OK!Valdisieve

L'America ha scelto. E' Donald Trump il 47° Presidente

Una vittoria schiacciante che smentisce i pronostici della vigilia. Ecco la mia analisi.

  • 122
Donald Trump Donald Trump © Ok!News24
Font +:
Stampa Commenta

Donald Trump è il nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America.
Il Tycoon vince lo scontro contro Kamala Harris e torna alla Casa Bianca per la seconda volta.
Quella di Trump, contraddicendo le previsioni che davano un testa a testa all’ultimo voto fra i due candidati è stata una vittoria schiacciante soprattutto negli Stati in bilico.
Trump è risultato vincitore in North Carolina e in Georgia e le ultime speranze dei democratici sono cadute quando il candidato repubblicano ha strappato la Pennsylvania, ovvero lo stato chiave che assegna ben 19 grandi elettori e il secondo stato in bilico strappato ai blu.
Una deblace totale per i democratici che conferma che la vittoria di Donald Trump nel 2016 non fu un incidente ma una realtà politica precisa dato che all'epoca fu capace di sconfiggere una predestinata come Hillary Clinton.
Oggi, anche se nessun osservatore aveva osato dirlo alla vigilia, vince contro un’avversaria improvvisata due mesi prima delle elezioni.
Il 5 novembre 2024 segna per gli Usa un evento storico per un Presidente che solo per una manciata di voti non era stato riconfermato nel 2020 ma che adesso si prende la sua rivincita con un largo scarto in molti Stati, mentre in altri ancora col cuore Dem ha visto aumentare molto il suo consenso mentre gli avversari hanno perso posizioni un po’ ovunque.

TUTTE LE RAGIONE DELLA DEBLACE DI KAMALA HARRIS
Impietoso sarebbe, facendo un analisi a caldo dare tutte le colpe della deblace alla Harris che è stata lanciata sul treno in corsa solo pochi mesi fa. La realtà è che la sua candidatura era incredibilmente debole e si è sciolta come neve al sole appena i seggi si sono chiusi.
Le ragioni sono tante e ora, col senno del poi, appaiono ancora più evidenti.
La ridanciana Kamala (altro aspetto di “leggerezza” che a molti non è piaciuto) un anno fa da anonima vicepresidente su temi importanti parlava molto diversamente da come ha parlato in campagna elettorale e gli elettori che non sono stolti hanno la memoria lunga.
Molti hanno dimenticato scegliendola, e il dato doveva far riflettere, che la Harris già nel 2020 tentò la campagna per le presidenziali fallendo clamorosamente ancora prima di iniziare a causa degli impietosi sondaggi conseguenti ad alcune sue bizzarre posizioni di ultra sinistra e per le sue evidenti contraddizioni emerse anche in questa campagna elettorale.
Si parlò molto nelle cronache gossip dei tempi di una sua presunta relazione con un uomo molto potente all’interno del partito democratico accusato di maschilismo mentre lei si professava paladina del #metoo come si è parlato molto e fino ad ieri del suo professarsi donna negra afro e asiatica dall’alto del pulpito di un’agiatezza economica e sociale di una famiglia ben inserita nella società americana e non certo derelitta.
Posizione di #metoo ed essere donna nera, afro e asiatica che le hanno valso, inutile girarci troppo intorno anche perché non aveva altri meriti particolari, la vicepresidenza nel 2020.
La colpa di una sconfitta in cui c’è solo da leccarsi le ferite va divisa fra tutti i democratici e sarebbe inutile soffermarsi a riflettere solo sulle lotte interne anche all’interno del comitato elettorale di cui hanno riferito i retroscenisti della stampa americana che hanno rivelato di come dietro ad Harris ci fossero più correnti e in alcuni casi anche in guerra tra loro.
Il fatto è che non è solo il vecchio Joe incapace di vedere financo la sua carta d’identità il colpevole di tutto.
Errori grossolani che rendono urgente un veloce cambio generazionale nei democratici per riemergere lo hanno fatto anche leader osannati come Barak Obama e Hillary Clinton due sconfitti incapaci di vedersi tali che hanno sbagliato tutto nella foga di rincorrere Trump, facendo così il suo gioco e che sono i primi a doversi fare da parte.
Altro grande errore è stato ignorare che Kamala Harris agli occhi di chi doveva scrivere il suo nome sulla scheda elettorale rappresentava un pezzo dell’attuale amministrazione e che quindi portava con sé anche i grandi errori imputati al solo Biden.
Il trucco di presentarsi come “una nuova leader” non ha fatto abboccare all’amo gli americani che, guardando alla politica interna pensano alla troppo pesante inflazione e ai troppi migranti clandestini entrati dal confine meridionale negli ultimi anni.
Per mesi i democratici non hanno parlato di temi ed hanno costruito solo una campagna elettorale di odio contro l’avversario paventando i rischi di una deriva anti-democrazia mentre Trump ripeteva continuamente come durante la sua prima amministrazione ci fosse stata un’economia stabile e il controllo dei flussi migratori che poi, guardando alla politica internazionale "il mondo era un posto più tranquillo" dove non c’erano guerre nel cuore dell’Europa e del Mediterraneo.
Messaggi semplici, diretti e chiari che arrivavano direttamente alla pancia degli americani che però i democratici non hanno compreso..

Democratici che si sono ritrovati per altro col cerino in mano molto tardi ovvero quando il treno della campagna elettorale aveva già preso la sua corsa.
Il caro vecchio Joe non ne voleva sapere di ritirarsi, lo ha detto anche ieri che con lui la vittoria sarebbe stata sicura figuriamoci...
La sua ostinazione ha costretto il partito a rifare tutto tardi e il trucco di trasformare Kamala da trasparente vice a nuova leader non poteva che fallire.

IL FALLIMENTO DELLA POLITICA INTERNAZIONALE
I democratici hanno ostinatamente puntato sempre il dito contro l’avversario e finto di non capire che uscivano da una delle presidenze più imbarazzanti di sempre.
L’anziano Biden arrivato troppo tardi alla Casa Bianca e già noto per le sue molte gaffe anche a sfondo razzista e per i guai giudiziari dei suoi familiari con l’avanzare dell’età ha dato in pasto ai media le sue debolezze umane e decisioni in politica internazionale fallimentari che sono sotto gli occhi di tutti.

Afghanistan
Per lui è impietosa la sentenza della storia.
Primo fra tutti l’impreparazione nell’applicare il ritiro previsto da tempo dall’Afghanistan nel peggior modo possibile.
Tutti ricordiamo le immagini dei neonati lasciati fra le braccia dei soldati americani al di là del muro dell’aeroporto e il dramma di una popolazione abbandonata dopo 20 anni di speranza nelle mani degli estremisti islamici con annessa la consegna a loro anche di un incredibile arsenale di armi sofisticate e pericolose.
L’Afghanistan è ripiombato così nel medioevo con tanto di cancellazione di tutti i diritti per le donne tornando anche ad essere ufficialmente il crocevia della droga con cui i talebani si finanziano e che adesso possono commercializzare su sempre più larga scala.

Medio Oriente
Quanto al Medio Oriente laddove Trump aveva posto le basi per un equilibrio con gli “Accordi di Abramo”, Biden ha cancellato tutto annullando la tappa successiva che avrebbe dovuto essere un accordo diretto tra Gerusalemme e Riad sulle tracce della strategia già attuata da Barack Obama “incoraggiando” così l'Iran nella sua opera di destabilizzazione dell’area araba a maggioranza sunnita infiltrando gli uomini scitii addestrati in Siria, Yemen e Libano.
La rinnovata aggressività di Teheran contro Israele – nella quale va presumibilmente inserito l'avallo all'eccidio di Hamas del 7 ottobre 2023 se non la sua attiva progettazione – è infatti la vera e propria nemesi della scelta strategica attuata da Biden di rinnegare e invertire la linea seguita dal suo predecessore Donald Trump in Medio Oriente.
Un capolavoro inverso l’abbandono del grande sforzo diplomatico per favorire l'avvicinamento tra Israele ai paesi arabi moderati nella prospettiva di una reciproca legittimazione e una gestione comune della diatriba israelo-palestinese che avrebbe permesso di isolare l'Iran noto agente ostile e destabilizzatore.
La decisione più imbarazzante è stata poi quella di non revocare, dopo la strage del 7 ottobre, lo sblocco di 6 miliardi di dollari di fondi iraniani all'estero precedentemente deciso per favorire la normalizzazione dei rapporti con Teheran…

Cina
Quanto ai rapporti con la Cina la guerra commerciale è in atto da tempo.
Se Trump aveva avviato la “Trade War” per contenere la competizione economica e commerciale del gigante asiatico l’approccio ideologico di Biden basato sulla contrapposizione fra democrazie e autocrazie non ha aiutato dato che, addirittura ha rispolverato il vecchio termine da Guerra Fredda di “asse del male” attribuito a Russia, Iran, Corea del Nord e Cina.
La risposta cinese alla neo elezione è fredda vedremo cosa succederà anche nelle tensioni con Taiwan.
Sulle vicende economiche se Biden aveva seguito le orme di “competizione” iniziate con Trump e certo che il tycoon in campagna elettorale ha promesso dazi doganali massicci sui prodotti cinesi che potrebbero avere conseguenze sull’economica che fatica a riprendersi del colosso asiatici anche se Pechino considera comunque Trump “pragmatico” cioè, traducendo, disposto a trovare un accordo. Del resto lui è un uomo d’affari!

Russia-Ucraina
Sulla vicenda guerra Russia-Ucraina si segnalano i rapidi complimenti a Trump del presidente ucraino Zelensky che dopo gli anni di appoggio (e tante armi) incondizionati da parte di Biden si trova ad avere come interlocutore un presidente che anche nel corso di un recente incontro a New York lo ha gelato ricordandoli i suoi ottimi rapporti con la Russia e con Vladimir Putin.
Di certo fra le prime parole pronunciate da 47° Presidente c’è stato il ribadire che favorirà la pace fra Mosca e Kiev in una guerra, che è bene ricordare, è iniziata nel 2014 nell’indifferenza dell’amministrazione dell’amato Barak Obama.

Corea del Nord
Infine soffermiamoci sui rapporti con la Corea del Nord ricordando che Donald Trump è stato l’unico presidente americano nella storia a mettere piede in Corea del Nord e ad incontrare Kim addirittura tre volte.
Le vicende si bloccarono sulle sanzioni e sullo smantellamento nucleare ma chissà che la neo presidenza di Trump non rilanci anche il dialogo con Kim

Addio Joe, non ci mancherai
Si chiude un quadriennio imbarazzante e non solo per gli Stati Uniti d’America. Quello di un presidente debolissimo che ha avuto solo il pregio di far ridere il mondo intero.
Peccato lo abbia dovuto fare su di lui noto "gaffeure" e scivolato più volte sulla buccia di banana di battute anche a sfondo razzista.
Il Presidente che ha confuso la leggendaria squadra rugbistica neozelandese degli All Black con il reparto militare britannico degli Black and Tans noto per aver terrorizzato la popolazione cattolica-irlandese dell’Ulster durante la sanguinosa guerra civile.
Il Presidente che ha fatto resuscitare Margaret Tharcher confusa nel 2019 con l’allora premier britannica Theresa May.
Il Presidente che nel giugno del 2023 parlando coi giornalisti ha affermato che “Putin stava perdendo la guerra in Iraq” confondendo il paese asiatico con l’Ucraina e che chiudendo un vertice Nato ha scambiato Zelensky con Putin e che si è convinto di aver visto François Mitterrand nel 2021 anche se l’ex presidente francese è morto nel 1996 e che infine ha addirittura confuso la sua vice presidente Harris chiamandola Trump!

Lascia un commento
stai rispondendo a