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I misteri ed ipotesi del muro perimetrale al Ponterosso

Scoperti reperti devozionali di un cimitero

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Primo particolare dei basamenti che erano stati murati per costruire il muro. Primo particolare dei basamenti che erano stati murati per costruire il muro. © Foto AG
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Come avranno notato i borghigiani, nel triangolo fra piazza San Giovanni Bosco, il Ponte Rosso, via Marconi e il viale Giovanni XXIII°, sono attualmente in corso numerosi cambiamenti viari. Naturalmente, tali modifiche non sono passate inosservate e hanno scatenato diverse polemiche, come spesso accade. Tuttavia, in questa occasione, anziché discutere delle controversie, concentriamoci su una scoperta avvenuta durante i lavori di abbattimento del muro perimetrale. Questo muro separava l'assetto stradale del Ponte Rosso e piazza San Giovanni Bosco dal vicino torrente delle Cale

Ad un certo momento, (speriamo di spiegarci bene dato che non siamo tecnici), oltre ai ciottoli di Sieve e qualche mattonatura, sono iniziati a cedere e cadere alcuni elementi  in pietra serena, molto ben lavorati, ed in alcuni casi era impressa una data e in altri anche piccole lapidi in marmo con una dicitura. 

Ci è stato chiesto dai tecnici e dagli addetti ai lavori, per quale motivo storico questi elementi erano stati inseriti e murati nel muro perimetrale in oggetto, e quale sarà stata la decisione (parliamo della prima e seconda metà dell’800), e la curiosità appunto di inserirli. Guardando la forma, le date e quel che resta  della scrittura impressa nelle lapidi, ci è balzato subito agli occhi che questi basamenti ornavano le tombe di salme seppellite in terra; erano ornati cimiteriali.

Infatti, e basta andare in qualche vecchio cimitero, anche dismesso ed abbandonato (e ce sono tanti nel Mugello, come abbiamo avuto modo di fotografare in 60 anni, alla ricerca di importanti personaggi), si notano ancora, ma non solo nei cimiteri ma anche ai lati delle facciate delle chiese sparse nel territorio mugellano ed oltre; basamento, data, lapide, croce.

Il ricordo è andato subito al secondo cimitero municipale (il primo era intorno alla Pieve), a cento metri dal Ponterosso, cioè quello dietro piazza Castelvecchio, - nei campi di Zeti - innalzato nel 1808 e dismesso nel 1830 circa,  (ecco il motivo della toponomastica di “Vicolo della Morte”), e il secondo detto il “San Franco” fu innalzato a destra dopo il parcheggio delle attuali Piscine Comunali (esiste ancora il muro perimetrale e la cappella centrale), per poi  alla fine dell’800 costruirlo dov’è attualmente, cioè davanti al Liceo Giotto Ulivi. 

Molto probabilmente una volta dismessi questi due cimiteri i basamenti in pietra delle sepolture, furono riposti in qualche ambiente (anche dentro la stessa cappella, così si presume), fino a che non furono prelevati e levigati per innalzare, alla fine dell’800, il muro che dalla spalletta del Ponterosso terminava alla fine dell’attuale piazza San Giovanni Bosco, come del resto si nota nelle immagini allegate.  

Come da nostra abitudine, è possibile che ci siano altre storie e supposizioni, ma ciò che rimane è la sorpresa e la curiosità di osservare questi elementi cimiteriali che sono stati riutilizzati per la costruzione del muro, come dimostrato nelle tre immagini allegate. Si tratta di piccole storie di un tempo passato che continuano a svelare la storia del luogo.

 

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Commenti 4
  • mina

    grazie Maestro

    rispondi a mina
    gio 10 agosto 2023 04:22
  • Silvia Nardi

    Mia madre, morta ormai da 15 anni, mi ha sempre detto che nel complesso ex Marucelli, molti secoli fa, c'era un monastero....facile pensare che lì vicino ci fosse stato il cimitero del convento. Non so' se è leggenda, ma mia mamma raccontava così.

    rispondi a Silvia Nardi
    mar 8 agosto 2023 06:54
  • Aldo Giovannini

    Gentile Signora, in quel luogo non è mai esistito un convento. Moltissimi anni prima che il torrente Le Cale venisse deviato da dove scorre attualmente, c'erano tutti campi e una grande casa colonica ( è disegnata nella carta dei Capitani di Parte Guelfa nell'anno 1585), dove ci abitava e lavorava il podere la famiglia Capecchi, podere e casa, che era di proprietà del Monastero di Santa Caterina di Borgo, denominato "Paliano". Ecco perchè i vecchi borghigiani chiamano ancora Paliano quel luogo e quella strada. Una curiosità; questi Capecchi erano gli antenati dell'amico Lorenzo Capecchi, proprietario dello Studio Fotografico Tassini in via Pananti. Infine Le ricordo che a Borgo ci sono stati tre conventi; San Francesco, attiguo al Santuario del Crocifisso; Santa Lucia in Largo Lino Chini, e il citato monastero domenicane vicino alla Pieve. Tante cordialità Aldo Giovannini

    rispondi a Aldo Giovannini
    mar 8 agosto 2023 04:53
  • Renzo Bartoloni

    Bellissima ricostruzione. Grazie Aldo, ho imparato cose nuove sulla storia del mio paese

    rispondi a Renzo Bartoloni
    lun 7 agosto 2023 08:01