A novembre il popolo americano si recherà alle urne per eleggere il prossimo presidente. Difficile dire se sarà un democratico o un repubblicano.
Alla fine è accaduto. Domenica 21 luglio, con una lettera sul social network X, Joe Biden, l'attuale Presidente degli Stati Uniti d'America, ha dichiarato che rinuncerà alla corsa per la Casa Bianca. Ha maturato tale decisione durante i giorni di isolamento nella sua abitazione nel Delaware dopo aver scoperto, quattro giorni fa, di essere positivo al covid-19.
Molti elettori democratici avevano sperato in una sua rinuncia: troppo gravosi gli impegni per un presidente che sarà ricordato più per le sue gaffe - sia dette che commesse -, per le sue amnesie e per il suo incespicare lento e confuso che per i risultati positivi raggiunti dal suo mandato. Che comunque sono molti. Tra i più importanti ricordiamo il rientro nell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici - da cui il suo predecessore Donald Trump, appena venne eletto, decise di uscire -; l'American Rescue Plan, ovvero una serie di aiuti mirati a cittadini e imprese emessi durante lo stato di emergenza sanitaria data dal coronavirus; il progetto da oltre mille miliardi di dollari per le infrastrutture - sostituzione e riparazione di ponti, strade e autostrade, potenziamento delle ferrovie, ottimazione dell'accesso a internet, investimenti per l'energia verde e per la lotta contro calamità naturali come tempeste e siccità -; la Bipartisan Safer Comminities Act, provvedimento che mira a limitare la circolazione di armi da fuoco nel paese.
Le gaffe sono state innumerevoli e, a volte, gravi. La più recente è avvenuta durante il vertice NATO a Washington - tenutosi dal 9 all'11 luglio scorso - dove ha confuso il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky con quello della Federazione Russa, Vladimir Putin, e la sua vice Khamala Harris per il suo - ormai non più - sfidante repubblicano alla corsa per la Casa Bianca, il tycoon Donald Trump. Le preoccupazioni nei confronti di Biden tra l'elettorato e gli esponenti del Partito Democratico ha toccato l'apice subito dopo il dibattito televisivo con Donald Trump, avvenuto il mese scorso ad Atlanta. Al di là delle questioni affrontate, da una parte abbiamo assistito a un Trump energico, lucido e incalzante, mentre dall'altra parte a un Biden dalla voce flebile, stanco e confuso.
Le preoccupazioni riguardano la sua salute, sia mentale che fisica, ma è la prima a suscitare particolari tormenti. Perfino l'ex presidente Barack Obama e l'ex Speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti Nancy Pelosi, più 32 deputati e 4 senatori democratici - il 12% del totale - gli hanno suggerito di "passare la torcia", espressione utilizzata dall'elettorato democratico per invitare Biden a lasciare il posto a un candidato più pronto ad affrontare i prossimi quattro anni di presidenza, che si prospettano intensi, visti anche i due conflitti che riguardano da vicino l'Occidente: quello in Ucraina e quello in Palestina.
Oltre al rischio di una sconfitta del Partito Democratico, data per certa da innumerevoli sondaggi - si è più propensi a votare per il candidato che trasmette maggiore sicurezza, e Trump in questo è un maestro -, rimane il fatto che, aldilà del risultato finale, una carica così importante non può essere occupata da chi confonde ripetutamente nomi e paesi. A marzo 2022, durante il discorso al Congresso statunitense, Biden ha detto che Putin non riuscirà mai a conquistare l'anima e il cuore del popolo iraniano, ma il suo riferimento era al popolo ucraino.
Ciò su cui dobbiamo riflettere però è il fatto che i notiziari mettono in evidenza sempre e soltanto il fattore età - come succede da mesi, almeno in Italia, quando si parla di Trump e Biden -, come se superata una certa soglia debba per forza cominciare un declino fisico e cognitivo. Davvero dobbiamo arrenderci a questa idea? I fatti dicono di no. In politica sono molti i casi, anche nel nostro paese, di personalità con ruoli istituzionali di peso a età avanzate. Il nostro attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha appena compiuto - il 23 luglio scorso - 83 anni, ed è in perfetta salute. Il suo predecessore, Giorgio Napolitano, è stato presidente fino a novant'anni. L'ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dedicato anima e corpo alla politica fino al giorno della sua morte, avvenuta la scorsa estate a 87 anni, e non mostrava segni di decadimento cognitivo.
Bisogna separare il fattore età dal fattore decadimento fisico e mentale, sennò si corre il rischio di credere che chi è avanti con gli anni sia per forza inadatto a ricoprire un particolare tipo di ruolo. Questa idea malsana, non suffragata da alcuna prova, è - come abbiamo visto - smentita dai fatti. Certo, i giovani saranno più reattivi e resistenti allo stress delle trasferte e delle emergenze che inevitabilmente le alte cariche dello stato devono affrontare, ma un giovane non è più idoneo a prescindere di un anziano, anzi, spesso l'inesperienza e la non piena maturità possono far compiere azioni azzardate.
Durante la pandemia di covid-19 gli anziani erano diventati nient'altro che numeri da sommare a altri numeri. Morti che si sommavano a morti, in una spirale che sembrava infinita. Parlavamo degli anziani soffermandoci sulla loro naturale fragilità, e di quanto dovessero fare attenzione a non essere contagiati. D'altronde non potevamo fare altrimenti. Li immaginavamo nelle terapie intensive, soli e indifesi. Li vedevamo come foglie d'autunno che l'indomani, per colpa di un virus, sarebbero potuti cadere. Ma un anziano non è soltanto la fragilità che si porta dietro, e soprattutto, non tutti loro sono fragili allo stesso modo. Con le loro rughe scavate e i capelli bianchi, rappresentano la parte solida di ogni società; grazie alla piena maturità di cui godono conoscono le leggi dell'anima, che sono precluse, o in parte nascoste, a chi ancora deve maturare, e hanno la consapevolezza che ciò che conta nella vita è esprimere il proprio carattere. Gli anziani possiedono la saggezza necessaria per prendere decisioni corrette, perciò è importante consultarli.
Così pensava il grande psicanalista americano, James Hillman, che nel suo celebre saggio "La forza del carattere" delinea, capitolo per capitolo, l'idea che invecchiare, vista da una prospettiva psicologica - e dunque immaginativa - significhi avvicinarsi a ciò che siamo realmente: il carattere, appunto. Senza anziani i giovani non avrebbero esempi da seguire, e sarebbero in balìa di illusioni e ideologie. Se c'è una cosa che con la vecchiaia si impara è proprio a essere disillusi, e di conseguenza le ambizioni, le scalate sociali e gli avanzamenti di carriera sono nient'altro che fumo negli occhi. Ciò che conta davvero è manifestare chi siamo. Come? Tramite il proprio carattere.
Joe Biden si è ritirato non perchè anziano, ma perchè non più idoneo a ricoprire una carica così importante. Gli è stato suggerito dal suo entourage e dai suoi stessi elettori, e ha fatto i dovuti conti, prendendo in considerazione il crollo nei sondaggi e la sua poca lucidità. La saggezza risiede anche nel capire quando non si è più adatti per un compito, e dove non arriva il pensiero - fino pochi giorni fa Biden dichiarava con convinzione che non avrebbe abbandonato la corsa alla presidenza - è l'ambiente che ci invita a farci da parte. Gli anni non contano niente. Si può governare anche da centenari se la mente e il corpo lo permettono.
Ma adesso cosa accadrà? Chi sfiderà Donald Trump alle presidenziali del 5 novembre? Tutto dipenderà dall'esito della Convention Democratica che si terrà dal 19 al 22 agosto prossimo a Chicago, in Illinois, dove i delegati del Partito Democratico statunitense eleggeranno il candidato presidente e il vicepresidente. Joe Biden ha dichiarato il sostegno alla sua vicepresidente, Khamala Harris, che potrebbe diventare la prima donna afroamericana Presidente degli Stati Uniti d'America.
Dopo l'investitura della Harris da parte di Biden, il Partito Democratico ha raccolto decine di milioni di dollari da parte di piccoli donatori: un segnale di fiducia che fa ben sperare per i blu. Donald Trump ha dichiarato che battere la Harris sarà più facile che battere Biden, ma forse le parole del tycoon sono dettate dal suo provenire da un mondo in cui le donne ricoprivano ruoli marginali e non avevano ancora acquistato la piena autonomia. Adesso le donne ricoprono cariche politiche prestigiose - esempi sono Giorgia Meloni in Italia, Ursula von der Leyen in Europa e Marine Le Pen in Francia -, e sfidano gli uomini ad armi pari. E' bene che Trump lo sappia. Ad oggi, sottovalutare un avversario in quanto appartenente a un genere considerato fino a pochi decenni fa inferiore non è più possibile, ed è una mossa che potrebbe svantaggiare Trump. Non ci resta che aspettare come evoverà la situazione.
Articolo a cura di Paolo Maurizio Insolìa