Mercoledì 9 maggio 2012, si inaugura nell’ex Caserma dei Carabinieri di Signa una mostra personale del pittore fiorentino Giampaolo Beltrame. “Maggio 1983 – Maggio 2012”: questo è l’intervallo di tempo che separa l’ultima mostra, presentata alla Galleria “La Medicea” di Borgo S.Lorenzo, da quella che si inaugura adesso a Signa. Beltrame ci ripropone una serie di lavori, dipinti tra il 1970 e il 1989, rappresentanti soggetti e sensazioni degli anni Settanta.
Sono composizioni di figure in cui sono eliminati lo spazio e il tempo che suggeriscono visioni e stati d’animo sotto forma di evanescenze come se fossero sogni o flash-back di ricordi e avvenimenti, ormai lontani nel tempo, ma pur sempre attuali al giorno d’oggi.
Come sopra scritto Giampaolo Beltrame, stimato ed ancora ricordato Docente al Liceo “Giotto Ulivi” di Borgo San Lorenzo, fu protagonista di due grandi mostre alla Galleria d’Arte “La Medica”, prima (1973) a San Piero a Sieve e successivamente (1975 e 1983) a Borgo San Lorenzo, quando la galleria d’arte si trasferì nel capoluogo mugellano. Per questa sua mostra a Signa ecco la bellissima e significativa recensione di presentazione della figlia Elisa: “- Ci sono momenti, nella storia individuale di tutti noi, che sconvolgono un già precario equilibrio interno, che scuotono come piccoli e grandi terremoti gli spazi interiori dove abitano le emozioni.
Galleria fotografica
La storia di noi tutti, piccoli individui, è inscritta nella circonferenza della storia universale, quella che accompagna l'uomo dalla sua comparsa sulla terra fino al presente in cui viviamo. Consapevoli o no, viviamo una pagina, un frammento di essa; ciò che non siamo in grado di sapere è quanto sarà lunga la “nostra” pagina, la sua lunghezza sarà determinata dalla concentrazione e dall'eccezionalità degli eventi di cui ci troviamo ad essere testimoni.
Giampaolo Beltrame ha ventisette anni quando, abitando il suo tempo, si trova spettatore di avvenimenti che si sono affacciati alla fine del cosiddetto “secolo breve”, avvenimenti che hanno visto il “vento dei cambiamenti” soffiare nell'ambito politico, sociale e culturale segnando un confine, insolitamente incisivo nella sua immediatezza, tra il “vecchio” e il “nuovo”, tra ciò che era e ciò che doveva cambiare.
Beltrame si trova a vivere i suoi ventisette anni nel 1970; non da molto il vento dei cambiamenti aveva iniziato a soffiare e, proprio in quel periodo, la sua sensibilità artistica spingeva, come una forza interiore per diventare espressione artistica. Sentiva che prima o poi quella forza sarebbe esplosa e si augurava che ciò accadesse quanto prima per poter esprimere finalmente se stesso.
Il bello dell'Arte consiste nel fatto di non dover ricorrere ad un linguaggio puramente intellegibile, comprensibile solo con l'ausilio dell'intelletto, la sua meravigliosa bellezza trova il suo senso nella forza prorompente e sottile che riesce a toccare le corde emotive, quelle che mettono in movimento l'anima, le sole in grado di creare un groviglio dove si percepisce l'essenza sconfinata della partecipazione e della comprensione della realtà, rappresentata e vista attraverso gli occhi di qualcuno che non siamo noi.
Beltrame, non ancora trentenne, cercava di tradurre su una tela bianca ciò che sentiva, vedeva e respirava. In quel periodo, di “cose”, ne stavano succedendo. C'era la prima guerra del Golfo, la guerra nel Biafra e un conflitto che stava durando da quasi un decennio, la guerra nel Vietnam. Nella realtà del tempo in cui Beltrame era un non ancora trentenne alla ricerca del suo linguaggio, sentiva che questi conflitti, seppur geograficamente “lontani”, trasportati dal vento impregnavano l'aria della realtà di tutti.
Nessuno era indifferente, la partecipazione e l'interesse della collettività si stringevano intorno ad eventi così drammatici seppur lontani. Le problematiche e le ingiustizie che avevano generato tali conflitti sollecitavano l'opinione pubblica ad agire e, il minimo che poteva fare era sensibilizzare e risvegliare le poche coscienze ancora pigre e addormentate. Sì, perché la società era qualcosa che interessava tutti, quelli che non ne erano coscienti dovevano riappropriarsi di questa consapevolezza, la politica veniva percepita con la P maiuscola, come un impegno che coinvolgeva l'intera popolazione.
La consapevolezza e i continui confronti producevano coscienza ed autocoscienza. In quegli anni in cui Beltrame era alla ricerca della sua vena artistica, i “Figli dei fiori” coloravano il modo con ideali di amore e pace, di armonia e natura, ballando sulle note di un genere musicale che stava emergendo dietro le sembianze di “quattro scarafaggi”, con l'idea che la condivisione rappresentasse un nuovo approccio alla vita.
È stato un peccato vedere che molti di loro si perdevano nei fumi nascosti dietro le “porte della percezione”; poi c'era la droga, non solo quella che apriva quelle porte ma anche la Droga killer. Il mondo si ribellava ma veniva schiacciato, si rialzava e avanzava ma tanti individui venivano sopraffatti da forze invisibili. Ma Beltrame vedeva che, per quanto tali avvenimenti potessero sconvolgere con le loro ventate, la vita andava avanti, l'umanità imparava a convivere con nuove situazioni ma le gioie, le passioni e l'amore per la vita continuavano a camminare sullo stesso sentiero. Beltrame l'ha trovata la sua strada per esprimere il mondo come lo vedeva, ci ha raccontato il suo personale “film emotivo” attraverso figure, allegorie, la sua immaginazione prendeva forma dai racconti delle realtà vicine ma lontane.
Ciò che ha impresso su quelle tele bianche sono tante figure, tante allegorie evanescenti che si sovrappongono. Sembrano pesanti ma anche leggere; la loro pesantezza la si può avvertire se si guarda l'insieme inscritto dentro quello spazio, la leggerezza la si percepisce dal senso di trasparenza. Sì, perché quelle figure sembrano trasparenti, altrimenti come faremmo a vedere con precisione anatomica, fisica ed espressiva più figure su uno stesso piano?
Ma la leggerezza trasparente è molto lontana dall'assomigliare alla frivolezza, anzi! Le tante espressioni delle tante figure raccontano tutto, raccontano rabbia, disperazione e paura, smarrimento, gioia e consapevolezza, speranza e disincanto. No, non sembrano leggere in quanto frivole, hanno quella leggiadria che quando tocca frizza, dà fastidio, reca quel tipo di dolore che fa male ma non troppo, però si sente fino a diventare quasi insostenibile, come “l'insostenibile leggerezza dell'essere”.
Beltrame sfoga il suo desiderio di esprimere se stesso, lasciando un'impronta tutta personale, un'impronta importante perché il suo film può, sì sconvolgere o angosciare, può commuovere ed emozionare, quel che è certo che non lascia indifferente, quelle corde le tocca senza bisogno di parole. Questa sua modalità tutta eccezionale di raccontare è iniziata nel 1970 quando Beltrame non aveva ancora trent'anni. Nel 1989 ha chiuso questa parentesi perché il mondo era diverso, lui lo percepiva diversamente. Di parentesi ne ha aperte altre, la sua personale espressione continua con nuovi numeri.
Elisa, settembre 2011-“.
Foto 1 (in alto): La locandina della mostra del Prof. Giampaolo Beltrame e Signa (un particolare, clicca per ingrandire e vedere tutta la locandina)
Foto 2 (qui sopra): Il giovane Prof. Giampaolo Beltrame alla “Medicea” (maggio 1973) con vicino Virgilio Fabbri corrispondente de “La Nazione” da San Piero a Sieve e l’On. Piero Bargellini sindaco di Firenze.