22 APR 2025
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Dal Bosco Sacro alla Nuda Pietra: due secoli di guerre al crinale dell’Appennino

Dalla legge di Pietro Leopoldo del 1780 all’eolico di Monte Giogo: quando l’uomo ignora la lezione della natura

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Biffi Tolomei e l'appennino Biffi Tolomei e l'appennino © nc
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“La natura è la fonte di tutta la vera conoscenza”, affermava Leonardo da Vinci, intuendo con secoli d’anticipo il legame profondo tra equilibrio ambientale e civiltà. Ma non sempre gli uomini hanno saputo ascoltare il libro della natura. Il 24 ottobre 1780, con una legge destinata a segnare la storia del paesaggio appenninico, Pietro Leopoldo liberalizzava il taglio dei boschi, in aperto contrasto con la rigorosa tutela medicea voluta dopo l’alluvione del 1557. Una scelta spinta dalla logica del profitto, che portò all’erosione, alle frane, alla perdita irreversibile di equilibrio ambientale. Oggi, a distanza di oltre due secoli, negli stessi luoghi del Mugello si ripropone un nuovo conflitto tra tutela e sfruttamento: quello legato all’impianto eolico industriale sul Monte Giogo di Villore. Una ferita annunciata, come scrive l’archivista Cristina Tani, che rievoca le parole profetiche del Marchese Biffi Tolomei: “La guerra fatta alle leggi” continua ancora.

 

DISASTRI ECOLOGICI ANTICHI E MODERNI

Leonardo da Vinci, fine osservatore del libro della natura e primo ecologista ante litteram, arrivò ad affermare che “La natura è la fonte di tutta la vera conoscenza”. La storia che di seguito viene presentata risale a circa duecentocinquanta anni fa ed è la dimostrazione più evidente dei danni che derivano dall’ignorare questa massima. Esattamente il 24 ottobre 1780 Pietro Leopoldo emanava una legge che permetteva la libertà di taglio degli alberi sugli Appennini: questa disposizione contrastava fortemente con la severa legislazione medicea in materia, che aveva protetto fino ad allora le foreste appenniniche, e non solo.

Cosimo I, con la Legge sopra el non poter tagliare et lavorar l’alpe nel Dominio Fiorentino del 17 novembre 1559, aveva posto il divieto di abbattere, in qualunque modo, alberi entro un miglio (equivalente a 1,609 km) dalle cime montuose, prevedendo disposizioni molto severe in caso di inosservanza. Questa legge veniva adottata dopo due anni dall’alluvione del 13 settembre 1557, la più disastrosa di tutte quelle precedenti, e anche successive, con diverse centinaia di morti, crolli di palazzi e cedimenti strutturali in varie parti della città.

Con il Granducato Lorenese si era imposta una nuova visione del mondo tesa a liberalizzare i vari settori della società toscana e in questa fase di innovazione, positiva per molti aspetti, venne adottata anche la legge relativa alla libertà di taglio. Tale disposizione era propugnata dai possessori dei boschi che vedevano assicurarsi in questa maniera la possibilità di ingenti guadagni derivanti dalla vendita della legna, utilizzata principalmente per le carbonaie.
Tra i consiglieri di Pietro Leopoldo vi era il cugino di Francesco Maria Gianni, il Marchese Matteo Biffi Tolomei (1730-1802), uno dei collaboratori più stretti del Granduca, appartenente alla scuola fisiocratica e favorevole alla politica riformista del sovrano, e il cui archivio è conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze.

Nel suo Saggio di agricoltura pratica toscana, pubblicato nel 1804, il Marchese aveva riservato un paragrafo al Mugello, intitolato Alpe ossia Appennino Toscano e sue vicende agrarie nel quale, oltre a manifestare le sue profonde competenze nella gestione del territorio e in particolare delle campagne, esprimeva anche sentimenti di rispetto e di amore verso quel bosco, chiamandolo ora ‘beata Macchia’ ora ‘Bosco Sacro’. L’Autore partiva dalla premessa che non si poteva presumere un valore positivo al concetto di libertà nel caso del taglio dei legnami, perché non veniva preso in considerazione il fatto che in questo caso si distruggeva, mentre negli altri casi di liberalizzazione si favoriva un incremento della produzione.

Descrivendo i due schieramenti opposti sulla questione relativo alla libertà di taglio del legname il Marchese osservava:

Già si erano formati due Partiti uno per la Libertà, e l’altro per la conservazione delle antiche Leggi. Il primo aveva tutto l’alto Ministero in favore, ed era quello di moda, sostenuto da quelli che contavano sopra belle somme da prendere subito nella vendita di quella annosa Macchia e susseguente Sementa; nulla curando il male futuro. Il numero degl’Oratori a favore di questo sistema era grandissimo. Il secondo partito era debole per il numero, e disprezzato come accade quasi sempre ai vecchi opinionisti in confronto dei nuovi, e non mostrava somme di danaro da tirarsi subito, ma un interesse, che resultava grande per la sua lunga durazione, e che da pochi si conosceva”.

In quelle stesse zone gli interessi di alcuni proprietari di terreni boschivi, avidi di rapidi guadagni per il legname, avevano promosso una campagna per la liberalizzazione del taglio fino al ‘crine’, portando come esempio di una mentalità arretrata, la credenza che ‘la conservazione della Macchia Appennina avesse per unico oggetto la difesa della Campagna Subalpina dai venti perniciosi fino alla Capitale’. 

L’Autore, confutando il fatto che fosse stato addotto solo questo motivo per negare la libertà di taglio, fornì molte argomentazioni per affermare l'utilità della protezione dai venti data dalla 'Macchia', aggiungendo poi un lungo elenco dei benefici che sarebbero stati messi in pericolo dalla nuova politica liberale, arrivando a esprimere una seria preoccupazione per la conservazione stessa dei territori. Timori che trovarono purtroppo riscontro nelle osservazioni degli anni seguenti: “la terra iniziò a mostrare i segni dell’erosione, lasciando spazio alla nuda pietra. I torrenti non più trattenuti dalle piante esondarono e provocarono spesso gravi danni”. E in un altro studio Sopra la libertà, o Vincolo di taglio di Macchia, e Sementa dentro al Miglio dal Crine o Cima dell'Appennino, presente nel suo archivio, Matteo Biffi Tolomei arrivava a concludere che la grande devastazione dovuta all’opera dei carbonai, giunti anche fuori del Granducato, era accresciuta dal fatto che veniva utilizzato solo un terzo del legname tagliato, e concludeva con amarezza:

“Che dunque si può ora sperare da quel luogo, con molto studio nei tempi barbari conservato in quell'ammirabile stato, che lo aveva stabilito la Natura, ed ora nel Secolo illuminato filosoficamente devastato?”.

Proprio in quegli stessi luoghi si svolge oggi un altro disastro ecologico annunziato e denunciato da più parti relativo all’impianto industriale eolico di Monte Giogo di Villore, di cui molti hanno scritto. 

In proposito si può citare ancora, con una riflessione del Marchese presente nello Studio sul Mugello: 

Non và lasciato di rammentare quei vantaggi che lo Stato naturale dell’Alpi somministrava agl’Uomini, e che le Leggi difendevano; per confrontarlo con ciò che è resultato dopo la Guerra fatta alle Leggi”.

E occorre riconoscere che anche nel caso odierno, sempre in quegli stessi territori, vi è stata una guerra alle leggi, una guerra grande.

Cristina Tani
Archivista
Comitato Tutela Crinale mugellano Crinali Liberi – TESS - Transizione Energetica Senza Speculazione

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Commenti 1
  • Fabrizio Quaranta

    C'e' da sempre la nobile, sacra e utile LIBERTA' e chi poi la reinterpreta a suo modo furbesco, incivile, meschino, lucrativo come libbberta' dfcp (di farsi i c. propri) . E' proprio questo seconda interpretazione tanto abusata in Italia che, in assenza di regole e pianificazione pubblica, sta permettendo il piu' grande assalto ai territori agronaturali italiani da parte degli arrembanti predatori della speculazione energetica mascherati di verde filantropico

    rispondi a Fabrizio Quaranta
    mar 15 aprile 12:39