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5 maggio 2000, muore Gino Bartali

Un grande uomo non solo dello sport.

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Gino Bartali Gino Bartali © Facebook
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Chi ha avuto modo di conoscerlo, anche non direttamente, lo ricorda come un fiorentino un po’ burbero, ma schietto, come un campione che tutto il mondo ancora rammenta, rispettato da tutti, capace di portare Firenze e l’Italia ai vertici dello sport mondiale.
Gino era dotato di un talento così fulgido e precoce che nel 1936, a soli 22 anni, vinse il suo primo Giro d’Italia, successo bissato l’anno dopo e anche nel 1946.
Nel 1938 vinse invece il suo primo Tour de France.
Il Giro del 1940 ebbe invece un gusto dolce-amaro, perché vinto da un suo giovanissimo compagno di squadra, quel Fausto Coppi che partito sul Passo dell’Abetone s’involò da solo verso Modena e la maglia rosa.
Da quel momento non fu più possibile parlare di Bartali senza pensare anche a Coppi e viceversa. La seconda guerra mondiale gli sottrasse gli anni migliori ma passati i drammatici momenti del conflitto Bartali ricominciò a pedalare e a vincere.

Il rapporto con la Francia fu sempre un po’ conflittuale, soprattutto con i francesi che mal digerivano un italiano in maglia gialla, ma fu proprio al Tour del 1948 che realizzò quello che è il suo capolavoro sportivo.
Il 14 luglio di quell’anno Palmiro Togliatti (Segretario del Partito Comunista Italiano) era stato vittima di un attentato neofascista. Il fatto aveva sconvolto i delicati equilibri di una nazione appena uscita da conflitti laceranti, facendola scivolare in uno stato di drammatica tensione. Il capo del Governo Alcide De Gasperi chiamò Bartali, che stava correndo in Francia e gli chiese di vincere la corsa per spostare l’attenzione del paese e raffreddare gli animi.

E Gino vinse. Con un’impresa memorabile nella tappa di Briancon si portò a casa il secondo Tour de France nonostante dovesse recuperare un ritardo di 20 minuti all’asso francese Luison Bobet.

In carriera vincerà poi oltre 180 corse, comprese 4 Milano-Sanremo e 3 Giri di Lombardia.

Questa è la risaputa storia sportiva di Bartali, ma negli ultimi anni, dopo la sua morte, si è conosciuta un’altra storia che, sebbene poco unita a quella agonistica, ci ha regalato una dimensione dell’uomo forse ancora più grande di quella offerta dai rotocalchi.

Durante la Seconda guerra mondiale, in assoluta sordina, ‘Ginettaccio’ aveva compiuto un’altra grande ‘impresa’. In quegli anni di stop forzato Bartali non smise mai di allenarsi, non solo per grande professionalità, ma perché d’accordo con il Cardinale di Firenze Elia Dalla Costa stava a modo suo combattendo contro il nazi-fascismo.

Infatti, durante i lunghi allenamenti tra Firenze e Assisi, trasportava, nascosti nel telaio della sua bicicletta, documenti falsi per i tanti cittadini di fede ebraica che rischiano la deportazione e la vita. Il suo coraggio e la sua umanità contribuirono a salvare centinaia di persone, così come il suo silenzio. Quel silenzio che mantenne anche quando venne convocato per accertamenti dalla famigerata Banda Carità che a Firenze disponeva della vita o della morte delle persone. Di questo suo fondamentale aiuto alla causa del popolo ebraico non se ne è saputo niente per decenni, perché, come ricordava sempre Bartali, “il bene si fa ma non si dice”.

Dal 2013 è dichiarato “Giusto tra le nazioni”, proprio in virtù del contributo speso in favore del popolo ebraico. Firenze lo ha ricordato con una piazza e un museo dedicato nella natia zona di Ponte a Ema.

“L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare” è la frase che ripeteva spesso come una sorta di mantra disilluso ma, secondo noi, almeno le sue vicende umane e sportive sono riuscite piuttosto bene.

Il prossimo 29 giugno il Tour de France parterà quest’anno, per la prima volta, dall’Italia e da Firenze. La prima tappa è dedicata proprio a Gino Bartali.

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