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Lettera aperta a La Nazione: le associazioni pro-Palestina denunciano la propaganda senza filtro del console onorario israeliano

Critiche al quotidiano per aver pubblicato, senza alcun commento, le parole di Marco Carrai, console onorario di Israele, che nega il genocidio in Palestina

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Attivisti ai piedi del David Attivisti ai piedi del David © Firenze per la Palestina
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Un collettivo di associazioni italiane a sostegno della Palestina ha indirizzato una lettera aperta alla direttrice de La Nazione, esprimendo profondo dissenso verso la recente pubblicazione di un articolo firmato dal console onorario di Israele, Marco Carrai. Secondo le associazioni, l’intervento di Carrai – che nega apertamente l'esistenza di un genocidio in corso – è stato proposto senza alcun commento o contesto critico da parte del quotidiano. Questo, a detta delle associazioni, rappresenta una grave mancanza di responsabilità editoriale, in quanto lascia ai lettori un quadro distorto della realtà, privo di elementi essenziali per interpretare correttamente i fatti.

Spettabile quotidiano La Nazione, Gentile Direttrice,
il giorno 5 novembre le vostre pagine hanno ospitato lo scritto di un console onorario, referente di uno Stato straniero alla sbarra per Genocidio presso il massimo Tribunale Internazionale. Lo scritto in questione, che nega l'esistenza del Genocidio stesso, non è accompagnato da alcun commento della vostra Redazione.

E’ comune che un imputato neghi di essere colpevole rispetto alle accuse mossegli da un tribunale e che tenti di ribaltare le responsabilità, accusando a sua volta altri e presentandosi come vittima. Non è invece affatto comune che, su una stampa che si presume oggettiva, alle affermazioni del rappresentante di un soggetto accusato venga concessa una intera pagina, senza alcun commento da parte della Testata che lo ospita.

Non ne facciamo una questione specifica: troveremmo ugualmente scandaloso che a un console di qualsiasi altro Stato in guerra venissero concesse le vostre pagine per raccontarci quanto sia legittimo bombardare ospedali, ambulanze, strutture energetiche o civili. Ancora più incredibile tenere questo atteggiamento, concedere spazio senza commentare, senza dare ai vostri lettori gli strumenti adeguati per inquadrare tali parole, di fronte a uno Stato che ha dichiarato guerra alla comunità internazionale e alle sue istituzioni, ha stracciato la carta delle Nazioni Unite al palazzo di vetro, ha dichiarato persone non gradite i suoi più alti rappresentanti, ha messo fuori legge le sue Agenzie.

Sarebbe stato doveroso ricordare ad esempio il pronunciamento in cui la Corte di Giustizia Internazionale, a fine gennaio, parlava di "plausibile genocidio" e imponeva al soggetto accusato una serie di misure urgenti, nessuna delle quali è stata ottemperata. Riferire che da allora i morti sono aumentati a dismisura, che da marzo la rappresentante ONU per i Territori Palestinesi Occupati parla di genocidio e chiede, giurisprudenza alla mano, di fare tutto il possibile per fermare il paese che lo sta compiendo evitando ogni forma di complicità. Ricordare che il soggetto sotto accusa ha ucciso più di 180 giornalisti, vostri colleghi, un numero smisuratamente maggiore di quanto sia mai avvenuto in un lasso di tempo simile in alcun luogo o conflitto. Prendere atto che ci sono studiosi dell'Olocausto, come Raz Segal, ebreo israeliano, che giudicano lo sterminio in atto a Gaza "un caso da manuale" di genocidio. E che sempre il massimo tribunale internazionale, ha utilizzato le parole "apartheid" e "occupazione illegale" rispetto a quanto succede invece in Cisgiordania.

Con queste precisazioni, mosse non solo da deontologia professionale, ma anche da solidarietà per quei vostri colleghi uccisi che cadono al ritmo di uno ogni due giorni a Gaza, i vostri lettori avrebbero potuto farsi un'idea un po' più chiara rispetto all'autore dell'articolo e alla scorrettezza delle sue dichiarazioni. La Storia darà un giudizio molto netto sulla pulizia etnica in atto, sull'apartheid e sulle mille forme di connivenza che hanno reso possibile questi crimini e la Stampa deve scegliere da che parte stare. 

Se stare dalla parte del Diritto Internazionale o di chi lo viola sistematicamente. Dalla parte delle Istituzioni Internazionali o dalla parte dello Stato che ha dichiarato guerra a tali istituzioni e che manda in giro i propri diplomatici a usare le armi del vittimismo e del ribaltamento delle responsabilità per giustificare l'orrore.

Firenze per la Palestina

Firenze per la Palestina è una rete di associazioni che da più di dieci anni denuncia l'illegalità dell'occupazione israeliana, l'apartheid e le violazioni dei diritti fondamentali della popolazione palestinese. Ne fanno storicamente parte, tra gli altri, l'Associazione di Amicizia Italo Palestinese, Assopace Palestina, il Cantiere Sociale Camillo Cienfuegos, il Centro Popolare Autogestito Firenze Sud e i CARC, insieme ad esponenti della Comunità Palestinese fiorentina. Nell'ultimo anno hanno partecipato alle attività di Firenze per la Palestina anche altri gruppi e singoli che si sono uniti nel denunciare i crimini di guerra di Israele, la pulizia etnica e il genocidio. Tra questi il Comitato No Comando NATO e Sanitari per Gaza.

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