
Continua la discussione sull'impianto a Biomasse di Petrona, con una nuova nota che riceviamo e pubblichiamo di Claudio Borghi, candidato alla Presidenza della Toscana per Lega Nord e Fratelli d'Italia.
L’obiettivo fissato dalla Regione Toscana nel Piano 2013-2020 di diminuire la produzione di rifiuti, trasformandoli in risorsa, attraverso la promozione della raccolta differenziata fino al 70%, è restata, nei fatti, solo una buona intenzione. La suddivisione della Toscana in tre mega-ambiti (Toscana Costa; Toscana Centro; Toscana Sud) per la programmazione del “conferimento dei rifiuti” negli impianti e soprattutto nelle discariche, ad oggi non ha prodotto alcun effetto positivo sui territori, sui Comuni e sulla popolazione: si tratta di un sistema di gestione solo a vantaggio delle società private, o miste pubblico-privato, che ne traggono ingenti profitti. Le stesse aree, che raggruppano più province, non hanno raggiunto un’autonomia gestionale e necessitano ancora di accordi interprovinciali di trasferimento dei rifiuti, da una zona all’altra, da un impianto all’altro, per non incombere in uno stato di emergenza, ma sopratutto per non abbassare quella “quota” di garanzia del profitto. Non a caso, pur essendo esaurita la discarica di Vigiano (Borgo San Lorenzo) si continua a trasferire i rifiuti a Montespertoli con costi maggiori per i Cittadini. I Comuni del Mugello raggiungono livelli bassissimi di raccolta differenziata (38%), come numerosi altri Comuni toscani, ma, anche laddove si siano raggiunti livelli importanti di differenziazione con percentuali intorno al 60%, il risultato non è cambiato, perché non è prevista dagli ATO alcuna riduzione tariffaria e nessun incentivo per le comunità virtuose. Non chiudono le discariche, non diminuiscono le tariffe per la raccolta differenziata; prolificano invece, in diversi territori della Toscana, nuovi impianti di trasformazione a biomasse, sempre gestiti da società private, che dietro la parvenza di impianti a “energia rinnovabile”, in verità sono impianti di combustione che emettono nell’aria polveri e anidride carbonica, finalizzati però alla produzione di altra energia elettrica, e quindi di altro profitto. Non stupisce che la Ditta proponente per la gestione delle centrale di Petrona si sia rifiutata di rendere noto il piano finanziario, nascondendosi dietro la riservatezza “privata” dei dati economici, pur ricevendo contributi pubblici. Non stupisce l’ambiguità della Regione Toscana che nel Piano Ambientale Energie Rinnovabili riconosce le condizioni per l’inserimento di piccoli impianti a biomasse, ma nello stesso tempo evidenzia che ci sono problematiche da non sottovalutare, pur sottoscrivendo un protocollo di intesa insieme a Uncem, Anci, Upi, Cgil, Cisl, Uil, Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Lega Cooperative e Confcooperative per l’attivazione della filiera bosco-legno-energia nella zona, puntualizzando che il territorio e paesaggio, come da linee guida regionali proprie della Toscana e come da Piano paesaggistico, rappresentano beni da tutelare. Ci sono aspetti molto gravi da rilevare nella vicenda: l’inosservanza di 7000 firme raccolte sul territorio contro l’impianto a biomasse; la posizione dell’Arpat che in Conferenza dei servizi ha rilevato una serie di criticità nella realizzazione dell’impianto a biomasse, pur di fatto autorizzandolo; la mancata effettuazione della valutazione di impatto ambientale durante il procedimento autorizzativo per l’impianto a biomasse, come richiesto da sentenza della Corte Costituzionale n.93/2013, anche per piccoli impianti. L’impegno è quello di rivedere la programmazione dello smaltimento di rifiuti in Toscana, compresa la prolificazione degli impianti a biomasse, con l’abolizione della politica di istituzione degli Ato, ritornando ad una gestione dei servizi e degli impianti basata su scala locale, dove i Comuni possano esercitare una sovranità amministrativa più vicina alle peculiarità e alle istanze del territorio.