Dopo i terribili bombardamenti del 5, del 30 giugno e gli altri del‘44, il Paese appariva uno spettrale e desolante cumulo di macerie e la popolazione era quasi tutta sfollata obbligatoriamente per ordine del maresciallo Kesselring.
Il 10 settembre, l’offensiva del generale Clark, che comandava la 5^ Armata, prese corpo. Gli americani avevano il compito di sferrare l’attacco principale lungo la strada Firenze- Firenzuola-Imola, i
britannici si dovevano muovere sulla cosidetta Strada Freccia la faentina Borgo San Lorenzo-Marradi-Faenza.
Il 18 settembre del 1944 le truppe alleate liberavano Biforco. L’8^ Divisione di Fanteria indiana agli ordini del generale maggiore D. Russel, conosciuto come Russel Pasha, dopo aspri e sanguinosi combattimenti, spesso all’arma
bianca, si impadronì del caposaldo tedesco sul monte Femmina Morta aprendo così la strada per Crespino e la Valle del Lamone. Per primi arrivarono, direttamente a Biforco, i GurKa dell’8^ divisione cui si aggiunse in seguito una parte della prima divisione britannica di fanteria ed insieme procedettero alla completa liberazione del capoluogom di Marradi.
Il 24 settembre il 2nd North Staffordshire occupò Marradi e si spinse sia a nord che ad est ma la compagnia B, che si muoveva verso Monte Gianni, trovò la posizione occupata in forze ed imprendibile con un assalto diretto. I problemi maggiori erano sul fianco destro della strada per la difficoltà del terreno nonostante gli
uomini della 8^ divisione indiana avessero fatto progressi sia pure lentamente, non
riuscivano a cacciare i tedeschi dal monte di Castelnuovo senza il cui possesso Marradi non sarebbe stata per niente sicura. Durissima ed impegnativa fu la battaglia per conquistare Gamberaldi. Gli alleati optarono allora per proseguire l’avanzata a nord est verso la via principale per Faenza.
C’erano tuttavia da risolvere alcuni problemi: aprire le strade, i genieri tedeschi avevano sabotato e distrutto il ponte ferroviario a Crespino fatto cadere sulla strada; la strada a Camurano era stata fatta saltare; il grande ponte di
Biforco era stato distrutto come quello di Marradi. C’era poi il problema di allestire un centro chirurgico a ridosso del fronte, questo problema fu risolto costituendo un centro chirurgico avanzato che aveva come nucleo l’infermeria da campo della 2nd Field Ambulance a Fantino collocata nella Villa di Scalini Scala, unico edificio adatto, che garantì abbondanti letti per tutti i reparti. Per questa complessità, aggravata dalle condizioni metereologiche che impedirono agli alleati di ricorrere alla supremazia aerea, furono necessari ancora alcuni mesi per la liberazione dell’intero territorio comunale e per la fine delle ostilità in quanto la linea di avanzamento delle truppe alleate subì una forte battuta d’arresto così che, Abeto, Gamberaldi, Lutirano e Sant’Adriano come pure le aree di Monte Romano e Fontana Moneta, dove erano sfollati moltissimi marradesi, rimasero sotto il controllo dei nazifascisti.
Quei mesi furono interminabili e terribili perché i civili si trovarono intrappolati in una guerra di retrovia di due eserciti agguerriti con l’aggiunta di operazioni belliche e di guerriglia della Brigata partigiana comandata da Bob Luigi Tinti con Guido Gualandi Moro, commissario politico che tentò inutilmente di sfondare il fronte tedesco a Purocielo e a Cà Malanca come accadde il 9-13 ottobre ’44.
A Fontana Moneta, il giorno della liberazione del capoluogo di Marradi, 25 settembre 1944, veniva colpito a morte Teodoro Anforti, trentaduenne marito di Rosa, padre di due figlie Agnese e
Nella che, come racconta Fedora, la nipote: “Si trovava, insieme ad altri, al pascolo con le mucche quando una pattuglia di tedeschi, impegnata in combattimento contro i partigiani del Ravenna, lo falciò con una sventagliata di mitra. Il suo corpo fu poi traslato, tre anni più tardi, nella cripta del sacrario dei martiri di Crespino”. Domenico Albonetti e nello stesso luogo tre giorni dopo, Isidoro Cappelli fu ucciso dai tedeschi il 4 ottobre ai Capitelli di S. Adriano. Il 15 ottobre, a Grisigliano, Jacopo Gentilini cadde per mano tedesca e Agostino Frassinetti fu fucilato a Cesata di Lutirano il 29. Il
tenente colonnello della Wermacht, Helmut Schroeder, nella rivista Alte Kameraden del ‘57 scrisse: “Coi partigiani avemmo rilevanti noie nei dintorni di Marradi. Più di una volta le salmerie furono assalite e saccheggiate. Essi erano ben armati ed equipaggiati grazie ai rifornimenti di armi paracadutate dagli aeroplani. Li lasciavamo fare quando infine un giorno presero un intero ospedale da campo, con medici, feriti
ed attrezzature. Iniziò da quel momento un nostro energico contrattacco condotto su larga scala e setacciammo l’intera zona. Era assai difficile distinguere i partigiani dagli abitanti del luogo”. Le formazioni partigiane operanti nel Territorio di Marradi furono:
un gruppo partigiano di Giustizia e Libertà, diretto da Riccardo Gizdulich capitano
Bianchi, che organizzò quella banda partigiana che doveva diventare in seguito la Seconda Brigata Rosselli; la Brigata Lavacchini della Divisione Potente, comandata da Donatello Donatini; la Prima compagnia Sergio e la Seconda compagnia Villi, della 8^ Brigata Romagna, che operò dal gennaio all’aprile ‘44, di questa Brigata facevano parte
i marradesi Martino Alpi e Sirio Di Paolo Ancillotti; la Banda Corbari, una ventina di
uomini impegnati dall’aprile all’agosto ’44 mese della cattura di Corbari e di Ines
Versari; le compagnie Amato, Marco, Pino, Tito, Ettore e Paolo della 36^ Brigata
Alessandro Bianconcini Garibaldi attiva dall’aprile all’ottobre 1944. Il comandante
Paolo, Francesco Gentilini, muratore, classe 1924 di Riolo Terme, tenente partigiano,
il 10 giugno 1944 entrò di notte a Marradi fece prigionieri i carabinieri e distribuì un
carico di grano destinato alla Germania e prima di andarsene provvide a bruciare gli
incartamenti dell’ufficio di leva. Paolo l’11 agosto del ‘44 partecipò alla battaglia di
Capanna Marcone e dal 1966 al 1980 fu sindaco comunista di Massa Lombarda.
Nel territorio del comune di Marradi operò anche il battaglione Ravenna, forte di una
quarantina di uomini. Il Ravenna era comandato da Vittorio Bellenghi e dal suo vice, Bruno Neri, entrambi uccisi a Gamogna nel luglio ’44.