Col processo in secondo grado d’aprile sempre più vicino, il caso si complica. Le audizioni della commissione d’inchiesta bis di ieri pomeriggio (lunedì 21) hanno portato di nuovo la storia del Forteto a incrociarsi pericolosamente con quella, più nota, del Mostro di Firenze. Il primo a presentarsi di fronte i consiglieri regionali è stato Luciano Malatesta, testimone nei processi sui “compagni di merenda” negli anni passati. Dopo aver raccontato le drammatiche vicende della famiglia (del padre e degli zii) e lo sviluppo delle indagini, collegamenti espliciti non sono emersi, ma si è parlato di «messe nere a cui parteciparono diversi personaggi, unitamente a bambini da ricollegarsi ipoteticamente a quelli ospiti del Forteto». Non solo: «Molti festini, vere e proprie orge che videro protagonisti un gruppo di persone (definite una vera e propria banda, ndr), legate fra di loro (…) In un grosso e articolato apparato di coperture». E coperture ai piani alti. «Come messo in luce a suo tempo anche da Michele Giuttari (ex-capo della SAM), l’ipotesi Mostro non è assolutamente da scartare», ha precisato l’esponente della Lega Nord Jacopo Alberti. Dopo Malatesta, è stata la volta di Ubaldo Nannucci, capo della procura di Firenze tra il 2002 e gli inizi del 2008. Pur essendo in servizio quando esplose la vicenda per l’azione del collega Casini, del Forteto, direttamente, non si sarebbe mai occupato. Dell’attività del Tribunale per i minorenni e della funzione del giudice minorile, in termini generali, invece sì. In merito si è espresso il presidente Paolo Bambagioni (Pd), chiedendo come, proprio da parte del Tribunale ci siano state forti e inspiegabili carenze, per cui si è continuato a mandare ragazzi al Forteto, contribuendo quindi ad accrescere la credibilità della comunità. Il tutto in contrasto con le sentenze e nonostante le sanzioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. «Come si può spiegare? Copertura? Superficialità?». Nannucci è stato chiaro: «E’ una questione di professionalità, di comprensione del ruolo, dei compiti e della funzione della magistratura. Sono da sempre critico riguardo al principio della specializzazione, che comporta il rischio della deformazione professionale. Una separazione del giudice, che tende a sentirsi dotato di poteri specialistici non censurabili dall’autorità di altri colleghi, dall’attività reale e dalla vita delle persone. Questo comporta spesso un danno al compito principale, alla funzione fondamentale anche del giudice minorile, che dovrebbe essere quella di avere un contatto personale e diretto con i ragazzi». Un contatto personale che avrebbe potuto, e dovuto, far emergere una situazione di totale anomalia. «La cessazione dei rapporti tra i ragazzi e la famiglia d’origine, che non appartiene a nessun tipo di modello educativo, è un assoluta aberrazione - ha continuato Nannucci - Cose che, a mio avviso, chi ha svolto quella funzione per diversi anni avrebbe dovuto considerare. Il Forteto è un caso di macroscopica disattenzione». Ha rincarato poi la dose Alberti, chiedendo se fosse credibile pensare a delle connessioni con il Mostro, e sentendosi rispondere che «sì, una delle ipotesi possibili era quella di una connessione tra le vicende del mostro di Firenze e del Forteto, ma l’indagine della squadra mobile non portò allora a nessun risultato». Inoltre, l’ex procuratore ha ricordato come durante l’indagine sui mandanti del mostro tra le procure di Firenze e Perugia ci furono dissensi nell’agire, con episodi molto spiacevoli. In particolare le indagini di Perugia travalicavano i confini della competenza funzionale del proprio ufficio: e infatti il conflitto di competenze fu risolto a Genova. Ultima a essere sentita è stata Francesca Chiavacci: politica, attivista, ex-consigliere comunale a Firenze (Pd) e attuale Presidente nazionale dell’Arci (Associazione Ricreativa e Culturale Italiana, fondata nel 1957). “Il Forteto – ha sostenuto - era una struttura apprezzata in zona, poiché aveva avuto il merito di creare nuovi posti di lavoro». E i suoi stessi genitori, abitando a Londa, spesso si recavano alla cooperativa. Ma la sua conoscenza della zona, risalente al 1994, non era approfondita. Anzi, ne sapeva poco o nulla. Cosa denunciata senza giri di parole da Andrea Quartini (M5S): «Si è confermata l’evidenza della superficialità della politica, che non aveva ben guardato e non aveva capito. Quasi una fuga dalle proprie responsabilità». Ha chiuso la giornata Alberti con alcuni considerazioni. Dopo aver notificato la ricomparsa della voluminosa relazione – di oltre 600 pagine - relativa all’ispezione ministeriale condotta in due fasi dall’agosto 2013 al novembre dello stesso anno, ha puntato il dito contro un’ apparente incongruenza. «E' curioso: gli ispettori, in prima battuta, suggeriscono il commissariamento della struttura, mentre pochi mesi dopo, adducendo il fatto che siano state regolarizzate delle “cose sanabili”, non ripropongono più la stessa richiesta. Un dietrofront piuttosto strano: quali situazioni sono state rimesse a posto in così poco tempo?».