Odoardo Spadaro noto a tutti per la canzone “la porti un bacione a Firenze”, un inno d’amore struggente e allo stesso tempo fresco e ironico di un fiorentino verso la sua città, alfiere di una fiorentinità che ha fatto scuola, portando per primo l’identità della città nel mondo.
Possiamo dire che aprì le porte ad autori come Narciso Parigi e Riccardo Marasco.
Nato nella culla della fiorentinità (Santo Spirito, 1893), di cui restò sempre un rappresentante indiscusso, partì ben presto dal suo Oltrarno per conquistare il mondo dello spettacolo.
Negli anni ’20 si trasferì a Parigi per esibirsi al celebre “Moulin Rouge” e all’inizio degli anni ‘30’ portò a termine una fortunata tournèe nel continente americano che lo proiettò di diritto nel ruolo di star internazionale. In quegli anni girò l’intero globo, portandosi sempre nel cuore l’amore per la sua città e trasponendo questo sentimento nella canzone che più di tutte ce lo fa ricordare.
Considerato uno dei primissimi cantautori italiani, fu molto più che un apprezzato cantante.
Fu interprete impareggiabile del teatro vernacolare fiorentino (memorabile nella “Acqua cheta”) e si ritagliò un ruolo importante anche come attore cinematografico, di cui ricordiamo: “La carrozza d’oro” (1952), con una straordinaria Anna Magnani e “Divorzio all’italiana” (1961), con una giovanissima Stefania Sandrelli e un mattatore come Marcello Mastroianni.
Si confrontò anche con l’esperienza televisiva e di questa resta memorabile, tra le tante, l’ultima presenza sul piccolo schermo nelle vesti del “Signor Venanzio”, in quello sceneggiato culto che fu “Il giornalino di Gian Burrasca” di Lina Wertmüller (1964).