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Donne e violenza. Il fenomeno globale e le sue radici culturali

La donna è considerata un essere inferiore da millenni, sia da un punto di vista fisico che mentale e...

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Violenza sulle donne Violenza sulle donne © nc
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Il problema della violenza contro le donne è, purtroppo, sempre attuale e costituisce “la più diffusa violazione dei diritti umani” (ONU); essa, infatti, è trasversale, sistemica e strutturale e pervade l'intera società, interessando donne di ogni età, livello economico, istruzione, credo religioso, ceto sociale e provenienza geografica.

La donna è considerata un essere inferiore da millenni, sia da un punto di vista fisico che mentale e la violenza contro di essa è un fenomeno costante e presente ovunque; può diversificarsi a seconda dei contesti culturali, ma la sostanza non cambia: pensiamo alle spose bambine o ai matrimoni combinati o, ancora, alle uccisioni da parte dei familiari delle ragazze che si ribellano alle tradizioni (l'omicidio di Saman Abbas nel 2021 a Novellara è solo uno dei tanti casi). A questo proposito, quello che viene “punito “sembra essere il movimento della donna, o il tentativo di movimento, che può consistere ad esempio nella consapevolezza di doversi allontanare da un rapporto di coppia che non funziona più, cercando in tal modo una maggiore realizzazione personale.

Sappiamo, infatti, che almeno sette femminicidi su dieci, che avvengono in Italia, sono causati da un convivente o da un ex partner all'interno di una storia di violenza che si protrae nel tempo. Chiaramente, non parliamo “soltanto” di violenza fisica, ma anche di violenza psichica, che si rivolge contro la mente dell'altra, cosa che la rende meno visibile, ma non meno dannosa; alla base di entrambe ci sono l'odio, la rabbia e il pensiero che l'altro non valga nulla e debba essere trattato come un oggetto; in questo senso considerare gli altri esseri umani come cose deriva da una perdita grave e profonda degli affetti e della sensibilità.

La violenza psichica può anche non trasformarsi mai in fisica e rimanere sempre invisibile, ma comunque presente in persone” insospettabili”, che conducono una vita regolare e apparentemente normale. Nella cultura e nelle scienze criminologiche e psichiatriche è presente ancora l'antico concetto di “raptus”, secondo il quale, a un certo punto della vita una persona assolutamente sana potrebbe diventare un feroce assassino. Vi sono, però, attualmente altre correnti di pensiero che ipotizzano che alla base di certi comportamenti violenti ci sia, se non proprio una patologia mentale manifesta, quantomeno un disturbo latente del pensiero che si concretizza in un rapporto violento tra uomo e donna e farebbe ammalare l'altro che sta male psichicamente, ma talvolta anche fisicamente; infatti, anche il corpo si può ammalare come conseguenza del disagio mentale (disturbi gastrointestinali, ginecologici o dermatologici).

Ci troviamo di fronte, quindi, a una personalità apparentemente valida e sicura dell'uomo, che però nasconde anaffettività, a fronte di una situazione, spesso, di fragilità e di scarsa autostima nella donna che può arrivare anche alla depressione. Si può stabilire una relazione basata sul controllo e sulla dipendenza, un rapporto, perciò, non fondato sul confronto e sullo scambio, ma sul possesso e sullo scontro continuo, in cui, al posto dell'amore per l'altro sono presenti la rabbia e l'odio. Spesso le donne, che di solito sono le vittime, fanno resistenza a parlare della loro situazione, per vergogna, paura, sensi di colpa o rabbia; a volte è presente anche un senso di inadeguatezza per non essere riuscite a cambiare il partner, altre volte, pur essendo consapevoli della violenza, non si riesce a rifiutare il partner e la situazione drammatica, e cominciano a manifestarsi malattie fisiche o psichiche, quali attacchi di panico, ansia, insonnia, difficoltà a concentrarsi e disturbi della memoria, fino ad arrivare al disturbo post-traumatico da stress cronico, o all’abuso di alcol o di sostanze stupefacenti.

Per tornare agli aspetti culturali che interessano il fenomeno della violenza contro le donne, possiamo vedere come, a partire dai messaggi pubblicitari, il corpo femminile venga spesso associato a un prodotto da vendere, equiparandolo a una merce che si può comprare e usare (pensiamo, estremizzando il discorso, alla pornografia). Questo clima culturale è fondamentale perché è quello in cui gli esseri umani crescono, studiano, lavorano, assimilando i valori dominanti che sono altamente discriminatori e dannosi.

I modelli ritenuti responsabili della violenza contro le donne in ambito sociologico sono: il patriarcato e la reazione degli uomini a una maggiore libertà delle donne e, dunque, alla susseguente crisi della società patriarcale stessa. Se ci riflettiamo, in effetti, mai come negli ultimi decenni le donne si sono emancipate dalla dipendenza psicologica e materiale dall’uomo.

Ci sembra, quindi, che l'aspetto culturale e le dinamiche interumane patologiche si intreccino presentandosi come due facce della stessa medaglia: infatti, le vicende personalissime di ognuno di noi e delle sue relazioni con gli altri, si nutrono della cultura in cui tutti siamo immersi fin da quando nasciamo e di cui assorbiamo i valori.

Sappiamo che per le donne vittime di violenza è abbastanza difficile chiedere aiuto, un po' per la mancanza di informazioni relative ai servizi a cui potersi rivolgere (centri antiviolenza, sportelli di ascolto e aiuto), ma anche perché spesso non hanno la piena consapevolezza di quello che stanno vivendo oppure se ne vergognano o hanno il timore di uscire allo scoperto per la paura, non infondata, di ritorsioni e vendette da parte del partner o dell'ex; può essere presente anche scarsa fiducia nelle forze di polizia e nelle istituzioni in genere, insieme al timore di non essere credute né protette adeguatamente o magari di non avere le risorse materiali per mantenere se stesse o i figli. Infine, ci sono i condizionamenti sociali e culturali, che portano a pensare di vivere una situazione più o meno “normale” perché magari è comune anche a conoscenti, parenti, amiche che non si lamentano.

C'è da dire che comunque la sensibilità su questo tema negli anni è molto aumentata, infatti, anche le forze dell'ordine hanno istituito servizi speciali che si occupano della prevenzione e dell'interven-to contro la violenza domestica e lo stalking. Sul nostro territorio sono presenti, anche se in maniera non uniforme, i centri antiviolenza aperti 24 ore su 24 e contattabili attraverso il numero telefonico nazionale 1522; le case-rifugio che accolgono le donne e i loro figli per salvaguardarne l'incolumità fisica e psichica e il cui indirizzo è noto solo a chi opera nei sevizi e all'autorità giudiziaria. Esistono poi gli sportelli antiviolenza situati nelle sedi dei Comuni oltre che in molti ospedali, ma è possibile chiedere aiuto anche agli sportelli psicologici nelle scuole, al medico di famiglia, al consultorio, al ginecologo di fiducia o al pediatra, per chi ha bambini.

I CAM (centri di ascolto per uomini maltrattanti) si occupano, invece, di prendere in carico uomini autori di comportamenti violenti nelle relazioni affettive; purtroppo, circa il 40% abbandona il percorso perché carente di una motivazione personale profonda, essendo stati inviati al centro dall'autorità giudiziaria o dall'avvocato per ottenere benefici di legge. Per quanto riguarda la prevenzione, è importante sottolineare che nella maggioranza dei casi di violenza contro le donne erano presenti “campanelli d'allarme” inascoltati precedenti alla violenza stessa; l'uso di sostanze stupefacenti e alcol o la presenza di malattie psichiatriche sono indici predittivi di una possibile futura manifestazione di aggressione, così come la violazione delle misure coercitive a cui era stato sottoposto il soggetto in quanto già autore di violenze. È importante, quindi, non sottovalutare quei segnali che potrebbero indicare la presenza di un'alterazione del pensiero nell'uomo che poi diventerà un persecutore o, nel peggiore dei casi, un omicida.

E' in corso da anni un processo di sensibilizzazione, sia da parte delle istituzioni, ma anche a livello individuale sul tema della violenza contro le donne; ancora tantissimo c'è da fare, siamo solo agli inizi, ma è stato avviato un percorso che chiede la partecipazione delle donne ma anche degli uomini per la costruzione di relazioni basate sull'uguaglianza, ma anche, nello stesso tempo, sulla diversità, perché, come ogni singolo individuo è uguale agli altri, nel senso di non essere né inferiore né superiore, è anche unico e originale quindi diverso da ogni altro essere umano e degno di rispetto e cura.

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Cristina Ghezzi, Psicologa - Psicoterapeuta

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