
Vino dealcolato. Un tema discusso e molto sentito che sarà protagonista anche di Vinitaly che non a caso, dedica al settore in crescita ben due convegni e uno spazio apposito.
Una novità assoluta per le produzioni italiane dato che solo a fine dicembre 2024 è arrivato il via libera dal Ministero a produrlo anche dentro i nostri confini, ma di dealcolati in Italia già ne esistono alcuni interessanti grazie all’intuito di alcuni imprenditori visionari che sono andati a far svolgere il procedimento all’estero.
Tanto si è detto e molto a sproposito sul tema.
Un argomento che inevitabilmente divide e che schiera contrapposte le due fazioni dei favorevoli e dei contrari.
Nostro dovere è cercare di fare un po' di chiarezza.
Favorevole fin dalla prima ora si è dimostrata l’Unione Italiana Vini (Uiv). II Corriere Vinicolo di febbraio a tal proposito ha interrogato sul tema il presidente Lamberto Frescobaldi che afferma che trattasi di “una nuova opportunità in un segmento in crescita, che bisogna guardare con occhio laico ai nuovi trend di consumi”.
Un’affermazione precisa che dovrebbe mettere una pietra tombale sui mal di pancia e le sterili polemiche di certi produttori che si sentono violentati.
Il mondo del vino, che per anni ha goduto di un miracolo post metanolo, una bella epoque sicuramente sovradimensionata e che invece ultimamente è in sofferenza si sente attaccato nel proprio fortino dal nuovo che avanza.
Sarà una bolla di sapone o il futuro del vino?
Difficile prevederlo ma di concreto c’è che dopo il via libera alla produzione anche in Italia molti si stanno attrezzando per accogliere la novità a cui guardano con curiosità e anche la principale fiera del settore italiana apre al segmento seguendo la scia, sia pure con qualche anno di ritardo del Prowine e di altre fiere internazionali dove di dealcolati e low alcol da anni si ampio spazio in fiera senza preconcetti di sorta.
L’unica certezza al momento che abbiamo è che su questo prodotto tanto discusso la disinformazione e lo scetticismo regnano ancora sovrani.
Disinformazione spesso diffusa non a caso, per salvaguardare posizioni acquisite che fanno riferimento, lo ripetiamo, a numeri di una bolla positiva che era solo un grande bluff, soprattutto perché al di là dei grandi numeri raccontanti a beneficio degli importatori esteri pre dazi da quei produttori che pur avendo le cantine piene di bottiglie invendute lo vedono come il satana che minaccia il loro prodotto.
Niente di più falso.
Dietro queste affermazioni c’è pressapochismo e scarsa conoscenza di un prodotto che è di fatto una novità e la presupponenza boriosa di non interrogarsi mai se il valore che diamo a certi vini sia reale.
Tacciare con i peggiori epiteti le novità senza neanche volerla conoscere è decisamente provinciale, lontana dal tempo e dalla storia.
Sarebbe come dire torniamo a viaggiare e spostarsi coi cavalli eliminiamo le automobili che inquinano, oppure cacciamo dal mercato il decaffeinato e il deteinato che sono surroghe che non piacciono ai produttori di caffè e di te.
Oggi non solo le associazioni di viticoltori guardano alla novità ma anche importanti singoli produttori considerati fino a poco fa contrari come Angelo Gaja si sono ricreduti tant'è che quest'ultimo, in un suo recente intervento pubblico, avvenuto (e non a caso) nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Accademia del vino di Alba si è espresso a favore del vino dealcolato sorprendendo anche alcuni colleghi.
"Ero contrario, ma è stato un errore", ha detto. Gaja sottolineando che il vino, anche se dealcolato, ha ancora origine nella vigna.
Pur riconoscendo l'importanza dell'alcool nella struttura e nel sapore, vede l'evoluzione come necessaria e varietà aromatiche ben adatte al processo.
Se ne facciano una ragione quelli, sempre meno per fortuna, che affermano che è un offesa a una storia millenaria, anche perché la novità niente toglie a quella storia, a quella tradizione di cultura anche millenaria perché anche in questo caso, come sottolinea Gaja, chi lo produce non è un piccolo alchimista che opera in qualche fabbrica degli orrori, ma un produttore di vino che in più si prende il rischio d’impresa di aggiungere un ulteriore processo per estrarre un prodotto senza alcol.
Non un usurpatore dei viticoltori storici, quindi, non uno stregone estraneo al mondo del vino che ignora quella cultura, quella storia e quella tradizione che alcuni ritengono minata
Che la tendenza mondiale di consumo di bevande sia salutistica e che il 30% del mondo sia astemio è una realtà di cui dobbiamo prendere coscienza.
Come realtà è la crescita a doppio zero del mercato del dealcolato che conquista soprattutto i più giovani lontanissimi dal racconto un po’ barocco che del vino si fa da troppo tempo.
Salva quindi la cultura e la tradizione ben rappresentata da illuminati produttori sia esteri che italiani che si sono parzialmente o totalmente convertiti a niente valgono neanche le opposizioni al salutismo di chi vuole affermare che il vino fa bene perché contiene sostanze cardioprotettrici.
E' azzardato davvero e anche pericoloso per l'opinione pubblica affermare che un prodotto a base di alcol possa fare bene alla salute e il problema della definizione di “consumo moderato” o “consumo consapevole” che di fatto non vuol dire niente è solo un political correct nonsense…
I danni dall’uso di alcol incidono infatti e non poco sui bilanci della sanità, del sociale e della società stessa.
Estremamente difficile poi tale affermazione anche al cospetto delle centinaia di vittime delle strade e delle associazioni che li rappresentano.
Parlare di prodotto a base di alcol come prodotto benefico è folle anche perché, è bene sottolinearlo dato che recentemente molto si è parlato del tema anche per l’irrigidimento delle misure sul codice della strada, chi guida professionalmente, non a caso, ha tolleranza alcol zero.
Se ne facciano una ragione i sempre per fortuna meno nemici del dealcolato e comprendano che le loro posizioni sono nemiche del vino stesso e di tutti i valori che vogliono difendere.