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Uffizi si arricchiscono. Nuove collezioni e capolavori presentati il 31 luglio 2024

Doppia inaugurazione di nuovi spazi (maestri fiamminghi e marmi antichi) e presentazione dell’ingresso in collezione di un capolavoro della pittura.

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Il direttore delle Gallerie Simone Verde e il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano Il direttore delle Gallerie Simone Verde e il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano © Gallerie degli Uffizi
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Riallestimento del museo, ricomposizione delle collezioni, recupero dei più celebri spazi storici, acquisizioni di capolavori per rendere sempre più completa e prestigiosa la collezione degli Uffizi: sono le prime linee guida della nuova direzione delle Gallerie impressa da Simone Verde.
A testimoniarlo, il 31 luglio – alla presenza del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano – è una doppia inaugurazione: di nuovi spazi e la presentazione di un importante acquisto, realizzato dal direttore Simone Verde alla grande fiera antiquaria di Maastricht, il Tefaf.
Dunque, dal 31 luglio diventano visitabili al secondo piano le nuove sale dedicate alla pittura fiamminga del Quattro e Cinquecento, con capolavori di maestri quali Dürer, Cranach, Memling, Froment, e il Gabinetto dei Marmi, fedele ricostruzione di un celebre ambiente dedicato alla collezione medicea di sculture e rilievi romani, reso unico dai rilievi antichi incastonati nelle pareti. Lo stesso giorno verrà illustrata la nuova acquisizione, destinata a diventar protagonista nelle sale dedicate alla pittura del Settecento: Lo sposalizio mistico di Santa Caterina, grande olio su tela del maestro francese Pierre Subleyras.

Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano: “L'articolo 9 della Costituzione ci impone di tutelare, ma soprattutto di valorizzare il patrimonio culturale dell'Italia e tutti i nostri sforzi vanno in questa direzione. Da una parte, stiamo cercando di rendere i musei italiani più fruibili, aumentando le occasioni di visita e favorendo la modernizzazione; dall'altra, stiamo lavorando sul miglioramento dell'offerta per aggiungere ulteriore valore a luoghi che hanno già un enorme valore storico e che rappresentano la geografia identitaria della Nazione. Le inaugurazioni di oggi e l'ingresso di un nuovo capolavoro nella prestigiosa collezione degli Uffizi dimostrano che grazie alle idee e all'impegno è possibile rendere ancora più prezioso un gioiello che tutto il mondo ci invidia.
La scelta del titolo Futuro nell’antico è quantomai opportuna. Riassume il riconoscimento del valore della storia, della tradizione e dell’identità. È guardando al nostro nobile passato che si costruisce il futuro. Attraverso iniziative come quella di oggi conseguiamo un nuovo obiettivo nel processo che punta ad elevare l’offerta e la qualità dei musei italiani. In quasi due anni abbiamo aperto nuovi musei, ne abbiamo ristrutturato e rilanciato altri, incrementato le collezioni. I numeri ci danno ragione: nel 2023 sono cresciuti sia i visitatori, circa il 22 per cento, e gli incassi di circa il 33 per cento. Oggi imprimiamo anche un’accelerazione al progetto Mundi, Museo Nazionale della lingua italiana”.


Il direttore degli Uffizi Simone Verde: “Oggi si concretizzano i primi tre capitoli dell'annunciata ricomposizione del patrimonio degli Uffizi : la restituzione al pubblico della pittura fiamminga, laddove venne collocata in epoca lorenese, il monumentale gabinetto dei marmi antichi, così come appariva ai visitatori nell'Ottocento; infine, l'acquisizione del grande dipinto del maestro francese della pittura settecentesca Pierre Subleyras a colmare una lacuna nel percorso storico pittorico della Galleria, per come era stata pensata da Luigi Lanzi. Con questa operazione prende avvio il grande ritorno al futuro degli Uffizi: le radici ben salde nella storia del primo grande museo occidentale, modello universale , ma oggi con la testa dinamicamente proiettata in avanti a confermarsi nel ruolo di laboratorio della museologia globale.

ALLA GALLERIA DEGLI UFFIZI ‘RISORGE’ LA SALA DEI MARMI ANTICHI
Vero e proprio spazio identitario del museo, accolse nell’Ottocento alcune delle più celebri sculture della collezione granducale ed i rilievi romani incastonati nelle pareti che la rendevano unica: ricostruita come un tempo, torna oggi visibile a tutti

Dopo 200 anni ‘risorge’ e torna visibile a tutti, ricostruito nella sua forma originale, uno dei più celebri spazi della Galleria degli Uffizi dedicati all’antichità classica: il Gabinetto dei marmi, contenente una selezione delle più importanti sculture romane della collezione medicea e reso unico dalla serie di rilievi incastonati nelle sue pareti. Il riallestimento attuale vuole restituire il fascino che la sala presentava al momento della sua inaugurazione e la serie dei dodici rilievi che la connotava è stata quindi posizionata nella sua collocazione originale, ricomponendo con precisione il fregio marmoreo che rendeva unico e inconfondibile questo spazio antiquario e museale.

Tra le varie opere esposte figurano capolavori come i due rilievi con le vendite di cuscini e di tele provenienti da una tomba dell’Esquilino di età flavia, la figura di pastore seduto, in origine parte di un ninfeo monumentale di prima età imperiale, o l’accurata riproduzione del tempio di Vesta fiancheggiato dal fico ruminale. Magnetica poi la raffigurazione di Zeus Ammone, divinità sincretistica di età ellenistico romana, che costituiva parte della decorazione scultorea del Foro di Augusto a Roma e che viene ora restituita alla visibilità del pubblico dopo un lungo periodo di permanenza nei depositi.
Pareti a parte, il gabinetto dei marmi era, e torna ad essere oggi, un vero e proprio tesoro di antichità, come i nove marmi disposti lungo il perimetro della sala. Si tratta di opere che, per lungo tempo, hanno costituito parte integrante dell’allestimento storico di questo ambiente, come lo splendido torso in basalto verde dello Wadi Hammamat, forse la migliore replica del Doriforo di Policleto giunta fino ad oggi, o lo Spinario, una delle sette copie note di questo singolare tipo scultoreo tardo ellenistico, la cui più celebre replica è oggi conservata ai Musei Capitolini, a Roma.

Lo spazio accoglie inoltre alcune sculture da molto tempo non esposte: tra queste la statuetta raffigurante Menandro seduto, una delle sole tre copie note di questo modello iconografico elaborato ad Atene nel III secolo a.C. e il gruppo di Ermafrodito e Pan, vivace composizione di epoca proto imperiale probabilmente creata per la decorazione di un giardino.

LA STORIA DELLA SALA
Fino al 1825, nel luogo nel quale oggi si trova il gabinetto dei marmi, si apriva un’ampia terrazza realizzata nel 1658, sotto il regno di Ferdinando II. L’esigenza di disporre di sempre nuovi spazi espositivi, resasi particolarmente pressante agli inizi del XIX secolo in seguito all’acquisto della grande collezione di antichità egizie del Cancelliere Nizzoli, portò alla decisione di coprire la superficie del terrazzo in modo da ottenere un significativo ampliamento del percorso museale. Il vasto ambiente così ottenuto fu a sua volta diviso in due “gabinetti”, uno dedicato alle antichità egizie e uno interamente consacrato alla scultura classica, che aveva al suo centro la celeberrima statua dell’Ermafrodito dormiente. Illuminata a giorno da un ampio lucernario, secondo i più moderni criteri museologici dell’epoca, la nuova sala, infatti, si prestava perfettamente ad ospitare al suo interno una selezione dei più importanti e famosi marmi presenti agli Uffizi.

Particolare risalto fu dato alla serie di dodici rilievi, quasi tutti di epoca romana, sistemati nella parte alta delle quattro pareti, a coronamento della serie di busti e sculture a figura intera disposti lungo il perimetro. Questa spettacolare sistemazione, testimoniata dalle foto Alinari ancora negli anni Ottanta del XIX secolo, fu radicalmente modificata agli inizi del Novecento, per poi essere definitivamente cancellata alla metà del secolo scorso.

Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Simone Verde: “Il riallestimento di questo spazio così iconico per la storia degli Uffizi riprende la concezione spaziale del museo impostata nel Settecento dal grande storico dell’arte e vie Luigi Lanzi: un percorso pittorico imperniato sulla centralità delle arti del Rinascimento le quali, se erano esposte nei lunghi corridoi, a loro volta erano scandite da gabinetti laterali, ovvero da sale ‘tangenti’ l’itinerario stesso, che accoglievano reliquie del mondo antico a testimonianza dei modelli artistici e culturali che avevano portato alla rinascita del classicismo nell’estetica rinascimentale. In questa logica, il gabinetto più importante era senza dubbio proprio quello che re-inauguriamo oggi: oltre che per la bellezza delle sculture e dei marmi accolti (prova irrefutabile del gusto e dell’ampiezza della collezione medicea di antichità), soprattutto per il recupero dei modelli e degli ideali della classicità in esso rappresentati nella forma più vasta e aulica accessibile all’antiquaria europea”.

Il curatore delle Antichità Classica delle Gallerie degli Uffizi Fabrizio Paolucci: “Il nuovo allestimento della sala dei rilievi segna la restituzione di un prestigioso ambiente del piano nobile ai suoi antichi proprietari: le sculture classiche della collezione granducale. Questo spazio, creato nel 1825 per ospitare esclusivamente marmi antichi, torna oggi ad essere popolato da una raffinata selezione di rilievi, busti e sculture a figura intera, di cui fanno parte capolavori assoluti come il torso del Doriforo in basalto o i rilievi con le scene di vendita di cuscini e stoffe. Anche la loro sistemazione segue, in parte riproducendola puntualmente, l’originaria disposizione, restituendo al visitatore il fascino e l’atmosfera degli anni in cui gli Uffizi erano noti in tutta Europa come la ‘Galleria delle Statue’ per antonomasia”.

GALLERIA DEGLI UFFIZI, ECCO LE NUOVE SALE DEI FIAMMINGHI, CON I CAPOLAVORI DEI MAESTRI DEL RINASCIMENTO NORDEUROPEO
Una selezione di trentuno dipinti, allestita in tre ambienti affrescati nel primo corridoio del museo raccontano l’arte “quasi fotografica” dei pittori belgi, olandesi e tedeschi del Quattro e Cinquecento: tra questi, Dürer, Cranach, Memling, Froment e Van Der Wyeden

Galleria degli Uffizi, aprono al pubblico nuove sale dedicate alla pittura fiamminga e tedesca del Quattro e Cinquecento, con capolavori di Albrecht Dürer, Cranach, Hans Memling, Nicolas Froment e Rogier Van Der Wyeden.

Si tratta della sequenza di tre ambienti (impreziositi da soffitti decorati con affreschi di fine Cinquecento), collocati nel primo corridoio del secondo piano fra la Tribuna del Buontalenti e il Gabinetto delle Miniature. Interamente riallestiti, accolgono ora una selezione di 31 dipinti di scuola nordeuropea. Questo nucleo pittorico, tra i più importanti d’Europa, fu riunito nelle sale di levante nei primi decenni dello scorso secolo da Roberto Salvini, direttore degli Uffizi nel secondo dopoguerra, cui spetta il merito di averlo posto in dialogo con i maestri della scuola italiana, rendendo evidenti suggestioni e reciproche influenze secondo un approccio che allora venne definito “internazionalista” e che ora si direbbe “globale” alla storia dell’arte. L'allestimento odierno intende riproporre tale connessione e illustrare le modalità espressive della cultura rinascimentale nell'Europa del nord - Fiandre, Olanda, Germania, a confronto con le opere del Quattrocento fiorentino.

La pittura toscana del Rinascimento, mediante il dialogo con l’arte dei Paesi Bassi alimentato dal collezionismo cosmopolita dei Medici, ricevette dai pittori del Nord suggestioni di fondamentale importanza. Questa pittura rara, dacché d’importazione, era innanzitutto il prodotto di una abilità tecnica – quella della pittura a olio – poco diffusa nella penisola la quale riusciva, seguendo una strada del tutto alternativa a quella della prospettiva lineare, a fingere con l’uso della trasparenza grassa del colore una tridimensionalità luminosa e metafisica, del tutto coerente con l’impianto aristotelico della cultura estetica fiamminga. I pittori del Nord, poi, sfoggiavano una abilità nella riproduzione minuziosa del dato naturale riproposto in punta di pennello e considerata al tempo talmente prodigiosa da rendere il loro lavoro quasi antesignano della fotografia. Da qui, in Italia e a Firenze, la volontà di acquistare opere di artisti fiamminghi e di ospitarli nelle corti delle varie città.

L’abilità tecnica esibita nella ritrattistica fu quella che più impressionò i fiorentini, già notevolmente impegnati in questo genere, e perciò fra le opere esposte nelle sale riallestite i ritratti la fanno, per così dire, da padroni: lo rendono evidente non solo i numerosi dipinti di questo tipo magistralmente eseguiti da Hans Memling, tra i quali Ritratto di uomo con lettera (probabilmente un membro della nazione italiana a Bruges), ma anche quelli più reali che ideali dedicati agli Apostoli e alla Madonna da Albrecht Dürer, e i celeberrimi volti di Martin Lutero e della moglie Caterina Bora e, di nuovo, di Lutero e dell’amico Filppo Melantone, tutti realizzati da Lucas Cranach il Vecchio.

Oltre alla ritrattistica un esempio significativo dell’attenzione dei Medici verso le Fiandre è costituito dal Compianto sul Cristo morto, identificato come la tavola che l’inventario dei beni di Lorenzo il Magnifico del 1492 indica come proveniente dall’altare della Villa Medicea di Careggi. Il dipinto, su legno di quercia, fu commissionato a Rogier van der Weyden che molti scrittori del tempo consideravano come il più grande pittore fiammingo. Spettacolare, poi, il Trittico di Nicolas Froment, che, dopo molti anni di assenza dalla Galleria, ritrova la sua centralità in queste sale: i suoi tre grandi sportelli raffigurano, con dovizia di particolari e colori scintillanti, momenti della vita di Gesù, in particolare l’episodio della Resurrezione di Lazzaro. Da segnalare, infine, l’intensità del dialogo in sala tra due coppie di Adamo ed Eva di grandi dimensioni: quella realizzata da Cranach e quella di Hans Baldung Grien (presumibilmente una copia dallo stesso Dürer).

Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Simone Verde: “La restituzione al pubblico della collezione dei pittori fiamminghi delle Gallerie degli Uffizi è un evento molto atteso. La ragione è evidente: si tratta della maggiore raccolta del genere in Italia, ricca di celebrati capolavori. Il nostro è dunque un riallestimento strategico che permette anche di ricordare la figura di un grande direttore delle Gallerie, Roberto Salvini, che per primo vide la storia dell'arte in termini che oggi chiameremmo globali. Fu proprio attraverso l’esposizione dei fiamminghi, infatti, che Salvini volle sottolineare i rapporti artistici e culturali di Firenze con l'Europa del Nord, restituendo alla nostra storia tutta la sua complessità e connettendo in un tessuto più ampio la ricchezza di questa città quale capitale finanziaria e culturale nel Rinascimento”.

La curatrice della Pittura del Quattrocento delle Gallerie degli Uffizi Daniela Parenti: “Gli straordinari ritrattisti dell'area fiamminga introducono un'attenzione per la raffigurazione del dato reale, arricchita da elementi di introspezione psicologica, che ebbe un grande apprezzamento a Firenze; al punto da influenzare tutta la pittura non solo fiorentina, ma anche toscana e in generale italiana”.

ENTRA IN COLLEZIONE AGLI UFFIZI UN GRANDE CAPOLAVORO DEL SETTECENTO FRANCESE: LO ‘SPOSALIZIO MISTICO’ DI PIERRE SUBLEYRAS
L’importante acquisizione effettuata all’evento internazionale Tefaf di Maastricht dal direttore del museo Simone Verde: “Opera di primaria importanza per la pittura del tempo, sarà protagonista in Galleria”

Pierre Subleyras (Saint – Gilles-du-Gard 1699 – Roma 1749)
Sposalizio mistico di Santa Caterina de’ Ricci
1746
Olio su tela
cm 75 x 250

Un maestoso capolavoro dell’arte francese del Settecento è pronto ad entrare da protagonista nella collezione degli Uffizi: si tratta della grande tela Lo Sposalizio mistico di santa Caterina de’ Ricci firmato di pugno dal celebre pittore occitano Pierre Subleyras e datato 1746. Il dipinto, al quale gli storici attribuiscono notevole importanza per qualità, prestigio della committenza e storia collezionistica, è stato acquistato dal direttore del museo Simone Verde alla fiera internazionale Tefaf a Maastricht del febbraio 2024; arrivato a Firenze, verrà ora restaurato e quindi esposto, in posizione di rilievo, negli spazi dedicati dalla Galleria alla pittura del XVIII secolo.
Nel 1763 la tela, eseguita in occasione della canonizzazione di Santa Caterina de’ Ricci, si trovava presso la collezione di Girolamo Colonna di Sciarra, successivamente in quella di Lorenzo Onofrio Colonna, poi in quella di Filippo III Colonna, e, tra il 1812 e il 1935, entrava nella raccolta Barberini nell’omonimo palazzo romano. Quello stesso anno il dipinto veniva venduto all’asta e acquistato dal marchese Sacchetti, dal quale poi è arrivato per eredità fino agli attuali proprietari.
Come era d’uso, gli ordini religiosi offrivano al Papa opere che celebravano la figura dei personaggi in procinto di assurgere alla santità, ma la scelta del soggetto e dell’artista era riservata al Pontefice. In questo caso Benedetto XIV Lambertini scelse Subleyras, pittore che a Roma stava ottenendo grande successo. A lui il papa bolognese aveva affidato il suo ritratto, del 1746, conservato oggi al Metropolitan di New York. Il purismo di Subleyras, la monumentalità delle figure dagli incarnati bianchi come marmo ancora di gusto rocaille è già proiettata verso l’affermazione del Neoclassicismo, in linea con la modernità. Nello Sposalizio alla scena sacra è conferita solennità ma al contempo grande compostezza. Lo stile è debitore del classicismo di Poussin e della sua interpretazione dei modelli romani del periodo barocco; il riferimento ai maestri del classicismo seicentesco, è impreziosito dalla delicatezza dei colori aerei tipici del Settecento. Il movimento, intorno alla scena del matrimonio mistico è conferito da un brulicare di putti e teste di cherubini in cui il pittore si esercita in virtuosismi su elementi di natura morta quali il candido ramo di giglio o la composizione di fiori sorretta dal putto alato raffigurato di profilo.
Subleyras si distinse come pittore di storie e di ritratti, ma tra i suoi massimi capolavori va ricordato uno dei più bei nudi della storia dell’arte, il Nudo di donna conservato nella Galleria Barberini di Roma (1740 ca.). Il pittore francese, poi morto a Roma, si formò con il padre (anch’egli pittore) e andò a Parigi nel 1726 dove vinse nel 1728 la borsa di studio del prix de Rome, come pensionnaire dell'Accademia di Francia a Roma. Nel 1736 sposò Maria Felice Tibaldi, miniatrice che spesso riprodusse in piccolo le opere del marito; nel 1748 il Cardinale Silvio Valenti Gonzaga presentò l'artista a Papa Benedetto XIV per il quale realizzò il suo ritratto ma anche la Messa di San Basilio per San Pietro in Vaticano (oggi a Santa Maria degli Angeli). Nello stesso periodo dipinse per la chiesa degli Olivetani di Perugia il Miracolo di San Benedetto (Roma, Santa Francesca Romana) e Sant’Ambrogio e Teodosio (Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria).

Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Simone Verde: “Lo Sposalizio è un’opera di primaria importanza per l’arte del Settecento, sarà un vero e nuovo protagonista nelle sale del museo dedicate al XVIII secolo. Oltre a presentarsi come un lavoro di raffinatissima estetica e compostezza esecutiva, ha la caratteristica di esprimere nel più significativo dei modi il gusto del circolo di nobili e intellettuali che gravitavano alla metà del Settecento attorno alla Curia Romana. Si tratta di un vero e proprio capolavoro, la cui qualità è raro incontrare ancora sul mercato, che verrà ad arricchire le collezioni del XVIII secolo degli Uffizi, colmando una notevole lacuna e rappresentando un ulteriore tassello per il completamento di quella galleria delle storia pittorica d’Italia perseguita a suo tempo da Luigi Lanzi e il cui completamento costituisce ancora oggi una missione esistenziale del museo, vista la sua centralità collezionistica a livello nazionale e internazionale”.

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