capitoli, il Galateo ci insegna quali siano le norme comportamentali fondanti di una giusta armonia tra  diverse persone. Quest’opera, pubblicata postuma alla morte del Della Casa, ha avuto nei secoli una inaspettata fortuna - molto probabilmente neanche il Monsignor Giovanni se l’aspettava - e addirittura il suo titolo è diventato sinonimo di buona educazione. Giovanni Della Casa si spense a Roma, dove era stato nominato Segretario di Stato del Papa, nel 1556. Restano di lui, tra le varie opere, oltre al celebre Galateo, delle Rime e Prose, anch’esse molto importanti e fonte d’ispirazione per generazioni di letterati

 

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