18 MAR 2025
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Morte Piovanelli. Da Renzi al Mugello: tutte le reazioni

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Morte Piovanelli. Da Renzi al Mugello: tutte le reazioni Morte Piovanelli. Da Renzi al Mugello: tutte le reazioni © n.c.
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Da Renzi a Nardella, dalla Saccardi a Omoboni: in tanti hanno deciso di ricordare il cardinale Silvano Piovanelli. «Ha concluso il suo cammino su questa terra per tornare alla Casa del Padre», ha annunciato stamattina l’arcivescovo fiorentino, Giuseppe Betori. Originario di Ronta, fu arcivescovo di Firenze dal 1983 al 2001. Prima ancora era stato compagno di studi in teologia, dal 1943 al 1947, di Don Milani e nelle stesso giorno i due furono ordinati sacerdoti. I funerali si terranno nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, mentre la camera ardente sarà allestita in Arcivescovado. Per il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, Piovanelli «è stato un punto di riferimento nella fede e per la vita della città di cui è stato a lungo arcivescovo». Il sindaco della città, Dario Nardella, su Facebook scrive: «Firenze avrà per sempre nel cuore Silvano Piovanelli, un pastore affettuoso e illuminato di questa comunità per tanti anni, un uomo di immenso amore che ha fatto del bene all'umanità». Enrico Rossi, Presidente della Toscana, ha sottolineato la pesantezza della perdita del cardinale: «Abbiamo dialogato sempre, e in tante occasioni siamo stati in sintonia, perché la cultura dell'incontro, la voglia di comprendere le ragioni dell'altro in lui hanno prevalso sempre, aiutando in certi casi la politica e le istituzioni a compiere scelte che le avvicinavano ai cittadini e ad ascoltare i loro bisogni (…) In un momento in cui questi valori devono essere riaffermati con forza è davvero triste non averlo più al nostro fianco». Per l'assessore regionale al diritto alla salute, Stefania Saccardi, «era un uomo non solo di profonda cultura ma di grande sensibilità e di grande bontà, che si è contraddistinto per il suo immenso amore per Firenze». E ancora: «Silvano Piovanelli ci consegna un patrimonio di parole, insegnamenti e virtù evangeliche che si fanno eredità preziosa in questi tempi difficili». «Ne conservo un ricordo straordinario per la sua vicinanza ai più deboli e per i suoi insegnamenti di spiritualità, umiltà e apertura all'altro», ha aggiunto l'assessore all'ambiente, Federica Fratoni. Anche l’Unione dei Comuni del Mugello si è associata al cordoglio. E in particolare per il primo cittadino di Borgo San Lorenzo, Paolo Omoboni, Piovanelli «è stato guida nella fede e nella vita delle persone. Attento ai bisogni della gente. Vicino agli ultimi e ad ogni uomo. Ha saputo interpretare il cambiamento dei tempi. Una perdita per tutti e ancor di più per la comunità che ha avuto l'onore di dargli i natali». Infine, Paolo Marini – giornalista, scrittore e fotografo fiorentino, residente a Vicchio dal 2009 - ha voluto omaggiare il vecchio cardinale scomparso riproponendo un'intervista di alcuni anni fa, pubblicata su Il Galletto. La alleghiamo sotto. « Il Mugello, la Toscana, l'Italia e il mondo - ha detto - hanno perso una persona straordinaria». Il testo dell’articolo:

Silvano Piovanelli mi ha ricevuto il 12 luglio presso la Pieve di Cercina, sotto Monte Morello, dove vive adesso. Non si può dire che, da quando nel maggio 2001 lasciò la carica di Arcivescovo di Firenze, si sia collocato a riposo. «Attualmente non prendo nessuna iniziativa, anche perché non sono più Arcivescovo e devo rispettare una situazione diversa. Quando però sono invitato accetto volentieri e, dato che capita spesso, finisco per avere davvero poco tempo a disposizione. Cercina ha il vantaggio di essere un posto bellissimo e tranquillo, ma a un passo da Firenze». Il suo indiscutibile carisma non solo non è in contrasto, ma è anzi costituito dalla una quasi disarmante semplicità di modi, di parole, di gesti, insomma da una straordinaria umanità. Silvano Piovanelli è nato nel 1924 a Ronta, ed è felice di parlare del Mugello. «Io sono mugellano. Anche se è vero che nel Mugello ho vissuto solo per 11 anni, quelli della mia infanzia, durante i quali non mi allontanai mai. Poi andai a Firenze per studiare in seminario, e da allora ci tornavo inizialmente per le vacanze. In seguito, essendo diventato prete, mi rivedevano sempre più raramente, dati gli impegni. Tuttavia, il Mugello mi è rimasto dentro! Ogni volta che mi capita di tornarci mi sembra di sentire la mia aria. E poi, i rapporti che c’erano nel piccolo paese di Ronta erano di amicizia vera. Quando sono diventato vescovo, ho voluto rincontrare tutti i miei compagni delle elementari. Ci siamo ritrovati tutti tanto diversi: la vita ci aveva condotti su strade apparentemente anche opposte. Io prete, un altro frate cappuccino, un sindaco, un sindacalista, alcuni insegnanti… inizialmente ci fu quasi un istante di attesa per riscoprirci di nuovo, ma dopo pochi minuti eravamo già tornati gli amici di un tempo, e parlavamo degli argomenti comuni a tutti, i giochi, la scuola, la nostra maestra, la signorina Aurelia Berti. Fu un incontro che mi rimase nel cuore, perché mi fece capire quanto profonde sono le radici che ha ognuno di noi. Come credente, dico che sono il primo dono che Dio ti fa, e su quelle ognuno costruisce la propria vita, in tanti modi, ma senza dimenticarle». «Dove abitava a Ronta, di preciso?» gli chiedo. «In via Stefaneschi. Si tratta di una tortuosa, tuttora silenziosa e splendida viuzza interna, non distante dalla Faentina. In quel tempo ci si allontanava al massimo di cinquanta metri. Io dovevo avvisare la mamma anche se andavo dalla nonna, che stava a un centinaio… questo dimostra la differenza nei rapporti con le nostre famiglie. E ricordo un episodio di quando ero in terza o quarta elementare. Stava presso di noi un aviatore, il quale ci aveva avvertiti quando ci avrebbe sorvolati con il suo aereo per lasciare un messaggio. Era dopo la mietitura del grano. L’aereo passò abbastanza basso, l’aviatore gettò fuori una borsa, e tutti noi ragazzi corremmo nel campo a raccoglierla per portarla alla sua famiglia. Tutto aveva un sapore di favola, e nel contempo di autenticità. La naturalezza dei rapporti, la vicinanza, l’appartenere a uno stesso gruppo, è quanto mi è rimasto di quel tempo». Uno dei primi atti compiuti da Silvano Piovanelli, una volta eletto arcivescovo di Firenze, fu quello di recarsi a Barbiana. «Lei e Don Milani eravate quasi coetanei. Che ricordo ha di questo prete che, a più di quarant’anni dalla morte, forse non è ancora stato del tutto capito?». «Soprattutto, e contrariamente a come è apparso ad alcuni in seguito, la sua estrema sensibilità, tipica di un artista, e la sua dolcezza. Fummo molto vicini nel tempo del seminario. Tra noi c’era una circolazione di amicizia molto calda. Non ci sono mai stati contrasti, ma lui era uno che spingeva avanti, e capiva prima degli altri. Ricordo quando scoprì un libro in francese di Padre Henri Godin che presentava la fede cristiana in una situazione particolare in Francia, e s’intitolava appunto: ‘France: pays de mission?’ con un significativo punto di domanda. Parlava della necessità di un nuovo annuncio, di una nuova evangelizzazione. Da questo trattato, in definitiva, si sviluppò in Francia l’esperienza dei preti operai. “E Lorenzo ci ripeteva: va tradotto, va tradotto!” E si era nel 1943. Ciò che si sviluppò in seguito veniva dunque da lontano e aveva delle premesse molto serie». Don Romano Nencioli mi aveva raccontato quando nel 1986 Piovanelli venne invitato dalla parrocchia di Razzuolo a raggiungere la croce di Giuvigiana sul dorso di una cavallina. «Me lo ricordo bene. Ero già arcivescovo, fui invitato e andai volentieri. Fu una cosa molto bella, eravamo in tanti, raggiungemmo la vetta, pregammo. La vista era straordinaria. E anche il nome del monte è affascinante. Giuvigiana viene da Iovis - Giove - e Giano, il primo per i pagani il più grande, il padre degli dei, Giano il dio delle porte e dei passaggi».
 

 

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