
L’operazione multiutility in Toscana, che ha visto il passaggio di quote del Comune di Firenze ad ALIA, solleva numerose preoccupazioni circa la gestione e il controllo delle partecipate pubbliche. In particolare, il patto che ha consentito a Firenze di cedere una parte delle quote di Toscana Energia a Italgas, secondo un accordo del dicembre 2022, solleva interrogativi su un possibile vantaggio per Palazzo Vecchio rispetto agli altri enti locali. La domanda che si pone riguarda se, dietro a questa decisione, ci sia stata la volontà di garantire al capoluogo un ruolo preminente come socio di maggioranza relativa, a scapito degli altri territori toscani.
La critica si estende anche alle modalità operative del sistema multiutility, che appare opaco e privo di adeguata trasparenza verso la cittadinanza. L'operazione, sebbene presentata come una grande opportunità per il pubblico, si configura in realtà come una privatizzazione dei servizi strategici, con ALIA che, sebbene distribuisca dividendi ai Comuni, si comporta come un soggetto privato. Questo solleva preoccupazioni anche sul passaggio di proprietà delle partecipate, che avviene senza un adeguato coinvolgimento dei consigli comunali, creando una sensazione di distacco tra le decisioni politiche e la cittadinanza.
Le critiche riguardano anche l’applicazione delle normative previste dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) e dal Testo Unico delle Società a Partecipazione Pubblica (TUSP), con l’accusa che le scelte siano state fatte senza il necessario coinvolgimento degli organi competenti e in modo che favorisca gli interessi privati, in particolare quelli di Italgas.
L’opposizione al modello di privatizzazione dei servizi essenziali è da sempre una posizione sostenuta dalle forze di sinistra, che denunciano come, al di là dei benefici per il pubblico, le operazioni come quella di Toscana Energia siano in realtà finalizzate a massimizzare i profitti per i soci privati, a discapito dei lavoratori e degli utenti. In un contesto di disastri provocati dal modello liberista, viene auspicata una revisione delle politiche pubbliche, con la ripubblicizzazione dei settori strategici e un nuovo approccio basato su logiche sociali, anziché di mercato.