Solstizio d'estate, riti magici e antiche tradizioni © n.c.
Quest’anno, il Solstizio d’Estate avverrà il venti giugno. Astronomicamente parlando, questo periodo è un momento molto importante - come d’altronde lo era, nei tempi addietro - dal punto di vista popolare: l’inizio di una nuova stagione non è mai stato sottovalutato, soprattutto se si entrava in quella “buona”…... e dopo aver “Cantato Maggio” con il suo fiorire, si pensava e sperava di raccoglierne i frutti.
Inutile spiegare cosa si festeggi il ventiquattro giugno; infatti San Giovanni, oltre ad essere ricordato a suon di fuochi d’artificio sulle sponde dell’Arno, è anche il santo patrono di qualche paese in Mugello e di numerose chiese e Pievi a lui intitolate. Certo, nel tempo passato c’erano le varie offerte di “Ceri” ad opera dei popoli del contado al santo protettore di Firenze, manifestazioni di amor sacro e profano oltre che di sudditanza al potere temporale in città.
Dopo questa breve digressione folcloristico-religiosa, vorrei soffermarmi su un aspetto che, sebbene decisamente più pagano, fa parte di una sfera di tradizioni antichissime in uso nelle nostre campagne fino a non molti anni passati.
Nella notte di San Giovanni numerosissimi erano i gesti propiziatori e di buon auspicio perpetuati dal mondo contadino: riti magici e scaramantici si intrecciavano nell’arco delle ventiquattr’ore di quella giornata.
Per fare un esempio, era usanza andarsi a distendere e bagnarsi per i campi, dove si diceva essere miracolosa la “guazza” che avrebbe preservato da malattie ed acciacchi nel futuro inverno.
Ma ben più curioso era il rito effettuato dalle ragazze in cerca di marito. In antico, le trasmissioni del livello di “Uomini e Donne”o gli“ incontri online” non esistevano e, passata una certa età, per le donne non era più tanto facile - vista la poca mobilità - trovare velocemente un pretendente.
Le mamme, disperate ancor più delle loro angosciate figlie, proponevano allora un rimedio naturale. Dopo aver riempito un recipiente d’acqua, assieme alla sfortunata, ancora senza fidanzato, si mettevano alla finestra e dopo aver fuso del piombo o, ancor più semplicemente, gettando delle gocce d’olio nella suddetta ciotola, interpretavano le diverse configurazioni che queste avrebbero assunto al contatto con il liquido. Le forme venivano associate ai vari strumenti utili all’uomo nella vita lavorativa, così da dedurne un mestiere. I risvolti potevano essere a dir poco sbalorditivi.....: una sagoma simile ad un’ascia veniva riferita ad un falegname o boscaiolo, un martello ad un muratore, una spada ad un soldato, un libro ad un avvocato e così via. Ci potevano essere anche gli errori di percorso - come per esempio una croce, abbinata come battuta da un fratello impertinente ad un becchino - ma queste cose non venivano prese in considerazione. Dopo aver saputo il lavoro che avrebbe fatto il futuro sposo, le ragazze felici e contente tornavano a finire il corredo, convinte che entro dodici mesi qualcuno avrebbe bussato alla porta chiedendo la loro mano.
Non mi è dato sapere quante volte la bacinella d’acqua interrogata dalle gocce abbia detto la verità e tantomeno quante donne abbiano preso marito per quella suggestione indotta dal rito di San Giovanni, ma di una cosa si può star certi…...dopo quella giornata, tante fanciulle si addormentavano convinte di essere desiderate da qualcuno.
di Pier Tommaso Messeri


