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La liquidazione di "Forte Mugello" e le ombre del Forteto: i posti di lavoro al centro, ma le vittime dimenticate

Lidia Giannelli critica duramente le istituzioni locali, accusandole di trascurare i risarcimenti per i bambini abusati

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Forteto. Forteto. © N. C.
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Negli ultimi mesi, la cooperativa Forteto, ora denominata "Forte Mugello", è stata oggetto di una serie di notizie allarmanti, culminate nella sua messa in liquidazione. Questa decisione è il risultato della riduzione del fatturato e delle numerose problematiche che la cooperativa non è riuscita a risolvere. La narrazione attuale, ampiamente diffusa dai media, si concentra principalmente sui posti di lavoro dei dipendenti. I sindaci di Dicomano, Massimiliano Amato, e di Vicchio, Francesco Tagliaferri, hanno diramato una nota congiunta che sottolinea il loro impegno nel seguire da vicino la vicenda. Entrambi hanno partecipato al tavolo di crisi svoltosi in Regione Toscana e all'assemblea dei soci della cooperativa.

"Priorità è da una parte salvaguardare i posti di lavoro, i lavoratori e le loro famiglie, e dall'altra la realtà produttiva ed economica, le attività connesse," hanno dichiarato i sindaci, aggiungendo che l’obiettivo è garantire la continuità del progetto economico e produttivo, affinché gli sforzi degli ultimi anni, tesi a recidere i legami con il passato e a rilanciare i prodotti sul mercato, non vengano dispersi. I sindaci hanno poi confermato la loro partecipazione alla seconda riunione del tavolo di crisi in Regione, con l’obiettivo di verificare e monitorare l'evoluzione della situazione.

È fondamentale non dimenticare che il Forteto non rappresenta solo una realtà economica, ma è anche un simbolo di orrori e abusi. Sotto la direzione di Fiesoli e Goffredi, la cooperativa è stata definita una setta, dove molti bambini sono stati vittime di abusi e violenze. Nonostante ciò, il Forteto è stato per anni celebrato dalla sinistra toscana come un modello virtuoso, ignorando i fatti agghiaccianti che si svolgevano al suo interno.

Lidia Giannelli, attivista per i diritti delle vittime, ha recentemente lanciato un duro monito contro la gestione attuale della vicenda, puntando il dito contro le istituzioni locali e le scelte politiche fatte negli anni:

"BASTA CON QUESTO POZZO DI SAN PATRIZIO! Mai spesa una parola per chiedere il risarcimento delle vittime! Entrate bambini in quell'inferno, stuprati, schiavizzati, sfruttati per un piatto di minestra. A queste vite devastate, se sopravvissute (ricordo i 4 suicidi), le Istituzioni locali non hanno mai pensato. Solo 4 o 5 hanno ricevuto indennizzo. Perché una vita distrutta non ha prezzo. Gli altri considerati prescritti!"

Giannelli denuncia con forza il silenzio delle istituzioni nei confronti delle vittime e accusa i sindaci e il Partito Democratico di aver prestato attenzione solo alla sopravvivenza economica del Forteto, ignorando le vite distrutte da quel sistema. Critica anche l'impiego dei fondi pubblici per sostenere la cooperativa, denunciando truffe e abusi legati al lavoro gratuito all'interno della struttura, affermando:

"Siamo stati capaci di dare a quella cooperativa fondi per progetti contro l'abbandono scolastico, quando su 57 minori solo 7 avevano raggiunto il diploma!"

Secondo Giannelli, l'intero sistema Forteto si è retto su complicità diffuse, sia da parte dei lavoratori esterni che da parte delle istituzioni, le quali hanno chiuso gli occhi per anni.

Il caso Forteto è un tema complesso, che richiede una riflessione profonda non solo sui posti di lavoro, ma anche sulle responsabilità morali delle istituzioni. Mentre ci si sforza di proteggere i dipendenti, è essenziale non dimenticare le vittime degli abusi e garantire che le ingiustizie del passato non vengano mai più ignorate. Il monito di Lidia Giannelli dovrebbe essere ascoltato da chi, oggi, continua a difendere la cooperativa senza fare i conti con il suo oscuro passato.

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