Una foto di scena © Massimiliano Miniati
Quando si dedica uno spettacolo ad un personaggio importate il rischio è spesso quello di cadere nell'imitazione, per fortuna non è accaduto. Nicola Lotto in "Vorrei essere libero, le parole nuove di Giorgo Gaber" andato in scena al Corsini di Barberino non imita Gaber, lo racconta e lo fa con la sensibilità ed il rispetto che un'artista che ha fatto la differenza, si merita. Il pubblico lo segue quasi come se fosse una lezione, da quella "Com'è bella la città" che ha aperto lo spettacolo a "Si può" con la quale lo ha concluso tra gli applausi.
In mezzo, il periodo di passaggio dal personaggio televisivo a quello quasi esclusivamente teatrale supportato da video di repertorio veramente molto belli. In scena uno sgabello, due piantane ed un vecchio televisore, naturalmente i video proiettati sullo sfondo e lui, Nicola Lotto, che con la sua chitarra ha cantato e raccontato, in un'ora e mezza, la storia del Signor G.
Quel Gaber che decise di abbandonare la tv e le canzonette perchè a differenza di molti suoi colleghi non voleva "Fare cassa" voleva fare quello che gli interessava senza le censure della televisione, rimanendo fedele ad un pensiero che poi lo ha reso uno dei personaggi italiani più forti (artisticamente) degli ultimi cento anni.
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Poco importa se, come si vede in un video dove vengono intervistati dei giovanissimi, nessuno di loro sa chi era Gaber, Il Signor G. è stato per generazioni il simbolo della canzone intellettuale, politica, irriverente, l'artista che ha preferito un pubblico di "Nicchia" piuttosto che continuare con una popolarità che gli andava stretta.
Ci sono gli amici-colleghi-compagni Guccini, Paoli, Tenco (del quale canta Ciao amore ciao), racconta della nascita della coppia artistica Gaber-Luporini e delle loro nottate a scrivere e discutere, in uno show perfetto che dovrebbero vedere soprattutto quei ragazzi del video, anche solo per capire che, se oggi ci sono artisti che possono tranquillamente esprimersi, un pò del merito va a personaggi come Gaber.


