
Paolo Cocchi è innocente e il fatto non sussiste. Sono arrivate le motivazioni della sentenza in primo grado con la quale lo scorso marzo l’ex assessore al turismo della Regione Toscana è stato assolto dall’accusa di corruzione. Scrivono i giudici: «Deve escludersi che possa aver svolto un’influenza diretta per agevolare alcuni imprenditori in forza della carica politica, essendo all’epoca dei fatti contestati alle dipendenze della Regione e non del Comune». L’inchiesta ruotava attorno all’urbanistica di Barberino, e nelle indagini era finito anche l’imprenditore Danilo Cianti. L’attività di Cocchi, però, è da ritenersi – per la Corte - una semplice richiesta di informazioni effettuata sfruttando le proprie conoscenze. Infatti, prosegue la sentenza, «manca la prova» che il suo interessamento abbia effettivamente condizionato le decisioni dell’amministrazione comunale. Per l’accusa, tra il 2005 e il 2010, alcuni privati avrebbero goduto di agevolazioni da parte di politici e amministratori in cambio di contributi in campagna elettorale, vacanze pagate e anche un appartamento da 250 mila euro. Ma la trama ricostruita dai pm non ha retto, aprendo la strada l’assoluzione: anche per la moglie di Cocchi, Barbara Bardazzi, e il figlio dell’imprenditore, Simone Cianti, entrambi accusati di aver concorso ai reati. Per la questione della casa e dei finanziamenti elettorali, è intervenuta invece la prescrizione. Da applicare anche sui reati contestati agli altri imputati: Paolo Pinarelli, Gian Piero Luchi, Alberto Lotti, Luca Luchi. Pinarelli, però, è stato condannato a 1 anno e due mesi, oltre al pagamento delle spese processuali, per falso in atto pubblico
Mario
QUESTE INDAGINI CIALTRONESCHE CHE SFOCIANO SEMPRE IN PRESCRIZIONI DI BERLUSCONIANA MEMORIA.