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La nuova caccia alle streghe si combatte online

Dalla gogna mediatica ai deepfake pornografici, le donne tornano a essere bersagli di un odio travestito da libertà d’espressione. Urgono leggi.

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Fermiamo la violenza contro le donne Fermiamo la violenza contro le donne © depositphotos
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Nella cronaca quotidiana — tra guerre in corso, conflitti sospesi a metà e crisi finanziarie — passano spesso sotto traccia tematiche fondamentali che, volutamente, vengono tenute in disparte dai mainstream.

Di femminicidio si parla, purtroppo, molto. Ma si parla troppo poco di una forma di violenza subdola e invisibile che colpisce un numero enorme di donne, di ogni età, estrazione e professione.
Il femminicidio non è solo un atto fisico: è l’ultimo stadio di una cultura che umilia, espone e disumanizza la donna.

Le donne sono nel mirino.
Che si tratti di calpestare la loro intimità mandando in onda l’audio di una lite domestica — come accaduto alla collega Federica Corsini con il marito ed ex ministro Gennaro Sangiuliano durante la trasmissione Report, violando quel confine che la deontologia professionale insegna tra diritto di cronaca e voyeurismo — o che si tratti, come nei casi delle colleghe Federica Barra, Manuela Moreno e Paola Ferrari, di furti di identità digitale a fini pornografici, la sostanza non cambia.

È una escalation di eventi orribili, di violenze sottili, quasi invisibili, che non uccidono solo i corpi ma tentano di cancellare e umiliare l’identità stessa delle donne.
Un corto circuito che sembra non fermarsi più, come un fiume in piena che travolge ogni limite e spettacolarizza l’intimo calpestandolo senza pudore.

Che l’ente pubblico RAI abbia comminato solo una multa per violazione della privacy a Sigfrido Ranucci è, francamente, imbarazzante.
Chi ripagherà Federica Corsini dei danni morali e psicologici subiti in una vicenda pruriginosa, utile solo all’opposizione politica e funzionale a strappare qualche punto nei sondaggi elettorali, calpestando una donna, la sua relazione, la sua privacy, il suo intimo — e senza nemmeno il doveroso contraddittorio giornalistico?

E che dire poi delle colleghe che hanno avuto la forza e il coraggio di denunciare la produzione di immagini pornografiche create con l’intelligenza artificiale?
Una schifezza pubblica quella subita, ma non sono solo loro le vittime di questa nuova forma di violenza sessuale e digitale che va fermata subito, con ogni mezzo.
Donne colpite ancora una volta nella loro immagine, umiliate nella professionalità, nella vita sociale e personale, da un degrado che lascia senza fiato.

È una violenza che annienta — e in questo caso ha colpito donne forti, abituate a comunicare, a farsi sentire, a dare voce a chi voce non ha: a quelle donne, spesso poco più che bambine o adolescenti, sbattute al pubblico ludibrio di un manipolo di depravati online, da sbattere in galera e buttare via le chiavi.

Occorre agire subito.
Chi legifera non può aspettare domani. Non si può permettere che lo scorrere dei giorni annacqui lo sdegno e metta in secondo o terzo piano una questione che riguarda la dignità stessa delle persone.

I siti che utilizzano l’intelligenza artificiale per produrre foto pornografiche fake continuano ad agire indisturbati in rete, e devono essere bloccati immediatamente.
Queste piattaforme producono dolore vero, reale, che umilia, annienta e lascia segni permanenti.

La ministra per le Pari Opportunità Eugenia Roccella ha rassicurato che, con la legge appena approvata sull’intelligenza artificiale, saranno introdotti nuovi strumenti per punire gli autori di queste porcherie. Ma l’attenzione deve restare alta — a livello istituzionale, mediatico e psicologico — soprattutto per comprendere i profili e le derive che si nascondono dietro questi soggetti depravati.

La sensazione, amara, è che questo fenomeno sia solo all’inizio.
Ed è per questo che servono azioni. Subito.

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