Nel momento in cui Firenze per la seconda volta in un anno è protagonista di un tragico incidente sul lavoro e nel momento in cui si contano i morti e dispersi e si soccorrono i feriti è doveroso anche iniziare a interrogarsi sul perché tutto questo è successo, soprattutto perché molti adesso parlano di una strage annunciata.
In ben due occasioni erano stati sollevati molti dubbi sulla presenza della struttura, lì in quel sito.
Il primi cattivi pensieri sono stati espressi in un'intervista curata da Gian Luca Garetti e datata 3 novembre 2020 (leggi qui) uscita su "La città invisibile" quando il ricercatore del Cnr Maurizio Marchi di Medicina Democratica parlava dei rischi di questo sito.
Nell'articolo si legge: "I principali rischi sono, a mio avviso di quattro ordini: 1: incidenti catastrofici (esplosioni, anche a catena, incendi) 2: sversamenti “silenziosi”, prolungati nel tempo, come già avvenuto a Livorno, al sito Eni di Pomezia e probabilmente in altri siti petroliferi non solo Eni, a danno delle falde idriche 3: l’impatto sulla salute dei lavoratori e dei cittadini circostanti gli impianti 4: i consumi petroliferi diffusi sulle strade, nelle città (pensiamo allo stato pietoso in cui versa il centro di Firenze con il traffico di auto e scooter …)".
Due anni dopo, precisamente nel giugno 2022, è stato lo stesso comune di Calenzano, dove si trova il sito, a richiedere un approfondimento che metteva chiaramente in evidenza i rischi legati a questa struttura.
Uno studio basato sulle rilevazioni di Arpat, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, che potremmo definire un perfetto manuale di ciò che in protezione civile viene chiamato "rischio industriale". Lo studio sottolinea la presenza di due insediamenti industriali classificati come «a rischio di incidente rilevante». Tra questi spicca il deposito Eni, situato in via Erbosa, al confine con i comuni di Campi Bisenzio, Prato e Sesto Fiorentino. Si tratta di una struttura di grandi dimensioni, che occupa una superficie di 170.300 metri quadrati ed è strategica per la rete italiana dei carburanti.
Preoccupa, come evidenziato dallo studio, la collocazione del deposito, definita particolarmente critica per la vicinanza a importanti infrastrutture regionali e nazionali. La ferrovia si trova a poche decine di metri di distanza, l’Autostrada del Sole A1 a circa 800 metri, mentre l’A11 Firenze Mare dista circa un chilometro e mezzo. Anche l’aeroporto di Peretola è molto vicino, trovandosi a poco più di 5 chilometri dal deposito. Ma non è tutto: nei pressi si trovano anche due centri commerciali, tra cui uno dei più grandi d’Italia, che fortunatamente non sono stati coinvolti nell’incidente.
Non osiamo immaginare cosa sarebbe potuto succedere se le fiamme non fossero state circoscritte al solo impianto di carico e se l’esplosione avesse coinvolto anche le cisterne.
Va inoltre considerata l’elevata urbanizzazione dell’area, sia industriale che civile. Nei pressi dell’impianto scorrono inoltre due corsi d’acqua, il Garrille e il Marina, di cui il primo è situato proprio adiacente ai confini dello stabilimento, aumentando esponenzialmente il rischio di contaminazione delle acque.
Il rapporto è chiaro e include anche un piano di emergenza, con la definizione di zone di rischio colorate per delimitare le aree di intervento.
- Zona rossa: è la più vicina all’impatto, con un raggio di 80 metri dal punto dell’evento. Qui possono operare esclusivamente i vigili del fuoco. Chiunque si trovasse in questa zona al momento dell’incidente sarebbe esposto a un rischio di letalità elevato. È la cosiddetta zona di "sicuro impatto".
- Zona arancione: definita "zona di danno", ha un raggio di 130 metri dall’evento. In questa area si devono prevedere effetti sanitari irreversibili. Non vi sono edifici residenziali, ma l’area è attraversata dalla ferrovia della linea Bologna-Firenze.
- Zona gialla: detta "zona di attenzione", è caratterizzata da una soglia di pericolo che può causare danni reversibili, soprattutto in soggetti fragili. Questa zona comprende un’area di 200 metri di raggio dal punto dell’evento.
Tutti conoscevano i rischi, e questi erano stati messi nero su bianco. Perché, allora, oggi si è verificata la tragedia? Il rischio è stato sottovalutato? Perché si è deciso di costruire proprio lì?
Sono domande che attendono risposte, soprattutto per rispetto delle vittime.