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L’allenatore Giuseppe Di Coste e la passione per la boxe: “Vedere che i ragazzi credono in te è uno stimolo importante“

Dopo una 20ina di incontri ha deciso di diventare allenatore riuscendo a ricreare il gruppo dei bambini che era andato perso negli anni.

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Giuseppe Di Coste Giuseppe Di Coste © Edoardo Martini
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La boxe è passione, sacrificio, resistenza, fatica, tenacia, dolore, gioia. E di passione per questa nobile arte, Giuseppe Di Coste ne ha tantissima. Dopo una ventina di incontri da dilettante, ha deciso di indossare i guantoni in un’altra veste: quella di allenatore. Dal corso agonisti a quello femminile passando per quello dei bambini, fino ad arrivare all’angolo. Nella nostra intervista, Giuseppe ha parlato della sua più grande soddisfazione nel mondo pugilistico, della sua delusione e di come sia cambiata la boxe rispetto al passato.  Poi sul consiglio da dare a chi vuole intraprendere questo sport, l’allenatore ha le
idee chiare perché la boxe non è “solo quei due/tre allenamenti a settimana“.

Cosa ti ha spinto a diventare allenatore?
“Dopo essere stato un pugile, era uno stimolo iniziare a capire cosa volesse significare essere dall’altra parte. Studiando e facendo il corso, una persona capisce che è totalmente diverso. Vedere la crescita dei ragazzi, cercare di insegnarli quello che crediamo sia la cosa giusta, ovvero il rispetto, la puntualità, prendere l’impegno e portarlo avanti nel migliore dei modi. Essendo anche vicino di età con tanti di loro, capisco bene le situazioni e quindi vedere che loro credono in te è uno stimolo importante. Ho iniziato facendo il corso dei bambini, poi quello agonisti e infine quello femminile e questo è il quarto anno. Ho fatto i vari step: dai primi allenamenti ad andare all’angolo”.

Ti sei ispirato a qualche allenatore in particolare?
“In realtà no perché, comunque, io ho il mio carattere e credo anche che in questo sport non bisogna mai ispirarsi a qualcuno. Perché ognuno ha la sua strada e le sue idee”.

In cosa è cambiata la boxe rispetto al passato?
“Sicuramente la parte atletica ad oggi è fondamentale. Durante gli incontri, 3 minuti sembrano pochi ma sul ring sono lunghissimi. Quindi se fisicamente non stai bene è un problema grosso”.

C’è mai stato un momento nel quale hai pensato di abbandonare tutto?
“Diciamo che ci sono situazioni difficili perché comunque sia ci sono progetti, ci sono programmi, ci sono tantissimi ragazzi con caratteri diversi. E quando ti scontri con le delusioni dei risultati o comunque con atteggiamenti non capiti, uno se lo domanda “chi me
l’ha fatto fare“. Ma abbandonare mai, anche perché dopo poco riparto più forte di prima”.

La tua più grande soddisfazione?
“La prima volta che sono stato all’angolo è stata un’emozione unica. E anche non da meno, il ricreare del gruppo dei bambini che era andato perso negli anni. L’anno scorso ne avevamo 30, quindi una bella soddisfazione”.

La più grande delusione invece?
“Al momento non saprei perché avendo sempre vissuto di sport so bene cosa è la vittoria
e cosa è la sconfitta”.

Che consiglio daresti a chi vuole intraprendere questo sport?
“La cosa fondamentale è l’insistere. Si parla di uno sport dove ci vuole tanta determinazione e tanta costanza. Il pugile non può essere quei due/tre allenamenti a settimana. Chi combatte, o chi vuole aspirare a fare un esordio, deve capire che qui si parla anche di diete, oltre agli allenamenti. Un insieme di fattori, che se non hai costanza, non è lo sport che fa per te”.

di Edoardo Martini

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