Questa storia e’ una testimonianza indiretta di un fatto tragico accaduto nel 1944 a Palazzuolo, pochi mesi prima della liberazione. La morte di un bambino era un fatto, purtroppo, comune all’epoca, ma deve essere stato amplificato dai tormenti della guerra e dall’incertezza nel domani. Ringrazio la cugina Maria Milani che ha reso questo ricordo permettendo che non cadesse nell’oblio dato dalle risacche del tempo che passa e corrode. La foto e’ quella del podere dei Pinzali oggi.
Guerrina era una bambina di due anni, nata e vissuta in guerra, nel primo giorno di primavera del primo anno di guerra. Come il suo nome faceva ben immaginare e quel nome non sarebbe stato destinato a rimanere un ricordo nell'età adulta, ma il compimento temporale di una vita intera. Nel podere dei Pinzali vivevano i Milani: che dalla miseria erano stati resi migranti alla ricerca di fortuna; e che nel perenne peregrinare si erano fermati in quel luogo proprio sopra il paese sperando di trascorrere una vita meno grama della precedente. Fra tutti i bambini che animavano la casa, Guerrina, era la più vivace, bionda e con gli occhi celesti, e un mattino, mentre sua madre aveva appoggiato il paiolo a terra per scolare la minestra, giocando attorno al tavolo, la bambina si aggrappò col vestitino al gancio del manico del paiolo, versandoselo addosso.
Inutili l'accorrere dei cari e le poche cure dei dottori; la bambina agonizzò un paio di mesi e morì un mattino di metà giugno quando era mietuto il grano nei campi. La misero in una cesta, con un abito da battesimo e una zia colse tutti i gigli della Madonna che biancheggiavano attorno a casa, fra folti ceste di ortiche, e li portò per la bambina.
La casa, così vuota, si riempi del profumo dei gigli. Chiamarono la maestra del paese, signora Rosa, che aveva una macchina fotografica per avere un ricordo della bimba, ma tutto il bianco che copriva la bambina rese bianca anche la fotografia. La portarono al cimitero, nel pregar sommesso meridiano e la seppellirono nella sua cestina ricolma di gigli bianchi. Di lei (e' tanto) nulla più resta ...
Gianfranco Poli