Purtroppo ci risiamo. Ancora una volta siamo costretti ad assistere alle violenze di polizia e carabinieri nei confronti di manifestanti inermi. Stavolta è accaduto a Pisa e a Firenze, dove il 23 febbraio scorso si sono svolte rispettivamente due manifestazioni pro Palestina per chiedere il cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza e la libertà del popolo palestinese, che da decenni si vede strappare importanti fette di territorio da Israele e vive confinato entro le così dette barriere di separazione - muri alti otto metri sorvegliati ventiquattr'ore su ventiquattro da militari -. Quando i cortei hanno cercato di proseguire - a Firenze verso il Consolato americano e a Pisa verso Piazza dei Cavalieri -, sono stati respinti dalle forze dell'ordine a suon di manganellate. La conta è di diciotto studenti feriti, di cui dieci minorenni.
Dev'essere ancora fatta chiarezza circa l'accaduto. Importanti figure politiche hanno espresso la propria indignazione, come la segretaria del PD Elly Schlein e il Presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Lo stesso ha fatto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, rivolgendosi al Ministro dell'interno Matteo Piantedosi, ha dichiarato che l'autorevolezza delle forze dell'ordine non si misura sui manganelli - che al contrario è sintomo di fallimento - ma sulla capacità di assicurare la sicurezza tutelando la libertà di manifestare, come sancito dall'articolo 21 della Costituzione italiana.
Immagini del genere - riprese dai cellulari dei presenti - fanno ripiombare la mente ad atroci episodi del passato vissuti nel nostro paese, in primis al G8 di Genova. Correva l'anno 2001, e gli uomini e le donne che formavano i cortei pacifisti vennero massacrati dalle forze dell'ordine. Centinaia i feriti, e un morto: Carlo Giuliani.
Il Presidente Mattarella ha ragione nel dire che usare la violenza sui ragazzi esprime un fallimento, ma bisogna sempre chiedersi quando è legittima e quando no. Essere sempre dell'opinione, come succede spesso, che polizia e carabinieri siano sempre dalla parte del torto quando ricorrono ai manganelli, è dogmatico, e quindi errato, in quanto esclude a prescindere ogni possibilità non conforme al proprio credo. Bisogna riflettere in ogni circostanza, senza cadere nella tentazione, all'apparenza più semplice ma in realtà suicidaria, di vedere o tutto bianco o tutto nero. Com'è ovvio, non è il caso del Presidente Mattarella, in quanto le sue parole sono circostanziate agli episodi accaduti nelle due città toscane.
Se durante le partite di calcio non ci fossero le forze dell'ordine, ogni domenica si conterebbero morti e feriti. Quando due tifoserie si scontrano, l'intervento della polizia è fondamentale. E non può che essere vigoroso. Chi detesta a prescindere le forze dell'ordine, o è dalla parte della criminalità o segue il branco. In entrambi i casi, è in torto. Nel caso delle manifestazioni di Pisa e Firenze, la prima considerazione da fare è domandarsi da chi erano formate. La risposta è da giovani, in gran parte studenti, "armati" di bandiere, striscioni e cartelli che chiedevano il cessate il fuoco in Palestina e uno stato palestinese riconosciuto dai paesi occidentali. Le immagini parlano da sé: si vedono zaini, nessun volto coperto e soprattutto nessun tipo di arma.
Non è chiaro cosa abbia fatto scattare tale violenza. Provocazioni da parte di alcuni? Spintoni? O magari sputi? Sono soltanto ipotesi, ma qualunque sia il motivo che abbia provocato una reazione così spropositata, non è giustificabile. In un paese democratico come il nostro non è ammissibile che le forze dell'ordine ricorrano a tanta violenza. Alle provocazioni, o peggio alle pressioni, si può e si deve rispondere in maniera più civile. Chi è stato ferito a Pisa e Firenze voleva portare un messaggio di pace e di speranza in una terra devastata da un conflitto che sembra interminabile. Non erano ultras armati di sanpietrini, mazze di ferro e molotov.
E' arrivato il momento, da parte della nostra classe politica, di inserire i codici identificativi per gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico, in modo da segnalare chi non rispetta la legge e quindi sanzionarlo. Sono venti i paesi membri dell'Unione Europea che hanno introdotto tale misura, e l'Italia deve provvedere: ne va, tra le altre cose, della sua credibilità in Europa.