27 APR 2025
OK!Valdisieve

Carlà a Barbiana: "Scuse a nome di chi non ha capito cosa succedeva al Forteto"

Il presidente delle vittime Sergio Pietracito: 'Dichiarazioni che vanno nella direzione di una pacificazione possibile. Aspettiamo i risultati della Commissione Parlamentare'

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Carlà Campa e Rossi nell'aula di Barbiana Carlà Campa e Rossi nell'aula di Barbiana © Comune Vicchio
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Il sindaco di Vicchio, Filippo Carlà Campa, ieri a Barbiana per la marcia di protesta contro il convegno previsto per fine mese a Bergamo (e che vorrebbe accostare la figura di Don Milani con le esperienze del Forteto e di Bibbiano) ha chiesto ancora una volta scusa a nome delle istituzioni che negli anni non hanno capito cosa stava succedendo dentro il Forteto:

“Come attuale Sindaco di Vicchio - ha detto ai partecipanti - mi scuso con chi ha subito torture e maltrattamenti. Chiedo scusa a nome di coloro che non sono riusciti a comprendere quello che succedeva al Forteto! Farò tutto il possibile per stare vicino a chi ha sofferto e ancora soffre per questa terribile vicenda, ma non resterò in silenzio dinanzi a chi utilizza quel dolore” con, ha aggiunto, “un sensazionalismo di squallidi paragoni”

Un gesto che anche il presidente dell'associazione vittime del Forteto, Sergio Pietracito (che nella mattinata aveva diffuso una nota nella quale si chiedeva dove erano allora (quando i fatti accadevano) le istituzioni (clicca qui) ha giudicato, intervistato in serata da OK!Mugello, come parole che vanno 'Nella direzione di una riconciliazione' parlando, pur nell'attesa della Commissione parlamentare d'inchiesta e dei suoi risultati, della prospettiva di una pacificazione possibile.

A Barbiana, dove erano presenti i sindaci del Mugello, i sindacati, Eugenio Giani ed Enrico Rossi, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha dichiarato:

VICCHIO - "L'esperienza di Barbiana è così alta che non può essere infangata. Tutti devono rispettarla e attingere ad essa, come ad una fonte, per riflettere sul presente e sul futuro, proprio e della propria comunità. A me pare che mai come oggi tutti noi siamo chiamati in causa, personalmente, per un impegno di solidarietà verso chi ha bisogno, senza distinzioni di appartenenza nazionali, etniche o di classe. Mai come oggi c'è bisogno di educazione e di cultura, consentendo a tutti di accedere al sapere per la propria emancipazione e per favorire il dialogo e la convivenza".

Così il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi sintetizza i motivi della sua visita, oggi, ai luoghi in cui don Lorenzo Milani ha costruito la sua scuola ed eleborato il suo pensiero. Il presidente Rossi è salito a Barbiana insieme ai sindaci del Mugello dopo aver scritto, quasi di getto, insieme al sindaco di Vicchio Filippo Carlà Campa, una lettera appello a difendere e tramandare i valori di convivenza, uguaglianza, antifascismo e democrazia che sono alla base del pensiero e dell'azione di Don Milani.

In accordo con la Fondazione Don Milani che a Barbiana ha sede, è nata l'idea della marcia, alla quale, senza gonfaloni e senza bandiere, si sono uniti semplici cittadini e anche il presidente del consiglio regionale Eugenio Giani. Fra loro anche Guido, uno degli ultimi alunni di Don Lorenzo, che ha raccontato come qui, tutti insieme, i ragazzi lavoravano e imparavano. "Una manifestazione - ha spiegato Rossi - non contro qualcosa ma a favore di qualcosa, per testimoniare quello che quassù è avvenuto e che non permetteremo a nessuno di calpestare".

In silenzio, il corteo ha percorso i quasi tre chilometri di ripido sterrato che portano alla canonica, gli stessi che ogni giorno, con il bello e cattivo tempo, gli alunni percorrevano a piedi per raggiungere la scuola che sarebbe diventata, per loro, un potente strumento di emancipazione e libertà.

"Ai valori di Barbiana ci si deve ispirare - ha proseguito Rossi - anche per trovare le risposte giuste ai problemi della comunità in cui viviamo. Credo che in tempi difficili, di crisi come quelli di oggi, il riferimento a Barbiana diventi più che mai fondamentale. Due temi in particolare emergono con forza: come cittadini, prima ancora che come istituzioni, siamo chiamati alla solidarietà, a rimuovere gli ostacoli verso la piena realizzazione della persona, senza discriminazioni di sorta. Il secondo punto è che qui si insegnava a povera gente non solo le basi dell'alfabetizzazione, ma anche la cultura alta. Anche oggi solo la cultura ci può salvare, una cultura alta resa fruibile al popolo. La democrazia muore se la cultura non arriva al popolo".


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