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"Macchè... macchè..." Fiesoli alla radio è un disco rotto, e viene il vomito

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Parliamone, di domenica. Non riesco a togliermi dalla testa l'audio di quell'intervista, realizzata dai giornalisti di Radio 24 con Rodolfo Fiesoli nella trasmissione La Zanzara. Pochi secondi di collegamento telefonico nei quali, a tratti, traspare la forte personalità del Profeta. E pare di intravedere come abbia fatto a tenere in scacco (imbambolare, infinocchiare) un'intera comunità politica. Ma sono tratti, sprazzi. Per il resto (secondo il mio parere) sono le argomentazioni (inesistenti) di un uomo messo all'angolo. Di un uomo che ripete come un disco inceppato "macchè, macchè, ma in'dove, aiutare i' parroco". E poi, di fronte all'incalzare dei giornalisti affermare ancora (come un disco, appunto): "macché, macché". Poi, quando i giornalisti spostano il discorso sulle condanne ricevute per 'maltrattamenti e atti di libidine violenta', sbotta, testuale, "ma oh belloccio, io non mi pento di nulla, perché io non ho fatto niente". E ancora "io sono ancora innocente, c'è la Cassazione". Non fa una piega, la presunzione di innocenza deve valere per tutti. Anche per Fiesoli. Anche se, ascoltando la telefonata, si fa una gran fatica a non vomitare. "Macché bambini - afferma... - bambini....". E sembrano lontani secoli i tempi in cui questo personaggio parlava nel Salone dei Cinquecento. Ora riesce solo a dire (ancora una volta) 'Macché''. E poi di fronte ai giornalisti che gli ricordano la condanna passata in giudicato: "Ma'ndove ma'ndove". Quando ho pensato di dedicare a questo argomento la mia riflessione della domenica mattina, lo confesso, ero molto perplesso e critico di fronte ai colleghi che avevano in qualche modo concesso a Fiesoli questa tribuna. Ascoltandolo attantamente, però (e ascoltando i giornalisti che lo incalzano) mi sono convinto del contrario. Questa telefonata andrebbe fatta ascoltare a tutti. Credo questo 'Macchè, macché, macché' ripetuto come un disco rotto (e senza argomenti) valga da solo un intero processo. Che sia, insomma, un autogol clamoroso per questo 'personaggio' (alla scuola di giornalismo insegnano a non usare aggettivi negli articoli, in questo caso, devo ammettere, faccio un po' fatica). Sarà utile, comunque, citare la relazione finale della Commissione d'inchiesta istituita dalla Regione Toscana:

"Nel 1985 viene emessa la sentenza di condanna in via definitiva per Luigi Goffredi e Rodolfo Fiesoli. Quest’ultimo viene condannato dalla Corte d’Appello di Firenze a due anni di reclusione per maltrattamenti nei confronti di una ragazza a lui affidata, per atti di libidine violenta e per corruzione di minorenne. Dalla sentenza emerge «istigazione da parte dei responsabili del Forteto alla rottura dei rapporti tra i bambini che erano loro affidati e i genitori biologici» e «una pratica diffusa di omosessualità». L’8 maggio 1985 il ricorso in Cassazione avanzato dai due condannati viene respinto, ma gli affidamenti di minori ai due e a persone interne alla comunità Il Forteto continuano senza tener conto della sentenza passata in giudicato.
Poi i procedimenti davanti alla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo e la recente condanna in Appello... "Macché, macché, macchè, macchè....." Qui sotto riproponiamo la telefonata dei giornalisti con Fiesoli [audio mp3="/2017/05/fiesoli-lazanzara.mp3"][/audio]

 

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