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La Grande Storia. Ridolfi ricorda e commenta il 18 aprile 1948

Il capogruppo di Forza Italia in Unione Comuni: 'Quando l’Italia scelse di essere Libera e Forte'

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Elezioni a Borgo: Foto storica di campagna elettorale Elezioni a Borgo: Foto storica di campagna elettorale © Aldo Giovannini
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Scrive Rodolfo Ridolfi, capogruppo di Forza Italia: Nelle difficoltà estreme che stiamo subendo a causa del virus cinese (SARS 2) troviamo il tempo per guardare le pagine più luminose del diario della nostra storia e da esse traiamo insegnamenti per il futuro dell’Italia.

Siamo tutti figli del 18 aprile 1948, perché quel giorno fu il popolo vero, fu l’Italia profonda, dal nord al sud, che seppe difendere, unita, un patrimonio comune di valori ereditato nei secoli; perché quel giorno il nostro popolo seppe dire «no» ad una ideologia che, se avesse vinto, avrebbe portato in Italia il terrore rosso che già aleggiava sui Paesi dell’est europeo, consegnati a Stalin dagli accordi di Yalta. Il 18 aprile fu giustamente definito una seconda Lepanto, in quanto se Lepanto impedì ai musulmani di invadere l’Europa, il 18 aprile impedì ai comunisti di conquistare l’Italia. Se il 25 aprile del ’45 segnò la fine del nazifascismo per l’opera determinante delle truppe anglo-americane e dei resistenti, il 18 aprile del ’48 fu la data in cui, con il voto, l’Italia decise per la democrazia e la libertà, sconfiggendo il pericolo frontista. Come non sottolineare l’intelligenza politica, la lungimiranza ed il coraggio di Saragat, il quale si staccò da un partito socialista, ormai succube del Pci, per dar vita ad un socialismo liberale e democratico. Settantadue quattro anni sono passati da quel 18 aprile 1948, quando, alle prime elezioni dell’Italia repubblicana, i partiti del centro-destra ottenevano il 48,5% dei suffragi, battendo di oltre diciassette punti la lista di Unità Popolare, formata da Pci e Psi.

Il significato della vittoria del 18 aprile va sicuramente al di là del pur considerevole risultato ottenuto dalla Dc, e supera di gran lunga la sigla stessa, sotto la quale tutti quei consensi vennero raccolti. Il 18 aprile vinsero i Comitati Civici, creati pochi mesi prima, che, forti di trecentomila volontari e di ventimila comitati elettorali, intrapresero una politica anticomunista e organizzarono una campagna elettorale nella quale risultò evidente, attraverso slogan e manifesti, che la posta in gioco era la salvezza del Paese dal comunismo. Vinse uno spirito di «crociata» in difesa della civiltà, un anno prima della scomunica lanciata da Pio XII, il 28 giugno del 1949, nei riguardi dei cristiani che aderivano alle dottrine del comunismo e che collaboravano con movimenti comunisti, e undici anni dopo l’enciclica Divini Redemptoris di Pio XI che aveva definito il comunismo «intrinsecamente perverso». Certamente, una delle cause della sconfitta del Fronte popolare è da ravvisare nella levatura politica e morale di uomini come De Gasperi, Saragat, Einaudi. Fu così che i moderati contribuirono a salvare la democrazia e la civiltà del nostro Paese; mentre presuntuosi intellettuali di sinistra, ciechi di fronte ai crimini di stampo leninista-stalinista, iniziavano la loro triste marcia dentro il comunismo. Un’analisi di oltre settant’anni di storia italiana potrà contribuire a far luce sul significato politico e culturale di una data troppo importante per essere dimenticata, forse, un po’ troppo scomoda, dopo che gli eredi degli sconfitti di ieri vorrebbero diventare i vincitori di oggi. Le istituzioni dovrebbero ricordare con gratitudine i protagonisti di quell’evento: Alcide De Gasperi, Giuseppe Saragat, Luigi Einaudi, Randolfo Pacciardi, che affermarono i valori della democrazia, della libertà, dell’atlantismo, dell’europeismo e dell’Occidente, valori che sono ancora attuali ed irrinunciabili. Quella del 18 aprile 1948 non fu una delle consuete competizioni elettorali tra differenti forze politiche, ma una scelta di civiltà fra due opposte concezioni del mondo: fra un’Italia profondamente legata alle proprie radici nazionali, religiose e civili, ed una parte del Paese plagiata dall’utopia marxista-leninista; un’utopia che proprio nella primavera dello stesso anno portava con un golpe i comunisti al potere a Praga e forniva l’ennesimo saggio di brutalità nell’Europa dell’est con la defenestrazione del socialista Masarik. Il clima da guerra civile di quegli anni, le aspettative dei comunisti italiani nei confronti dei partigiani comunisti jugoslavi di Tito, che avanzavano nell’Italia orientale, e l’eliminazione sommaria da parte comunista dei partigiani non comunisti e di tanti innocenti subirono il 18 aprile del 1948 un duro colpo.

Rodolfo Ridolfi

Clicca qui invece per un articolo storico di Aldo Giovannini sulle elezioni in Mugello

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Commenti 1
  • Leo B.

    Inutile ricordare che quella bella pagina di democrazia non ci sarebbe stata se prima non ci fosse stata l'altra, il 25 aprile del 1945, la Liberazione dell'Italia dal regime fascista e dall'occupazione nazista. Peccato che ancora oggi alcune forze politiche, che senza quel 25 aprile quasi sicuramente non esisterebbero si rifiutino di commemorarla, benché si professino patrioti e nazionalisti. Addirittura alcune forze politiche la contestano proprio, la commemorazione del 25 aprile, la Vera Festa della Nostra Patria, la Liberazione. Questo deriva anche dal fatto che quella parte politica che vinse le elezioni non volle chiudere quel capitolo, lasciando la possibilità a formazioni più o meno di matrice fascista di esistere, in barba alla Nostra meravigliosa Costituzione.

    rispondi a Leo B.
    mar 21 aprile 2020 07:31