23 MAR 2025
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Fare giocattoli in Mugello: la bella storia de “Il Leccio”

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Fare giocattoli in Mugello: la bella storia de “Il Leccio” Fare giocattoli in Mugello: la bella storia de “Il Leccio” © n.c.
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La copertina del nuovo libro di Fabio Volo E' tutta vita (Mondadori, 2015), uscito in questi giorni nelle librerie, presenta un particolare non da poco: un giocattolo costruito nel Mugello. Cercare di capire perché sia finito lì quel prodotto ci ha fatto scoprire una bella storia. La storia de "Il Leccio": una delle aziende di giocattoli più rinomate d'Italia e non solo. Artigiani si diventa, non necessariamente si nasce. Pensò questo Vittorio Lonzi a seguito dell’11 settembre 1973, quando dopo aver assistito al colpo di stato del generale Pinochet ai danni del governo di Salvator Allende, decise di dare un taglio alla sua vecchia vita, lasciare Santiago del Cile e reinventarsi un lavoro. Brillante demografo di professione, impiegato nel centro latino-americano di riferimento, scelse di tornare in Italia per costruirsi una nuova strada, dopo “la grande delusione personale e politica” (uno dei fatti più controversi e discussi del ‘900) vissuta drammaticamente in prima persona. Il caso volle che stesse per diventare padre: e anche per questo, in qualche modo, da quell’esperienza nacque un giocattolaio. Nel 1975 vede la luce “Il Leccio”: all’inizio nient’altro che una bottega privata in cui Vittorio operava da solo, cimentandosi  nella costruzione di originali giocattoli in legno. La cosa, però, non passò inosservata a Carlo Basso - storico proprietario della nota catena ludica “La città del Sole”, scomparso nel 2013 – che si accorse dell’esistenza dell’azienda (azienda dal 1982) nel territorio del Mugello, a Borgo San Lorenzo: sede scelta da Lonzi perché "luogo più ameno. più verde, più adatto rispetto a Firenze", sua città natale. I due avviarono una collaborazione duratura basata su alcuni principi fondamentali: qualità e funzionalità dei prodotti, centralità delle esigenza del bambino nella scelta dei giocattoli, divertimento sul lavoro. Con queste prerogative “Il Leccio” si è imposto negli anni sul mercato internazionale, dagli States al Giappone fino alla Germania, rappresentando forse un unicum all’interno del panorama italiano:  dove, per quanto si dica, “la tradizione del giocattolo artigianale è inesistente, e c’è un deserto nel settore”. Ma il mondo cambia, e con la globalizzazione è cambiato anche il mercato: il livellamento, la standardizzazione imposta dal libero commercio internazionale - soprattutto a partire degli ‘anni ‘2000 - ha avuto i suoi effetti e ha portato le sue conseguenze: realtà piccole e artigianali, non adattandosi ai frenetici ritmi industriali, sono state divorate ed assorbite perché non sufficientemente competitive contro colossi per cui la quantità ha la meglio sulla qualità. E anche “Il Leccio”, pur resistendo imperterrito il più possibile, ha dovuto cercare di inserirsi in un nuovo scenario, in cui le regole del gioco sono cambiate. Oggi in Via Dei Cappuccini 5, a Borgo, lavorano tre dipendenti, perché la produzione ha subito una dislocazione all'estero. Non per questo Vittorio Lonzi ha snaturato se stesso e l’azienda da lui fondata: a 40 anni dalla scelta di fare il giocattolaio – attingendo  inizialmente a quelle rudimentali conoscenze che possedeva per via famigliare – è ancora la passione a guidare la sua attività. L’importante rimane “dare lo strumento corretto, idoneo all’età giusta. Perché in ogni età un bambino ha delle necessità, ed è compito di un genitore mettere le mani di suo figlio il prodotto che soddisfi quelle necessità: cioè metta alla prova e stimoli l’inventiva, la logica, la memoria di un bambino. E in questo i giocattoli fatti a mano, meccanici e non elettronici, ancora oggi hanno un qualcosa in più […] i prodotti elettronici non insegnano, spesso non sono costruiti con un fine didattico, e per questo nelle mani di bambini ,da pochi mesi fino a 5-6 anni , non assolvono la loro funzione: è troppo facile usarli, e il bambino non impara mentre si diverte”.   Gli articoli elettronici, oltre che più numerosi, sono anche quelli che a prima vista, nel loro aspetto esteriore, hanno una forza d’attrazione maggiore: ma nei genitori, non nei figli. Capita infatti che “si comprino giocattoli pubblicizzati, di grandi dimensioni, che facciano un certo affetto su chi li riceve: si guarda alla forma e non alla sostanza. E quei giocattoli non servono veramente ai bambini, ma comunque rispondono alle esigenze del mercato, che oggi più che mai influiscono sulla produzione". Un esempio di questo nuovo andamento viene dalla Fiera internazionale del Giocattolo di Norimberga. Dopo 30 anni di partecipazione ininterrotta, quest’anno “Il Leccio” si è chiamato fuori: perché non più l’originalità e la dedizione, ma l’adeguamento a certi canoni e a certe “richieste”, sembra attirare le catene ludiche internazionali. Ma in questo convulso mercato votato all’infinito consumo - e quindi alla ripetitività, all’omologazione e all’eccesso superfluo – “Il Leccio” resiste e persiste. I giocattoli di Lonzi, nella semplice veste in cui si presentano, sono geniali perché alle spalle hanno un lavoro impeccabile e delle idee che nascono per soddisfare i bambini,  non le grandi piazze economiche per cui il profitto è una religione. Il Gropius – che si ispira a un progetto del celebre architetto della Bauhaus, come suggerisce il nome – è un groviglio di tante listarelle di legno incastrate tra loro per dare origine a oggetti diversi, e da qualsiasi parte lo si guardi le forme non sono mai uguali; Il Joupii è un omino fatto di pezzetti di legno tenuti insieme da un robusto cordoncino elastico, che consente mille movimenti differenti nel segno di una stupefacente versatilità; Il Polariscopio – ultimo giocattolo lanciato sul mercato -  cerca di superare 200 anni di dominio assoluto del classico Caleidoscopio utilizzando filtri polarizzatori applicati a principi fisici, così che i colori sembrino nascere dal nulla e l’effetto si avvicini a quello di un arcobaleno: I bambini ne sono entusiasti, gli adulti stupiti. Sono solo alcuni esempi delle decine di articoli che l’azienda continua a sfornare, nel silenzio del panorama mugellano, non rinunciando mai ad eleganza e creatività. In un connubio perfetto di tradizione e innovazione, di studio e passione. E’ una grande storia quella di Vittorio Lonzi. Un uomo curioso, e “ottimista per natura”, che dopo aver girato il mondo ha scelto di stabilirsi nel cuore del Mugello a fare l’artigiano. La sua è una sfida all’era digitale, uno schiaffo in faccia alle logiche oscure della modernità. Ha un unico vizio: si diverte a costruire giocattoli. E nonostante tutto, a 76 anni, sembra non volersene privare.

 

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Commenti 1
  • I Giochi intelligenti della bottega di Mr.Lonzi ~ OK!Mugello

    […] Nazioni Unite. Ma, ormai, da molti anni l’inventore dei balocchi intelligenti. Ok!Mugello lo intervist, quando un anno fa’, un suo gioco fin sulla copertina dell’ultimo libro…. Oggi, Il Corriere Fiorentino ne torna a parlare e noi reputiamo interessante ricordare la storia […]

    rispondi a I Giochi intelligenti della bottega di Mr.Lonzi ~ OK!Mugello
    lun 22 agosto 2016 08:00