Oggi 6 dicembre ricorre il ventennale della morte di Antonino Caponnetto magistrato figura fondamentale del pool antimafia di Palermo, che guidò da novembre 1983 a marzo 1988.
Il pool da lui diretto fu un'inesorabile macchina investigativa e giudiziaria vi parteciparono anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a cui era legato da grande stima e amicizia e Caponnetto soffrì molto quando la mafia li uccisi entrambi pochi anni dopo.
La stessa mafia che nel 1983 aveva ucciso anche Rocco Chinnici e la sua scorta che di quel pool investigativo fu l'ideatore.
Quando fu ucciso Chinnici Antonino Caponnetto era sostituto procuratore generale presso la corte d'appello di Firenze e fece immediatamente domanda al Consiglio Superiore della Magistratura per sostituirlo nella carica di consigliere istruttore a Palermo, in quella Sicilia che era la sua terra d'origine (era nato infatti a Caltanissetta).
Il pool fu un'esperienza innovativa per l'Italia. Si dedicava esclusivamente e a tempo pieno ai processi di mafia, in modo da avere una visione complessiva e organica del fenomeno e una costante condivisione delle informazioni.
Questo gran lavoro portò, nel 1986, alla costituzione del primo maxi processo contro Cosa Nostra, la cui ordinanza del rinvio a giudizio constava di un milione di pagine di atti, tra cui le dichiarazioni di pentiti come Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno.
Il maxiprocesso si concluse con 19 ergastoli e un totale di 2665 anni di reclusione, condanne confermate poi dalla Cassazione.
Caponnetto in seguito tornò a Firenze.
DI lui abbiamo tutti nella mente l'immagine piangente durante i funerali di Paolo Borsellino quando ai microfoni della stampa che lo cercavano disse fra le lacrime che "tutto è finito", ma per fortuna non fu così.
Il suo impegno è andato avanti per anni, nonostante l'età e i problemi di salute.
Lo fece portando l'impegno antimafia nelle scuole parlando con i ragazzi e occupandosi di politica e risultando il candidato più votato alle amministrative di Palermo. E ancora le interviste, i convegni, la creazione di una fondazione intitolata a Sandro Pertini, l'organizzazione del primo vertice sulla legalità e la giustizia sociale a Firenze, la collaborazione con l’associazione Libera. E poi quell'ultima volta in pubblico, al presidio davanti alla sede Rai di Firenze per rivendicare il pluralismo dell’informazione.