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4 dicembre 1968, Don Enzo Mazzi rimosso da parroco dell'Isolotto

Tre aggettivi ci fanno pensare alla figura di Don Enzo Mazzi: eretico, scomodo, coraggioso.

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Don Enzo Mazzi Don Enzo Mazzi © facebook
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Eretico, come poteva esserlo un sacerdote dissenziente da alcune rigide posizioni della Curia fiorentina restando però saldo nei valori del messaggio evangelico; scomodo, come sapeva esserlo chi creava nella propria parrocchia una coscienza critica, non sovversiva, partecipativa, rivolta alla condivisione di temi spinosi e attuali come l'accettazione dell'umana diversità a dispetto delle convenzioni sociali; coraggioso, come doveva esserlo chi è fermo nelle proprie convinzioni.
Don Enzo Mazzi fu parroco nel quartiere dell'Isolotto, dal 1954 al 1968, dove esercitò la sua azione pastorale con un approccio missionario, senza eccessivi riferimenti dogmatici o dottrinali e professando l'esercizio gratuito del ministero rifiutando pagamenti sia per la messa che per tutti i sacramenti. Fu quello che si può definire un prete di strada, poco rinchiuso tra le pareti della Chiesa in senso metaforico e letterale, partecipe della vita e delle esigenze della collettività, sempre pronto ad aprire la sua canonica a disabili, ex carcerati e nuclei familiari in difficoltà.

Nel 1968 manifestò aperta solidarietà ai giovani cattolici che avevano occupato il Duomo di Parma. Questa posizione costò a Don Mazzi la rimozione da parroco dell'Isolotto. Forte dell'appoggio della sua collettività continuò ad esercitare la sua azione pastorale in alcuni locali contigui la canonica, che divennero sede della comunità cristiana di base dell'Isolotto. I rapporti con la Curia fiorentina non furono più completamente ripristinarti e nel 1974 fu prima sospeso a divinis e poi ridotto allo stato laicale.

Negli anni successivi continuò ad aiutare i discriminati e gli emarginati (etnia Rom) e si espose apertametne in favore dell'eutanasia accogliendo nel 2009 Beppino Englaro, padre di Eluana, quando giunse a Firenze per ricevere la cittadinanza onoraria.

Fu a lungo collaboratore dei quotidiani La Repubblica, Il Manifesto e L'Unità.

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