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Tartufi, Confagricoltura Toscana contesta la nuova legge regionale.

Il presidente Neri: “Non considerarlo prodotto agricolo provocherà disagi e pericoli di sicurezza”

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Tartufo Tartufo © nn
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“E' una legge che non è stata concertata con le organizzazioni agricole, penalizza gli istituti privati e le attività faunistico venatorie e ha il paradosso di non considerare  il tartufo un prodotto agricolo”. Confagricoltura Toscana critica la nuova legge regionale toscana (36/2023) in materia di cerca, raccolta e coltivazione del tartufo e di valorizzazione del patrimonio tartuficolo toscano, approvata a fine luglio dal Consiglio regionale con 22 voti favorevoli (Pd), il no di Italia Viva e l’astensione di Lega e Fratelli d’Italia, e pubblicata il 2 agosto.

“E' gravissimo che il Consiglio regionale non abbia coinvolto le organizzazioni agricole, così come abbiamo fatto notare in una lettera inviata insieme a Cia al presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, al presidente del Consiglio Regionale Antonio Mazzeo, alla presidente della II Commissione Ilaria Bugetti, e alla vicepresidente della Regione Toscana Stefania Saccardi. Chiediamo con urgenza un tavolo di confronto sul regolamento attuativo” afferma Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana. Confagricoltura Toscana e Cia avevano chiesto un incontro che non è stato concesso.

Tra i punti contestati della legge c'è il paradosso di non considerare il tartufo un prodotto agricolo. “Durante l’illustrazione in Aula la presidente della commissione Sviluppo economico e rurale Ilaria Bugetti ha dichiarato che 'il tartufo è un prodotto spontaneo e non è ritenuto un prodotto agricolo, altrimenti il nostro approccio sarebbe stato diverso'. Un'affermazione in contrasto con la realtà e anche con il Piano di Sviluppo Rurale della Toscana, che nelle misure a sostegno agli investimenti relativi miglioramento della redditività e della competitività delle aziende agricole, contempla interventi specifici a favore delle tartufaie coltivate” continua Neri.

Questo paradosso però avrà delle ripercussioni. “Causerà gravi disagi ai proprietari o conduttori di istituti privati e alle attività faunistico venatorie, che operano in un contesto ambientale fragile essendo istituti dediti alla valorizzazione della selvaggina e delle attività di caccia, difficilmente coniugabili con attività di cerca libera, con più cani. Inoltre occorre definire con puntualità le norme di accesso nelle aziende faunistico venatorie e aziende agrituristico venatorie nei periodi di caccia, al fine di evitare danni alle persone di cui non si conosce la presenza all'interno della proprietà. E avrà conseguenze anche sulla sicurezza: la presenza di tartufai a cerca aumenterà il rischio di incidenti. Senza considerare che la presenza di persone nei boschi disturba la fauna, anche quella immessa a fini venatori”  conclude.

Nella legge, secondo Confagricoltura, andrebbero distinte le attività imprenditoriali da quelle ludiche, la coltivazione dalla nascita spontanea, dando maggiori tutele ai coltivatori e agli imprenditori, piuttosto che ai cercatori. 

 

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