26 APR 2025
OK!Valdisieve

Un museo per Montesenario? Tra i tesori due stampe (mappe) del 1700

  • 624
Un museo per Montesenario? Tra i tesori due stampe (mappe) del 1700 Un museo per Montesenario? Tra i tesori due stampe (mappe) del 1700 © n.c.
Font +: 22px16px
Stampa Commenta

Montesenario apre lo scrigno dei suoi tesori?
Due stampe di eccezionale valore nei locali restaurati del Convento dei Servi di Maria

Sono due stampe autentiche della metà del Settecento, e, per quanto ne so io, inedite che raffigurano il Convento di Montesenario dei Rev.mi Padri Servi di Maria, dell’anno 1751, come afferma una didascalia su una della due stampe.

Queste stampe sono di interesse notevole, anzi notevolissimo e rappresentano il Convento nei minimi dettagli, anzi ‘fotografano’ il Convento, dalle nobilissime origini storiche, in un momento preciso della sua vita. Bene hanno fatto i Padri Serviti ad esporre questi cimeli in una bellissima sala, che fino a poco tempo fa  era servita per il ristoro dei pellegrini e dei visitatori.

Come ho detto, le stampe, autentiche, e di buona fattura stilistica, sono caratterizzate da un leggero colore seppia, dato dall’invecchiamento della carta, e, per fortuna, da una eccellente ‘leggibilità’ del disegno. In una di queste è proposto il lato del Convento visto da Sud, cioè da Fiesole e Firenze; nell’altra stampa, invece, viene raffiguata  una veduta da nord, cioè dalla strada “che va a Bologna” (da notare quest’ultima indicazione).

 

Si tratta di due documenti che vanno studiati nei minimi particolari e sui quali non possiamo pronunciarci definitivamente in questo momento, poiché, tante sono le indicazioni di carattere storico, architettonico, botanico e anche al riguardo dell’archeologia stessa del monastero.

Come prima cosa vorrei far notare due particolari ‘macroscopici’, e cioè, nelle stampe (1751) manca la torretta con l’orologio, in quanto ancora non era stata costruita e il campanile della chiesa è cuspidato, a forma di piramide, tutto diverso dall’attuale. Altro particolare:  verso la metà del Settecento il Convento era circondato da abeti, come è adesso.

Dagli abeti i Monaci estraevano (e lo fanno tutt’oggi) un particolare infuso  (la cui ricetta è segretissima) che si chiama “Gemma d’Abeto”; apprezzata e ricercata non solo in Italia. Tutti i nostri vecchi hanno  assaggiato, ai loro tempi, un “grondino” di questo prelibato nettare, che è anche medicamentoso, per le virtù naturali  della pianta dell’abeto. Certo, essendo una bibita alcoolica ad alta gradazione, andrebbe bevuta “cum grano salis”.

In uno di questi due documenti, che sono poi delle mappe particolareggiate, è visibile la cisterna, nella zona sud (che guarda Fiesole e Firenze), che fu costruita per opera dei Granduchi. Nella metà del Settecento, la strada principale aveva un percorso diverso, dall’attuale, essa passava più a valle, costeggiando la proprietà privata dei Monaci Servi di Maria, mai invadendo tale proprietà. Esistono tuttora resti di tale strada, a valle dell’attuale strada asfaltata.

E’ però fuori di ogni dubbio che anche questa strada usata dall’alto Medioevo in poi, transistasse in territorio che era di esclusiva proprietà dei Frati Serviti.   Abbiamo detto che la strada Alto-medievale per Bologna si inoltrava nel bosco, proprio nel punto dove adesso c’è il tabernacolo della Madonnina e raggiungeva, dopo alcuni chilometri, l’altro Convento, famosissimo, dell’ordine dei Benedettini che si chiamva “Buonsollazzo” (forse la parola deriva dal latino medievale ‘Bonun solacium’).L’altra strada (più interna) che portava al Convento, di proprietà anch’essa  conventuale, serviva ad uso privato dei monaci e dei pellegrini, più antica, seguiva il percorso dell’attuale stradina con le Stazioni della Via Crucis. Però – come abiamo detto – le  Stazioni con la Via Crucis (come documenta una delle mappe) erano poste nella strada ‘a valle’, segno evidente che la proprietà anche di quella strada apparteneva ai Monaci Servi di Maria.

I Monaci furono depredati, questo è vero, in ripetuti e quanto mai ingiusti espropri forzati, da parte del Governo Napoleonico e da Napoleone in particolare, ‘predatore’ delle nostre opere d’arte più belle, il quale aveva dichiarato, nella sua  infinita megalomania che il suo governo non aveva bisogno nè di preti nè di suore. Poi tutti abbiamo  visto la fine che ha fatto! Poi fu la volta dello Stato Italiano e dell’”eroe” Garibaldi, massone, capitano di ventura al servizio di più potenze, a fare il resto. Dobbiamo quindi far opera seria di discernimento fra “Risorgimento serio” e “Risorgimento giustizialista”.

Nella mappa manca (perché ancora non era stata costruita nell’anno 1751)  l’attuale bellissima terrazza-panoramica, dalla quale si gode un’ampia veduta del Mugello, dei monti della Futa, di Fiesole e Firenze, e molte, molte altre località, fino, nelle giornate chiarissime, a vedere il Corno alle Scale, l’Abetone, e perfino il Mare. Il cimitero, è ubicato nella posizione in cui lo vediamo oggi. A fianco del cocuzzolo del Senario (917 mslm), indicato con il numero 20 è  il monticello di Monteronzoli, su cui si ergeva, probabilmente una torre medievale (a guardia del castello). Questa apparteneva nel Medio Evo, come del resto il Castello, ad un Bivigliano, consorte degli Ubaldini, il quale era proprietario pure della fortificazione dove adesso è ubicata l’attuale Villa Pozzolini (Villa di Bivigliano).

Il Convento dei Servi fu ricostruito (in vari secoli e usando le pietre del distrutto castello) sulle ‘ceneri’  del castello medievale (poi castellare) verso la metà del XIII secolo, nel momento in cui sette nobili fiorentini, tutti di mobilissima ‘schiatta’, i quali schifati e amareggiati dalla società dell’odio (Guelfi e Ghibellini) e delle ricchezze in cui vivevano nella Firenze dei banchieri, decisero di cambiar vita, e data la loro nobiltà, ottennero con una certa facilità quel monte che era stato, in tempi più antichi, usato a scopo militare  (probabile fortezza) prima dagli Etruschi e poi dai Romani.

L’affresco di Pietro Annigoni nel coro della chiesa, raffigura “I Sette Nobili fiorentini che salgono verso i ruderi (castellare) del Monte Senario”, i quali (da questi ruderi)  vi costruirono la prima chiesetta dedicata alla Madonna; mentre scelsero le grotte più o meno naturali, ai piedi del  monte per abitarvi e dormirvi e soprattutto per fare penitenza ed invocare la Madonna, quale loro Regina.

Nell’altra stampa, che raffigura il Convento visto da Nord, cioè dalla strada che conduce a Bologna, oltre a quanto abiamo già detto riguardo alla torretta dell’orologio e al campanile,  possiamo notare altri dettagli interessanti. La strada era chiusa con un cancello, precisamente dove oggi c’è il tabernacolino della Madonna, e dove tutt’ora esistono due pilastri, di cui uno abbattuto. Proprio in coincidenza con questo cancello, una cinta muraria, chiudeva il Convento entro un territorio ben definito di proprietà dei Padri Serviti.

Accanto alla chiesetta, si stendeva a sinistra l’ala nord, con tante finestre, forse antiche celle dei frati. Dalla figura, possiamo ricavare anche che l’antico castello, di cui non sappiamo neppure il nome (forse Fiorenchino?), ma fortissimo, antichissimo e inespugnabile, doveva essere ‘chiuso a quadrilatero’ con con quattro torri agli angoli. L’antica scalinata, per salire con i cavalli, esiste ancora, ma non possiamo dire, con sicurezza se risalga al Medioevo, ma anche questa era di pertinenza esclusiva del Convento. Una delle porte (forse una volta l’ingresso principale del castello), si vede tuttora nella parte ovest cel castello  diventato poi Convento dei Servi di Maria.

Si tratta di due documenti che potrebbero benissimo fare da ‘apri-pista’ per un nascente museo conventuale dei Servi di Maria a Montesenario. Io, come cittadino, e, siccome siamo in regime di libertà e democrazia, mi permetterei di dire la mia per quanto riguarda quest’ultimo. Io vedrei bene il Museo del Convento, sfruttando la sala dove c’era il bar (Gemma) e le salette adiacenti dove adesso si trovano i ricordini. Il bar attuale potrebbe servire da Ingresso, da biglietteria e da book-shop al al nascente Museo. I ricordini potrebbero benissimo esser venduti, nell’ambiente del piazzale Est che guarda il Mugello, come era prima del restauro ultimo.

Si tratta solo di aprire lo ‘scrigno’, e credo, che nessun visitatore verrebbe a Montesenario senza prima aver visitato il Museo. Possiamo sperare?

Paolo Campidori
paolo.campidori@tin.it
www.paolocampidori.eu
www.culturamugellana.wordpress.com

 

 

Lascia un commento
stai rispondendo a