Dopo la triste cronaca nera che anche noi vi abbiamo raccontato in diretta dal luogo della strage del cantiere Esselunga di via Mariti con tutto il carico, anche emotivo che anche noi giornalisti proviamo al cospetto dei volti atterriti dei colleghi di chi lì è morto, dalle richieste imploranti di notizie sui dispersi dei parenti e familiari che alla notizia accorrevano in via in ciabatte e con i volti rigati dalle lacrime come se già sapessero proviamo ad andare oltre facendo insieme alcune riflessioni e partendo dal banale concetto che, saremo anche banali, ma non ci vogliamo sottrarre dall'affrontare l'argomento.
E' vero che adesso è il momento di piangere i morti e le polemiche vanno messe da parte perché le inchieste le farà la magistratura così come le valutazioni sui due precedenti analoghi incidenti (per fortuna non letali) avvenuti in un cantiere di Genova per lo stesso committente e con le stesse ditte, ma è altrettanto vero che presto ci dimenticheremo di questi cinque uomini morti sul lavoro per pochi euro così come ci siamo dimenticati di Luana D'Orazio morta stritolata a soli 22 anni in un macchinario a Prato e degli altri 181 morti sul lavoro (ad oggi) nel 2024.
Una tristissima contabilità dove mancano "i fantasmi"
Il crollo del cantiere di un nuovo supermercato della catena Esselunga a Firenze dello scorso 16 febbraio aveva già portato a quota 145 il numero delle morti sul lavoro nel corso del 2024 e siamo solo a febbraio!.
Al dato riportato dal quotidiano La Stampa si sono aggiunti nei giorni successivi altri casi, come per esempio quello del 36enne collaudatore vittima il 21 febbraio di un incidente tra un’auto e la moto che guidava sulla pista Porsche di Nardò, in Salento, e quello che il giorno successivo ha visto protagonista un operaio 52enne schiacciato mortalmente da un macchinario nello stabilimento Fca Stellantis di Pratola Serra, in provincia di Avellino.
Sale a quota 181 il numero dei morti sul lavoro, considerando i lavoratori scomparsi in itinere (quelli per esempio deceduti sul tragitto casa-lavoro).
Nel primo bilancio del 2023 dell'Inail, considerando sia quelli in occasione, sia quelli in itinere, sono infatti stati in totale 1041 i decessi sul lavoro denunciati, mentre nel 2022 erano stati 1090, il 4,5% in più.
In particolare, erano diminuiti i decessi in itinere dai 300 del 2022 ai 242 del 2023 ma erano ahimè invece aumentati di nove unità quelli sul lavoro che sono passati da 790 a 799.
La tragedia di Firenze rientra in quella che la contabilità Inail definisce “plurimi”. Di questa tipologia lo scorso sono state in totale 36 le vittime di 15 diversi infortuni, di esse, 22 con un mezzo di trasporto coinvolto e fra queste come dimenticare i cinque addetti alla manutenzione dei binari della ferrovia travolti dal treno a Brandizzo in provincia di Torino ad agosto e la deflagrazione in una fabbrica di fuochi d'artificio che a settembre è costata la vita a tre persone in Abruzzo.
C'è poi una contabilità parallela sconosciuta a tutti; quella dei lavoratori "fantasma" ovvero assoldati a nero costretti ad "accettare" condizioni disumane al limite dello schiavismo per garantire un piatto caldo al giorno ai propri figli e peggio ancora, quella degli immigrati clandestini ingaggiati per un tozzo di pane o un letto caldo.
Un aspetto parallelo del mondo del lavoro che tutti conoscono e che tutti hanno fatto finta di non vedere, almeno fino al fuggi fuggi dal cantiere di via Mariti a strage appena avvenuta...
Lavoratori fantasmi non solo nelle miniere africane e a Dacca
Cinque morti e tre feriti. Una trave che crolla in un cantiere molto grande con il cemento che sembra fragile ma dove si scopre un mondo di lavoratori a nero e clandestini; di una matrioska di subappalti dov'è facile perdere (sembra oltre 60 ma è un dato da verificare).
E poi il fuggi fuggi dopo il crollo...
Uomini impolverati e pieni di calcestruzzo che fuggono in tutte le direzioni, non si sa quanti per l'esattezza. Si parla di un'intera squadra di indiani e bengalesi scomparsa nel nulla, di moltissimi nordafricani che andavano e venivano in virtù di contratti giornalieri (fra cui anche le vittime); poi i lavoratori che transitano in via Mariti fuori dal cantiere che rimangono lì per capire il destino dei loro amici che non vogliono essere intervistati o se accettano di farlo chiedono di non essere ripresi in viso.
Ma dove siamo? In che parte di mondo?
Abbiamo letto (poco per la verità) spesso delle stragi di Dacca dove interi palazzi crollano sotto il peso dei macchinari portandosi dietro centinaia di lavoratori costretti a lavorare alla macchina da cucire anche per 15 ore il giorno per garantirei il pret-aporter agli occidentali;
Abbiamo letto (anche in questo caso poco per la verità) della strage silenziosa dei bambini africani costretti come topi di fogna a infilarsi in piccolissimi cunicoli instabili e insicuri di miniere improvvisate per garantirci il coltan e altri metalli nobili elementi fondamentali per costruire i nostri smartphone, ma non avremmo mai pensato che un mondo così esistesse anche nel cuore dell'Occidente ricco e addirittura in questa Firenze seicento anni fa patria del Rinascimento e oggi ridotta a decadente figurina mordi-e-fuggi. Pare davvero incredibile ma siamo a Firenze dove oggi tutti piangono, a tutti i livelli politici e amministrativi, dove si trova normale sfruttare la "passarella" offerta dallo stuolo di telecamere di tutte le tv nazionali ed estere schierate per piangere lacrime di coccodrillo e proporre soluzioni; a vaso versato.
Il mondo oscuro degli appalti
Che il mondo degli appalti sua complicatissimo è noto. Analiticamente a cercare di capirci qualcosa sia fra quelli pubblici che fra quelli privati rischiamo di farci venire il mal di testa e finire poi per rappresentare un mondo assai complesso, fatto di norme che cambiano, codici, direttive europee e sentenze.
Un mondo molto complesso in attesa del Pnrr che regalerà soldi (ricordiamoci sempre in prestito) quasi a pioggia.
Un mondo in cui spesso oltre al normale rischio di impresa si infilano le mafie, inutile nascondersi dietro un filo d'erba ed è per questo che dopo una chiacchierata con Salvatore Calleri della Fondazione Caponnetto, uno dei massimi esperti a livello mondiale delle vicende ci siamo fatti un'idea più chiara.
In Italia tra l’altro, ma tutto il mondo è paese ci fa notare subito Calleri, siamo ancora in attesa di capire come finiranno le inchieste sui cartelli stradali che cadono sulle auto per l’acciaio di scarsa qualità.
Non è una barzelletta! È accaduto più volte di quanto sia possibile e normale immaginare.
Oggi insieme alle lacrime di coccodrillo tutti propongono e promettono. Propongono nuove norme, promettono nuovi impegni per la sicurezza del lavoro.
Ma cosa serve effettivamente per migliorare?
È inutile girarci attorno ecco le mosse da fare che suggerisce Calleri per migliorare la situazione, peccato che siano tutte o scomode o costose...
Innanzitutto va rivisto totalmente il sistema dei controlli che attualmente sono sotto organico. Il numero degli ispettori impegnato a girare quotidianamente di cantiere in cantiere deve essere aumentato di 10 volte e vanno aumentati anche i loro stipendi. Fare l’ispettore del lavoro è un mestiere pericoloso.
Poi va rivisto il metodo con cui si controlla il cemento affinché non sia depotenziato, ipotesi che si sta sollevando anche per la trave di via Mariti. Ma anche questo pare troppo prevedibile...
Poi va convinta l’Unione Europea che si deve limitare il subappalto. Le attuali norme sono troppo lascive e la mafia le può utilizzare. Va limitato il ricorso al “general contractor” che per sua natura favorisce il ricorso al subappalto.
Proseguiamo. Va controllato poi accuratamente tutto il sistema dei trasporti che gira attorno al mondo degli appalti (una delle vittime di via Mariti era proprio un trasportatore) e soprattutto va controllato parecchio bene lo smaltimento dei rifiuti.
Non crediamo di dire niente di strano nell'afferma che a volte sotto i cantieri si nascondono, sotterrandole le peggio tipologie di rifiuti.
A Firenze si "favoleggia" di casi clamorosi anche in cantieri recenti ma il caso Keu tristemente famoso insegna.
La lista è lunga e probabilmente pure parziale, ma se non vogliamo continuare a versare lacrime di coccodrillo, senza offesa per i coccodrilli. Bisogna agire e non stare per giorni a discutere su chi ha avuto la progenitura di pensare di trasformare il cantiere della tragedia in un grande parco dedicato alle vittime sul lavoro. In caso contrario, dopo aver discusso per giorni sull'ovvio, torneremo presto a piangere i prossimi morti sul lavoro da qualche altra parte in qualche altro cantiere e.
Per quanto riguarda Firenze, sottolinea il Presidente della Fondazione Caponnetto e siamo concordi, deve diventare un punto di riferimento culturale internazionale contro le morti sul lavoro, ne ha le capacità etiche, essendo la città del mai dimenticato Sindaco La Pira. E il noto brand della grande distribuzione può uscire dalla sua crisi reputazionale forse davvero solo trasformando la zona di via Mariti, dove è avvenuto il disastro in un parco in memoria dei “Caduti sul lavoro”. Firenze se vuole, può!