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In Bike alla Stazione abbandonata di Fornello

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In Bike alla Stazione abbandonata di Fornello In Bike alla Stazione abbandonata di Fornello © n.c.
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Un nuovo racconto di Guglielmo Braccesi. Una nuova esperienza per degli "escursionisti" curiosi in mountain bike alla "scoperta" della Stazione abbandonata di Fornello sulla via ferrata che da Borgo San Lorenzo si inerpica in appennino verso Faenza. La Stazione di Fornello non è solo un luogo abbandonato incastonato in natura incontamita, ma riveste anche un ruolo interessante sotto il profilo storico ferroviario.

E’ autunno, cadono le foglie e le giornate si accorciano sempre di più. E’ il periodo dell’anno in cui si comincia a programmare la preparazione per l’anno in divenire ed in cui le uscite in bici cominciano ad avere una ben precisa tabella da seguire. Ma quest’oggi viene un po’ tutto rivoluzionato con la proposta di Enrico di andare alla Stazione di Fornello. Non ci sono mai stato, ho solo visto qualche foto ed ascoltato alcuni racconti ed anche so che la girata non sarà da vero programma di allenamento, sono davvero incuriosito. Oggi siamo solamente io, Marco ed Enrico e mentre iniziamo a pedalare sulla provinciale, con Marco scambio alcune considerazioni sul Bianchi Factory Team, quello del quale lui già fa parte nel settore strada, mentre io sono solo stato proposto per il settore mountain bike. Quest’anno però il target richiesto per entrarne a far parte, sembra sia molto più alto degli anni passati e, notizia proprio di oggi, sembra che con i miei risultati della stagione appena conclusa, non riesca ad entrarci. Beh peccato, mi sarebbe piaciuto… Iniziamo quindi la nostra pedalata in una mesta andatura, per poi ritrovarci, come al solito, a spingere abbastanza vigorosamente. La strada procede in salita e dalla strada asfaltata, passiamo alla strada sterrata, per poi passare ad un acciottolato, per poi passare ad un sentiero, sempre più ripido, per poi caricarci le biciclette sulle spalle e procedere per alcuni tratti a piedi. Il bosco di castagno ha un bellissimo colore, le foglie variano dal giallo all’arancio, al marrone e sotto le nostre ruote scricchiolano come a frantumarsi. Iniziamo a vedere alcune strutture in pietra, qualche muro, poi dal bosco più fitto, come dal nulla, appare un viadotto ad archi in pietra serena che è uno spettacolo di architettura. Sono strutture che risalgono alla fine dell’ottocento, opere interamente costruite a mano, ma ancora in perfetto stato di conservazione. Mica male lavoravano allora. Ad un bivio Marco mi dice di salire, passiamo da sopra, andiamo a vedere la miniera. Facciamo ancora un po’ di strada in ripida salita fino a scorgere una piccola ferrovia a scartamento ridotto (in gergo: Decauville). Da qui, con questa piccola ferrovia il materiale cavato dalla montagna veniva portato sino alla stazione sottostante e da qui caricato sui vagoni merci che li portavano alle varie destinazioni. L'impianto, seppur abbandonato da moltissimi anni, è ancora quasi tutto lì. Ci sono i macchinari, le pompe, persino i carrelli basculanti destinati al trasporto del pietrisco frantumato. Ovviamente tutto è in stato di totale abbandono, i carrelli sono ruggine allo stato puro, ma ci sono ancora; come ci sono i binari, che sono stati recentemente ripuliti dalle piante che li avevano colonizzati. L'ambiente conserva intatto un suo fascino, sempre che si sia interessati all'archeologia industriale! Ci dirigiamo in direzione della stazione, Marco si prodiga in un ottimo cappottamento in avanti in una ripida discesa, ma la sua agilità da felino di classe, gli concede di giocare un Jolly e di non farsi niente. Anche la stazioncina c'è sempre, con i suoi due piccoli fabbricati verniciati di rosso - ma ogni targa testimoniante il nome della località, e tutti i riferimenti ferroviari, sono stati asportati - anche loro in stato di totale abbandono. Facciamo un giro d’ispezione dentro il tetro fabbricato. Sembra che sia stato abitato fino agli anni ’50 e che addirittura via fossero molti bambini, tanto che era anche esistente una piccola scuola. Riprendiamo le biciclette e costeggiando la ferrovia, attraversiamo una galleria di servizio che serviva da deposito dei locomotori che “spingevano” i convogli nella salita che li avrebbe portati a scollinare nel versante adriatico. Sembra di pedalare in un luogo remoto, ed anche se siamo a poche decine di km da casa, sembra di essere tornati indietro nel tempo. Riattraversiamo la ferrovia più a nord, prima di riprendere un sentiero che, attraverso una marroneta ci riporta verso il presente, di nuovo verso la “civiltà”, non più ad andatura cicloturistica e non prima ovviamente di aver ingaggiato le nostre classiche volate di fine giro.

 

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