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ANSO digital news report italia 2024. Fiducia e interessi in calo?

Al lavoro di ricerca hanno partecipato anche ANSO, Associazione Nazionale della Stampa Online e il Festival Glocal di Varese sono...

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Italiane ed italiani si allineano alla sfiducia ormai prevalente verso i media nella maggioranza dei paesi occidentali, confessano un interesse verso l’informazione che non va oltre il 40% e raramente sono disponibili a pagare per le notizie online, soprattutto gli adulti. Ma, poi, nei comportamenti reali, si informano piuttosto di frequente ( il 63% lo fa più volte al giorno), si fidano di più delle testate meno schierate e cercano, oltre all’aggiornamento, approfondimento e contesto, anche su tematiche difficili.

Sono solo alcune delle linee di tendenza che emergono dal Digital News Report Italia 2024, il primo studio che rende disponibile, elabora e analizza i dati sul nostro Paese che il principale studio globale sull’informazione, il Digital News Report 2024del Reuters Institute for the Study of Journalism dell’Università di Oxford, pubblica ogni anno ma che avevano, finora, uno spazio necessariamente limitato. Lo studio segue l’esempio di quanto avviene già in altri paesi – dalla Spagna all’Australia, dai Paesi Bassi all’Irlanda – ed è stato reso possibile dall’impegno congiunto del prof. Alessio Cornia (Dublin City University), autore per l’Italia del Reuters Institute Digital News Report, e del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” dell’Università degli Studi di Torino. 

L’IMPEGNO DI ANSO

Al lavoro di ricerca hanno partecipato anche ANSO, Associazione Nazionale della Stampa Online e il Festival Glocal di Varese sono partner del progetto. Il Presidente Marco Giovannelli ha curato uno dei focus dedicati all’informazione locale. “Viviamo una condizione diversa, con tinte in chiaro scuro e va fatta una netta distinzione tra i giornali nativi digitali e quanti hanno ampliato la propria attività partendo da una lunga tradizione anche secolare. I primi, con rare eccezioni, hanno una relazione meno manichea con le piattaforme. Faticano a crescere e a uscire dalla loro condizione territoriale, ma quella che può apparire una debolezza, nel tempo si è trasformata in un elemento di resilienza e di forza. Nell’ultimo decennio queste esperienze si sono caratterizzate molto e non abbiamo assistito a crisi significative. La formazione, il confronto, il networking sono punti fondamentali per le testate locali. Se da una parte il nuovo ecosistema ha dato vita allo strapotere delle piattaforme, dall’altra ha evidenziato come i territori siano essi stessi una sorta di piattaforma fatta di relazioni, nodi, connessioni che necessitano di sempre maggiore informazione. In questo nuovo scenario cambia il ruolo del giornalista e dell’impresa editoriale che deve essere sempre più connessa alle comunità. Diventa essenziale lavorare su notizie di servizio, esser facilitatore rispetto ai temi della digitalizzazione, saper analizzare i contesti e accompagnare le persone al cambiamento profondo che stiamo vivendo. Questo rende il giornale sempre più strategico e sempre più connesso con i vari soggetti che compongono l’ecosistema”.

La fotografia uscita dalla ricerca: molte ombre ma anche qualche luce

I dati sono chiari, quanto ambivalenti: l’interesse per le notizie è diminuito, così come la fiducia, ma la maggior parte degli italiani continua a fruirne frequentemente. “La televisione – sottolinea Cornia – rimane la principale fonte di informazione, ma possiamo aspettarci presto un sorpasso dell’online, come già avvenuto in altri paesi. Gli italiani accedono alle notizie online principalmente tramite la mediazione di motori di ricerca, social media, e aggregatori, mentre diminuisce l’accesso diretto ai siti di informazione. La sfiducia rimane alta, ma le testate meno schierate e capaci di parlare ad un pubblico ampio godono di maggior fiducia”.

Il nodo della disinformazione resta un elemento di preoccupazione per molti italiani, ma è soprattutto la sovrabbondanza e la negatività delle informazioni in circolazione oggi a pesare su un comportamento di esplicito e intenzionale “allontanamento”dalle notizie. Quanto alla propensione a pagare per le notizie online, questa è in leggera diminuzione, ma molti sarebbero disposti ad abbonarsi a un costo inferiore, soprattutto i più giovani.

Come affrontare, allora, questa situazione? “È necessario – sottolinea Cornia – andare oltre l’informazione di base, aiutando il pubblico a comprendere meglio la complessità degli eventi e ad accedere a prospettive diverse, nuove e originali sui temi di attualità”. E Marco Ferrando, coautore dello studio e direttore delle testate e dei laboratori del Master in giornalismo “Giorgio Bocca” dell’Università di Torino, aggiunge: “Alcune variabili (propensione a pagare per abbonamenti e membership, interesse, fiducia) inducono a pensare che il migliore giornalismo debba farsi riconoscere come bene comune essenziale per la democrazia e la conoscenza, piuttosto che comemero prodotto commerciale. Inoltre, quanto emerge dall’analisi dei bisogni degli utenti secondo il paradigma degli user needs suggerisce discommettere su una informazione di qualità, che, oltre ad aggiornare, spieghi, fornisca il contesto e offra prospettive non scontate e non schierate secondo le abituali linee di tensione politica. Al giornalismo anche gli italiani chiedono di raccontare fatti e suggerire domande, anche severe, ben più che rilanciare slogan e sposare battaglie politiche altrui”.

Il rapporto si articola in otto capitoli sulle diverse tematiche: Interesse e interazione; Fiducia e disinformazione; News avoidance; Performance delle testate e abbonamenti; Intelligenza artificiale e notizie; Social media; Video e podcast; User needs. A quanto emerge dall’analisi dei dati nei singoli capitoli, si è scelto di affiancare sei Focus, dedicati a questioni caratteristiche del mercato italiano dell’informazione e affidati a otto esperte ed esperti: Marianna Bruschi e Mario Tedeschini Lalli; Karina Laterza e Monica Maggioni; Pasquale Quaranta; Pier Luca Santoro; Marco Giovannelli; Paola Molino.

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