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7 novembre 1299. Avviata la costruzione del carcere delle Stinche

Esisteva dove oggi è il teatro Verdi.

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Il carcere delle Stinche, olio di Fabio Borbottoni (1820-1902) Il carcere delle Stinche, olio di Fabio Borbottoni (1820-1902) © Facebook
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Un tempo, dove oggi ha sede il Teatro Verdi, sorgevano le cosiddette Stinche, il primo edificio appositamente costruito allo scopo di concentrare in un unico luogo i detenuti, fino a quel momento sparsi in vari spazi riadattati a prigione (ad esempio nelle "burelle", sotterranei delle rovine dell'anfiteatro romano, o in varie torri, come la Volognana, la Monfiorita, la Pagliazza e la Torre di Arnolfo, in Palazzo Vecchio).
Era situato tra Via Ghibellina, Via Verdi, Via dei Lavatoi e Via Isola delle Stinche, che non a caso prende il nome dall'edificio.

La costruzione fu deliberata il 7 novembre 1299 su un terreno appartenuto agli Uberti, cacciati da Firenze dopo la battaglia di Benevento, usando pietre di torri e case della famiglia per realizzare l'imponente edificio trapezoidale, recintato con un alto muro perimetrale e circondato da un fossato.

Il carcere, a partire dal 1304, prende il nome dal Castello delle Stinche, presidio militare nei pressi di Greve in Chianti, di proprietà dei Cavalcanti, ghibellini e nemici della fazione nera al governo di Firenze. Fu preso d'assedio e poi distrutto dai fiorentini dopo una rivolta.
Le persone sequestrate furono condotte proprio alle Stinche. Sembra che il nome indicasse le creste attorno al dirupo su cui era collocato il castello.
L’edificio fu completato nel 1301.

Celle, alloggi, uffici, magazzini, una corte interna, una piccola cappella: le Stinche, con il tempo, si strutturarono in una prigione "vecchia" e una "nuova", con vari reparti dedicati a diverse tipologie di detenuti e di reati. Tra i prigionieri vi fu anche Nicolò Machiavelli.

Sopra la porticina d'ingresso, che il popolo chiamava la "Porta della miseria", campeggiava la scritta Oportet misereri ("Occorre compatire"): il mantenimento dei detenuti, infatti, era a carico della carità dei privati e solo chi aveva i mezzi otteneva un trattamento migliore.

I più sfortunati venivano soccorsi dai Buonomini delle Stinche, congregati di una sotto-compagnia della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio, che distribuivano le elemosine e amministravano donazioni e lasciti conferiti per vitto e cure dei prigionieri.

Il carcere era amministrato dai “soprastanti” e il personale era rappresentato da guardie, un camerlengo, uno scrivano, frati “pinzocheri”, inservienti, un cappellano, un acquaiolo, un medico e un addetto alla rimozione dei cadaveri.

Successivamente, nel 1833, il carcere fu spostato al complesso delle Murate.

Le Stinche furono demolite e al loro posto nacquero una sala per spettacoli equestri e, più tardi, un teatro, detto "di Pagliano", dal nome dall’imprenditore farmacista ed ex baritono Girolamo Pagliano che lo fece costruire, oggi appunto Teatro Verdi.

Il Tabernacolo delle Stinche, in Via Ghibellina, così come gli altri lungo il percorso chiamato dei Malcontenti, nacque per dare conforto ai condannati a morte che passavano di lì per essere condotti dal carcere alla Torre della Zecca, dove venivano eseguite le esecuzioni.

 

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