WhatsApp al lavoro: gli ordini ricevuti non hanno valore legale, niente sanzioni se li ignori - okmugello.it © N. c.
Nel caso di disposizioni inviate tramite messaggi informali, come quelli su WhatsApp, il docente non ha alcun obbligo di esecuzione. Ecco perché non è prevista alcuna sanzione disciplinare.
Quando un collaboratore del dirigente scolastico invia un ordine di servizio tramite WhatsApp, magari modificando l’orario e chiedendo al docente di accompagnare una classe fuori sede, si entra in un’area grigia che, dal punto di vista normativo, è tutt’altro che legittima. Il caso sollevato da una docente, che dichiara di non voler seguire l’ordine ricevuto via messaggio, apre una questione fondamentale: quali sono i canali validi per impartire ordini ufficiali e quali sono i diritti del docente se decide di non eseguire disposizioni inviate in modo informale?
Ordini di servizio: solo quelli protocollati sono obbligatori
Nel nostro ordinamento scolastico, un ordine di servizio rivolto a un insegnante – come il cambiamento dell’orario, la partecipazione a un’uscita o il recupero di ore – deve essere ufficiale, tracciabile e documentato. Questo significa che deve passare da un canale istituzionale, con numero di protocollo e firma del dirigente scolastico o di un suo delegato formalmente riconosciuto.
L’invio di istruzioni operative tramite WhatsApp, anche se frequente nella pratica quotidiana delle scuole, non ha alcuna validità formale. Il docente, dal punto di vista giuridico, non è tenuto ad accettare né a dare seguito a simili comunicazioni. WhatsApp, in quanto canale privato e non istituzionale, non è previsto tra gli strumenti ufficiali per la gestione dei rapporti tra pubblica amministrazione e dipendenti.

Il docente non ha alcun obbligo di consultare WhatsApp per ricevere disposizioni e, anzi, ha pieno diritto a pretendere comunicazioni ufficiali tramite registro elettronico, posta istituzionale o nota protocollata. Questo diritto è ancora più rilevante se, come nel caso esposto, il rapporto personale tra il docente e il collaboratore del dirigente non è sereno, aumentando il rischio di fraintendimenti o abusi comunicativi.
Lo stabilisce anche il DPR 62/2013, codice di comportamento dei dipendenti pubblici, che all’art. 9 comma 2 impone la tracciabilità dei processi decisionali e l’adeguato supporto documentale per ogni disposizione impartita. Ogni azione amministrativa, per essere valida, deve poter essere replicata e verificata, cosa che non è possibile con una semplice chat.
Nessun rischio disciplinare per chi non esegue ordini comunicati in modo irregolare
Nel caso segnalato, la docente ha ricevuto un messaggio con cui veniva modificato l’orario di servizio e assegnata a un’attività (accompagnare una classe a teatro) mai deliberata dal Consiglio di classe. Già questo, di per sé, rappresenta un difetto procedurale rilevante, poiché le uscite didattiche devono essere approvate dall’organo collegiale, con verbalizzazione e inserimento nel piano delle attività. Senza questa delibera, l’attività non è da ritenersi valida né obbligatoria.
L’aggiunta di una modifica d’orario non concordata, per giunta comunicata via WhatsApp, rende il quadro ancora più chiaro: la docente non è tenuta a seguire la disposizione. La mancata esecuzione non può essere sanzionata, perché mancano sia la legittimità formale della comunicazione, sia l’iter previsto per l’organizzazione dell’attività stessa. La docente, in questo caso, ha il pieno diritto di svolgere il suo orario regolare in sede, senza essere accusata di disobbedienza o mancanza di collaborazione.
Non esiste alcuna norma che imponga a un insegnante di obbedire a un messaggio WhatsApp che non ha valore di ordine di servizio. Per avviare un eventuale procedimento disciplinare servirebbe un atto ufficiale, una documentazione tracciabile e la prova che l’insegnante fosse stato formalmente informato e tenuto a rispettare l’istruzione ricevuta. In mancanza di ciò, nessuna sanzione può essere applicata.
La situazione descritta, purtroppo, non è isolata. Nella pratica quotidiana scolastica, i dirigenti o i loro collaboratori usano spesso i canali informali per comodità, dimenticando però che la legge non ammette scorciatoie quando si tratta di rapporti tra pubblica amministrazione e lavoratori. I diritti del docente restano garantiti, anche in assenza di rapporti sereni con l’amministrazione scolastica.


